DAGOREPORT - BLACKSTONE, KKR, BLACKROCK E ALTRI FONDI D’INVESTIMENTO TEMONO CHE IL SECONDO MANDATO…
Matteo Pinci per repubblica.it - Estratti
Ci sono divorzi che durano più dei matrimoni. Come quello tra la Juventus e Ronaldo. Dopo la separazione del 2021, alla fine di tre anni probabilmente al di sotto delle reciproche aspettative, lo scambio di carte bollate non è ancora concluso.
La società bianconera ha deciso di impugnare alla Corte d’appello di Torino il lodo arbitrale che lo scorso 17 aprile le aveva imposto di corrispondere a CR7 9.774.166,66 euro: erano gli effetti della lite sulla famosa “carta Ronaldo”, il documento che per mesi è stato al centro dell’inchiesta sui bilanci della Juventus.
Una serie di scambi di email con il rappresentante del giocatore per la restituzione di oltre 19 milioni a cui Ronaldo aveva formalmente rinunciato nella cosiddetta “Manovra stipendi”. Soldi che, per lungo tempo, lui non aveva richiesto. Poi, su impulso dei legali Shehata e Pino la vicenda era stata affidata a un arbitrato.
Per gli arbitri Cristiano aveva “sottoscritto l’accordo di riduzione senza avere ottenuto le dichiarazioni destinate a ripristinare le sue spettanze”, insomma, non aveva firmato una carta che confermasse che quei soldi gli sarebbero stati ridati. Ma la Juventus aveva comunque una “responsabilità precontrattuale” nei confronti del fuoriclasse portoghese per il danno subito dal giocatore. Il risultato? La divisione salomonica della cifra. Ci rimettiamo tutti, ma solo un po’.
La Juventus ha già versato a Ronaldo — che certo non ne ha bisogno nel suo luccicante esilio saudita — quei 10 milioni scarsi. Ma a distanza di poco più di un mese dalla decisione (aveva 90 giorni di tempo) ha deciso di non lasciar correre. Forte, ne sono convinti i legali, di avere motivi per ottenere la restituzione della somma.
Secondo la difesa del club bianconero “gli arbitri hanno rilevato che la ‘carta Ronaldo’ non abbia alcun effetto vincolante; hanno rigettato le sue domande di nullità dell’accordo di riduzione dei compensi e di adempimento dell’accordo di integrazione; hanno altresì rigettato la domanda di annullamento dell’accordo di riduzione dei compensi, rilevando l’assenza di dolo in capo alla società”. Insomma, per i legali del club potrebbe verificarsi, sembra di capire, la circostanza della nullità per contraddittorietà tra motivazione e dispositivo
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