DAGOREPORT – MARINA E PIER SILVIO NON HANNO FATTO I CONTI CON IL VUOTO DI POTERE IN FAMIGLIA…
A.Ba. per “la Stampa”
L'Argentina avanza. Tra brividi e colpi di classe. Tracce di Scaloneta, il collettivo permeato dal Ct, e lampi di Messi, genio senza età. Appuntamento ai quarti, con l'Olanda di Van Gaal, intanto riflessioni su contributi, sorprese e delusioni.
Queste ultime, in prevalenza made in Italy. Già, perché dei quattro calciatori di Serie A rimasti dopo i tagli per infortunio di Nico Gonzalez e Correa, nessuno ha lasciato impronte pesanti. Anzi, nessuno ha lasciato impronte.
Paredes, regista nel primo match sciagurato con l'Arabia Saudita, è stato disarcionato prima da Rodriguez e poi dal gioiello Enzo Fernandez, racimolando poi un ritaglio con la Polonia e guardando dalla panchina le vittorie con Messico e Australia e anche Lautaro Martinez ha perso il posto dopo le prime due partite inguardabili: le critiche dure e le due reti siglate da Alvarez, scelto per completare il tridente al suo posto, ne hanno intaccato la serenità e condizionato il rendimento anche nei successivi scampoli. Solo così, infatti, si spiegano gli errori blu sottoporta compiuti nel finale con l'Australia.
«In passato - lo difende Scaloni - è stato fondamentale e molte volte ci ha salvati: trovo ingiusto criticarlo dopo i tanti gol fatti in Nazionale». E Messi rassicura: «Vive di gol, avrà altre opportunità». Di Maria non si può dire abbia fatto male, però nemmeno ha tracciato la differenza, finché non l'ha estromesso un guaio muscolare.
Infine, Dybala. Un giallo: inchiodato alla panchina, nemmeno un secondo in campo, scavalcato dal Papu Gomez come controfigura dell'infortunato Di Maria, ignorato anche nel finale convulso con l'Australia nonostante la capacità di spaccare le partite e la preziosità dei suoi guizzi per cercare di mettere al sicuro un risultato tornato in bilico.
«Scelta tecnica» ha risposto Scaloni, gelido, quando gli è stato chiesto il perché di spazi tanto avari, il fatto è che per lui è vice Messi e così, dietro un monumento, l'oblio è condanna. A Roma è diverso, il leader è lui: «C'è tempo per pensarci, ora conta il Mondiale, però Mourinho lo sento tutti i giorni».
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