RIUSCIRÀ SALVINI A RITROVARE LA FORTUNA POLITICA MISTERIOSAMENTE SCOMPARSA? PER NON PERDERE LA…
Giulia Zonca per "la Stampa"
L' Ajax che ha battuto la Juventus è sovversivo, ribelle e destinato a fare la storia della Champions persino oltre i risultati che riuscirà a ottenere.
Le semifinali sono già un record: nessuna squadra prima è riuscita ad arrivare a un passo dalla finale partendo da tre turni di qualificazione. La campagna europea è iniziata il 25 luglio, nei giorni in cui Ronaldo diventava bianconero, la truppa destinata a incantare gli amanti del calcio si preparava a giocare contro lo Sturm Graz. Poi lo Standard Liegi e la Dynamo Kiev, tutto prima dei gironi.
Sono la falla nel sistema, l' anomalia che inceppa il meccanismo. Se non diventano campioni dovranno comunque ripassare dalle eliminatorie perché l' ultima riforma della Champions assegna quattro posti fissi a Inghilterra, Spagna, Italia e Germania.
Gli altri sono confinati alla corsa a ostacoli.
Il futuro va verso una competizione ancora più elitaria, solo che la squadra capace di stravolgere l' ordine della Coppa ora pone qualche problema di logica. La Champions che deve vivere di grandi sfide e vorrebbe riformarsi addirittura con un format più o meno fisso che assegni caselle via retrocessioni e promozioni, ora deve vedersela con la generazione De Ligt. Magari non proprio con lui o con de Jong che la prossima stagione staranno già altrove, ma con quelli che li sostituiranno. E arriveranno di sicuro.
La cartolina "Bella ciao"
L' Ajax ha vinto contro il pronostico, contro il ranking, ha cacciato fuori il Bayern, demolito il Real Madrid al Bernabeu e tramortito la Juve allo Stadium. Nonostante l' exploit dovrebbe continuare a inchinarsi al ranking Uefa e ripartire senza certezze. Può solo vincere il torneo per avere un ingresso diretto e se ce la fa forse farà abbastanza rumore da sollevare qualche dubbio sul disegno tracciato per il 2024.Gli outsider di tutte le nazioni, ogni club di un campionato considerato leggero, dovrà sgomitare e faticare per avere un accesso.
L' Ajax non ha avuto paura di lottare per resistere, di giocare più degli altri, di trovarsi davanti a scontri diretti in piena estate. Ha tirato dritto e più si è alzata la posta più si è divertito. Irriverente, senza dare retta alle classifiche e ai paragoni. Tanto abituato a viaggiare fuori dai binari da postare un tweet un po' scivoloso con la cartolina da Torino: «Bella ciao». Ormai l' inno partigiano è una canzone da curva e loro hanno il diritto di sentirsi rivoluzionari, ma forse era meglio non scomodare la storia altrui. Piccola svista in un cammino perfetto. Il budget più ridotto, l' età media più bassa, il vivaio più brillante e la totale assenza di paura.
Non si sono lasciati distrarre dalla stazza degli avversari e nemmeno dal mercato che a sentire i club grandi e grossi, tanto sicuri di meritare vie preferenziali, è sempre fonte di ogni agitazione.
Scacco ai re
L' Europa si era quasi abituata all' idea del circolo chiuso, non troppo equo ma comprensibile, socialmente accettabile perché tanto è inutile fare i romantici quando i tifosi più numerosi sono quelli delle grande squadre, ogni stella sta lì, dentro le società che fanno girare i milioni e lievitare diritti e sponsor. Tutto tornava. Fino al 16 aprile, giorno in cui l' Ajax diventa il centro dell' attenzione e batte la Juve di Ronaldo, la squadra di Andrea Agnelli, presidente dell' Eca e quindi voce dei grandi club travolti da uno considerato piccolo.
Hanno superato un altro turno e mandato in tilt il teorema. Con l' irruenza che può permettersi solo chi non deve rendere conto. Chi ha deciso di non guardarsi indietro e nutrirsi di futuro.
AJAX
Emanuela Audisio per “la Repubblica”
Ghigliottina come Robespierre, corre più di Bolt, pensa (in libertà) come Spinoza. L' Ajax che avanza in Europa e decapita teste coronate, blocca il Bayern, elimina Real e Ronaldo Mister Champions, è una lama tagliente anche per la Juventus. Ritmo, personalità, qualità di corsa. Nessuna sottomissione culturale: il gol subìto non è una lettera scarlatta da cucirsi addosso, ma solo un' onda sbagliata. Così come il peccato (meno talento ed esperienza) non è mortale e nemmeno da penitenza.
Se Ronaldo fa il gol 126 in 162 gare di Champions con il record di 25 reti in 22 presenze nei quarti, nessuno nell' Ajax mette il broncio o s' inchioda alla croce. Questione di feeling, ma anche di scarsa negoziazione alla ritirata. Se il motto della casa è Poot vooruit, «piede in avanti» ci sarà un motivo. Ragazzi, irruenti, puledri selvaggi: De Ligt 19 anni, più giovane marcatore olandese del torneo a eliminazione diretta, De Jong e van de Beek 21, Neres 22, Onana, il portiere 23. Tutto vero, lì al futuro non gli dice: siedi e aspetta il tuo turno, ma vai e realizzati.
Anche van Gogh venne spedito in campagna, e lui a Nuenen si mise a dipingere non il bello, ma il vero: contadini che mangiavano patate. Ma la gioventù non spiega il sangue freddo, la lunga tenuta atletica e mentale ( l' Ajax ha iniziato la Champions dai preliminari di luglio), la maturità agonistica, quell' assenza di paura e di fantasmi che di solito spaventa i bambini. L' Ajax è baby, nessuno ha la sua precocità, 25.1 l' età media, ma ha la sicurezza dei grandi.
Non si spolmona per il gusto di correre, lo fa con freddezza, senza pazzia, tiene in mano il rasoio da maestro, non da apprendista.
È questo che colpisce: la sua lucidità collettiva. Esiste nel paese una propensione alla velocità, allo scatto breve, una cultura della reattività. Come spiega Jacco Verhaeren, ex ct del nuoto: «Curiamo la qualità, non la quantità.
Non cerchiamo a tutti i costi di raddrizzare l' atleta, anche un difetto può aiutare a completare il disegno, lavoriamo per stabilizzare il controllo dei muscoli, monitoriamo le variabili dello stress, per capire se è troppo o poco». E infatti l' Olanda in tutti gli sport è terra da sprinter: da Inge de Bruijn, 4 ori olimpici nel nuoto (stile libero e farfalla), a Ranomi Kromowidjojo, 3 ori olimpici, anche lei un razzo in acqua, al pattinaggio di velocità su ghiaccio dove gli arancioni sono leader e Sven Kramer un accumulatore seriale di titoli. Il guizzo, il ritmo, quel movimento a luogo, è nel dna non solo calcistico. Tanto che Peter Post alle «Sei Giorni», fece impazzire tutti, vincendone ben 65, per poi inventare alla Rinus Michels «il ciclismo totale» dove la squadra non era piramidale, ma in gara si aiutava il compagno più in forma (non quello con lo stipendio più ricco).
Non è il vasto serbatoio e l' ampia capacità di scegliere a fare la diversità della formazione di Erik Ten Hag, 49 anni, allenatore calvo, ma dagli occhi profondi, allievo di Guardiola (al Bayern Monaco), ma estimatore di Trapattoni.
Roma, Milano e Napoli hanno insieme più della metà della popolazione dell' Olanda (17 milioni). E se adesso si parla di calcio capolavoro, è bene ricordare che la nazionale arancione agli ultimi mondiali non c' era (come l' Italia), che l' Ajax non accedeva alle semifinali dal '97, mentre il Psv ci è arrivato nel 2005. Questo Ajax che torna dopo 22 anni, ha saputo far invecchiare le sue acerbità, senza umiliarle, dando loro concretezza. Nessuno è solo lì davanti, ha sempre un compagno accanto, non c' è anarchia, ne irresponsabilità, ma velocità di testa e di memoria, in una squadra che vale 400 milioni e che finora ha sempre venduto i suoi gioielli nella convinzione che conta raffinare prima la mente dei piedi. Lo sbaglio? Considerarli bambini che giocano da grandi. Rivoltosi che mirano al potere. Nella loro testa sono già al comando.
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