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DAGOREPORT – SE C’È UNO SPIATO, C’È ANCHE UNO SPIONE: IL GOVERNO MELONI SMENTISCE DI AVER MESSO…
1. LA MODERNITÀ DI ALLEGRI ANNULLA TUTTE LE DIFFERENZE
Mario Sconcerti per il “Corriere della Sera”
È stata una grande partita della Juve, da perfetta squadra moderna, senso tattico e sapienza nel dosare le energie del pressing. Un risultato perfino meno corretto dell’andamento del gioco. Buffon ha fatto una sola vera parata, la Juve qualcosa ha buttato via. Questo è il punto reale: la Juve ha attaccato con facilità la porta di Casillas, il Real ha girato intorno a quella di Buffon. Non vuol dire che sappiamo già il nome di chi passerà il turno, ma solo che la corsa è aperta.
La Juve non è lì per caso. Dobbiamo dimenticare il complesso d’inferiorità nei confronti delle grandi squadre straniere. Ce ne sono di più forti, ma dentro partite giocabili. Pensare diversamente è un effetto del calcio televisivo, cioè vedere gli altri sempre più forti perché ce li raccontano così. C’è uno snobismo al contrario, il nostro calcio è un compagno quotidiano, nessuno ha grande stima dell’amico di condominio.
Gli altri sono la forza aliena, è sempre moltiplicata dal mistero e dalla propaganda. Il Real ha intatte le sue possibilità di andare in finale, ma non è una squadra superiore alla Juve. Ha individualità formidabili che devono essere innescate. Ronaldo ha segnato un gol quasi senza accorgersene, non ha avuto un’altra palla.
Bale non è entrato in gioco. Il Real non ha linee intermedie, deve supportare l’attacco con i difensori e alla fine paga se davanti ha una squadra rapida e fertile come la Juve. Non c’è mai stato un segno di differenza. Anche quando doveva segnare, il Real ha fatto fatica a essere pericoloso. Non ci sono stati sintomi di inevitabilità. È che è molto più facile aver fiducia negli altri, vederli belli anche quando a Madrid non li vedono.
La Juve italiana di Allegri, velocità e pressing, gioco di prima finché resiste, è un’anomalia europea. Ma prende in contropiede non solo il gioco, anche un’ ideologia. Servono gli spazi per il calcio e il Real ne crea pochi, la Juve di più. Potrà forse avere a Madrid le prodezze di qualcuno e sarà un’altra storia. Ma la Juve ha vinto ieri giocando a calcio, coprendo il campo, diventando spesso pericolosa ed evitando agli altri di esserlo. Questa è modernità. La nostra ennesima dimostrazione di saper cucire il tempo nonostante tutto.
2. LO SPIRITO DA GRANDE SQUADRA
Gianni Mura per “la Repubblica”
Diventa una realtà, e che realtà, la Juve dei sogni. Si materializza da subito, e per il Real è un incubo. Allegri era sicuro che non sarebbe finita 0-0. Evidentemente ha imparato in fretta a conoscere la squadra, perché è vero che molti sospettavano l’impresa, ma è anche vero che l’ultima uscita della Juve in Champions non autorizzava eccessivi ottimismi.
Certo, l’orgoglio, la possibilità di andare a Berlino, il prestigio, tutte belle cose, ma poi è il campo che decide. E in campo si è vista una grande Juve. Aggressiva e concentrata sin dai primi minuti, quando perfino l’esordiente in Europa dal 1’ Sturaro, alla faccia dell’emozione, ha obbligato Casillas alla parata.
Questa, da parte di Allegri, è stata una mossa a sorpresa. Ha lanciato in una partita decisiva un ragazzo con pochissimi minuti d’esperienza in campo europeo, uno che solo due anni fa giocava in B. Sturaro ha risposto, come tutti, del resto. Il primo è stato Morata, classico gol da ex dopo che Casillas aveva respinto corto un tiro di Tevez, liberato da un eccellente Marchisio. Il Real, forse stupito, non solo dall’aggressività ma anche dalla lucidità della Juve, faticava a ritrovarsi. Cercava il gioco largo, con un apporto veramente minimo da parte di Bale, mentre la Juve cercava e trovava la profondità, con manovre essenziali.
Una vera palla al piede per il Real: Sergio Ramos, impiegato a centrocampo. Quasi tutto quello che poteva sbagliare l’ha sbagliato. Tardivo, poi, l’ingresso di Hernandez, che con la sua velocità sul breve ha fatto correre qualche brivido, ma non dei più grossi, a Buffon. Aggiungiamo, alla lucentezza dell’impresa juventina un arbitraggio non certo casalingo. Più che all’inglese Atkinson ha arbitrato alla carlona, risparmiando almeno due cartellini gialli al Real. Uno, in particolare, a Carvajal che ha steso Tevez. Rigore, che c’era, ma nessun cartellino. Curioso.
Dopo il pari di Ronaldo la Juve ha avuto un calo psicologico, sottolineato dalla traversa piena centrata da James Rodriguez. All’intervallo torna la voglia di imporre il gioco. E la partita diventa aspra, piena di scontri. Chiellini dà alla causa il suo contributo sanguigno, ma, fino al termine, la Juve va molto più vicina al 3-1 che non il Real al 2-2. E adesso cosa può succedere?
Di tutto, al Bernabeu non sarà una passeggiata, ma a questo punto la Juve ci ha preso gusto e, se gioca con lo stesso spirito guerriero, Berlino non è un’utopia. Tevez, che non tira benissimo il rigore ma lo mette dentro, ha segnato più gol in Champions in questa stagione (7) che in tutte le partecipazioni precedenti. E qualcosa vorrà pur dire.
3. DIMOSTRAZIONE DI FORZA E DI PERSONALITÀ
Gigi Garanzini per “la Stampa”
La pratica è apertissima, Non sarà facile per la Juve difendere questo 2-1 al Bernabeu, ma nemmeno per il Real battere una squadra che ha dimostrato di poter stare a pieno titolo tra le prime quattro d’Europa. Ed è questa la vera notizia che arriva dalla grande serata torinese. Di fronte ai campioni d’Europa in carica la Juve non solo se l’è giocata alla pari, ma ha meritato una vittoria che è frutto sia della sua organizzazione di gioco, di una personalità – a questo punto – di vera dimensione europea, e in più della capacità di mettere a nudo i limiti di avversari più titolati ma anche, nella circostanza, più fragili.
Per quasi mezzora la Juve ha davvero sognato in grande. E con un pizzico di convinzione e di freddezza in più avrebbe potuto non dico chiudere la pratica, perché con un ritorno al Bernabeu c’è poco da chiudere, ma arrivare a quel doppio vantaggio che avrebbe ben diversamente orientato la sfida.
Ma prima Vidal non ha sfruttato a dovere un regalo di Casillas, e non era nemmeno passato un minuto, poi un quarto d’ora dopo il tap-in vincente di Morata a sbagliare è stato Lichtsteiner che, solissimo in area madridista, ha preteso di imitare Florenzi senza averne il piede.
Peccato, perché quello era un Real da affondare, lento, prevedibile e soprattutto vulnerabile ad ogni accenno di ripartenza bianconera. Che nasceva da Sturaro più che da Marchisio, dal gran lavoro di Tevez tra le linee, ma soprattutto da un disastroso Sergio Ramos del tutto a disagio nel ruolo di centrocampista al punto da risultare il miglior fornitore di contrattacchi juventini e di gran lunga il peggiore in campo.
Qual è stato il problema? Il solito che ti pongono le squadre di categoria superiore: o le metti davvero al tappeto, o prima o poi il cazzotto ti arriva. Un fraseggio fitto sulla destra, un delizioso lob a seguire di James e il comodo tocco di Ronaldo che, come noto, vale doppio.
Dopodiché la partita la Juve l’ha vinta perché ha avuto la forza di ripartire nella ripresa come niente di negativo fosse accaduto. Avendo messo a fuoco nell’intervallo che gli spazi in cui infilarsi c’erano, eccome, e la difesa madridista non era così rapida a tapparli. Il resto, dopo il rigore di Tevez, lo ha fatto Allegri a mezzora dalla fine, cambiando modulo e rafforzando la contraerea con i centimetri di Barzagli. Arrivando con Llorente nel finale a un centimetro dal trionfo.
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