JUVE VIOLA-TA, ROMA IN FUGA VERSO LO SCUDETTO - BASTANO POCHI MINUTI PER VEDERE PEPITO ROSSI SPACCARE LA DIFESA DELLA NAZIONALE E PENSIONARE BUFFON

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DAGOREPORT

Alla fine, lo stadio Franchi sembra l'Atzeca del 1970. Il regno di tutte le Italia-Germania 4-3 del dio pallone. Il luogo delle rimonte impossibili, del delirio popolare, dell'estasi tifosa. Dei sogni che si avverano o degli incubi in base all'inclinazione della fede, dell'astio pregresso e della voglia di rivincita.

A Firenze, dove la Juve è detestata anche e soprattutto per vie di antiche sommosse popolari nel nome di Roberto Baggio, il digiuno sportivo della viola che con i rivali durava da più di cinquemila giorni si trasforma in banchetto.

Bastano venti minuti, quelli finali, per vedere Pepito Rossi spaccare la gara, la difesa della nazionale perdere la faccia e osservare la squadra che avrebbe dovuto vincere il torneo in scioltezza, legata a doppio filo ai nervi del momento, alle rigidità caratteriali del proprio allenatore e a un'improvvisa sensazione di vulnerabilità che a Madrid, in Champions, potrebbe rivelarsi fatale.

La Juve domina nel primo tempo, sfiora con Marchisio il 3-0 nel secondo e poi crolla sotto il peso di un rigore dubbio, sulle folate dell'ex Villareal Giuseppe Rossi (tre gol), sugli inserimenti di Joaquin e sulla corsa di Cuadrado, un giocatore al quale in certe giornate prendere le misure è impossibile. Quattro a due, Juve piegata senza ragioni apparenti e primi processi.

Conte parla di dieci minuti di black-out, Barzagli di incredulità. Buffon, il portiere titolare preferito dal democratico Prandelli che in vista del mondiale sceglie di andare a vedere Livorno-Sampdoria, sembra in pieno declino. Montella invece sorride e sorridono ancor di più i suoi ex datori di lavoro. La sconfitta della Juve e del Napoli contro la truppa Garcia offrono infatti alla Roma l'occasione della prima fuga stagionale e dopo otto giornate, cinque punti di vantaggio sembrano già tantissimi.

Con un calcio trapattoniano, un'organizzazione invidiabile, qualche acquisto molto motivato e altrettanto indovinato (De Santis, Benatia, Strootman), la Roma si sbarazza dei ghirigori di Benitez e con due gol di Pjanic vince tutto sommato meritatamente. È vero, il Napoli ha sullo zero a zero due chance enormi di portarsi avanti, ma le spreca. E nel complesso, non osa di più né gioca meglio. Colpa di qualche scelta opinabile del tecnico spagnolo (Higuain in panchina, Dela furioso) e dei meriti difensivi della Roma, una squadra che ha subito un gol in 720 minuti e corre verso i propri record in un ambiente che nonostante un paio di stop non lunghissimi ma pesanti (Totti e Gervinho) ai reduci e ai cultori della memoria ricorda lo scudetto del 1983.

Anche quella volta come quest'anno, per quel che conta, l'ultima partita esterna della stagione era Genoa-Roma. Mentre a Roma godono, dietro si fa il vuoto. Roma a 24, Juve e Napoli a 19 e (udite, udite), Verona quarto a 16 dopo la bella affermazione in rimonta sul Parma di un brillante Cassano per 3-2. L'Inter in dieci dal quarto minuto per l'espulsione di Handanovic e recuperata a Torino sul 3-3 da Bellomo in una serata bellissima e romanzesca è a 9 punti. Come la celebrata Fiorentina.

La Lazio sconfitta a Bergamo per 2-1 nel finale e il Milan in piena convalescenza corroborato dal brodino interno con l'Udinese (1-0, decide un bel gol della favola Valter Birsa) stanziano facendo più tenerezza che paura a quota 11. Il campionato è spaccato e già con questi numeri, per perdere la qualificazione in Europa League (regolarmente mancata nel recente biennio) alla Roma servirebbe un saggio di masochismo.

A Trigoria, come è ovvio, puntano molto oltre e non solo perché possono preparare una sola gara a settimana. Chi l'avrebbe mai detto a fine agosto? Nessuno. Da oggi rincorrono con affanno le altre pretendenti alla gloria e l'unica possibile nemica, la stessa di sempre, è l'eccessiva euforia. Il prossimo doppio confronto con il disperato Chievo sconfitto dal Genoa di Gasperini e dalla doppietta di Gilardino per 2-1 e con l'Udinese è facile solo sulla carta.

Se Garcia dovesse vincere entrambe le gare girerebbe a quota 30 (mai successo dopo dieci partite) e allora, ogni discorso, dovrebbe essere riscritto. Parola definitiva e stazione finale per Rolando Maran. Lo voleva il Napoli, invece l'artefice dell'ottavo posto della scorsa stagione, saluta in anticipoil Catania, esonerato dopo la sconfitta di Cagliari dal presidente Pulvirenti.

Il 2-1 firmato da Ibarbo e Pinilla, quinto stop in 8 appuntamenti, fa respirare i sardi ora a 10 e inguaia i siciliani raggiunti dal Sassuolo alla prima vittoria di sempre in serie A. 2-1 al Bologna di Pioli, ora ultimo in solitudine ma (pare) saldo sulla panchina. Se è in bilico anche Sannino del Chievo, Delio Rossi salva la cotenna in quel di Livorno, vincendo oltre i titoli di coda per 2-1.

 

POGBAPEPITO ROSSIPogba CAM resize PEPITO ROSSITEVEZ