DAGOREPORT - BENVENUTI AL “CAPODANNO DA TONY”! IL CASO EFFE HA FATTO DEFLAGRARE QUEL MANICOMIO DI…
Carlos Passerini per il “Corriere della Sera”
Sostiene Careca che i segreti del successo di questo Napoli siano due, il primo dei quali Higuain. Higuain? «Sì, già, proprio lui, presente il Pipita?». Il fatto, spiega convinto e in un italiano ancora sciolto Antonio de Oliveira Filho, oggi 56 anni, centravanti brasiliano dell'ultimo scudetto al San Paolo, 96 gol in 221 partite 1987-1993, «è che senza di lui oggi la squadra ha più responsabilità, più coraggio, è più adulta, quindi più vincente».
Ok, ma Higuain se n'è andato un anno fa.
«E infatti c' è voluto tempo per assorbire questa assenza, come quando c'è un lutto in una famiglia. L'anno scorso il Napoli non aveva ancora questa consapevolezza, questa convinzione dei propri mezzi, della propria forza. È stato un grande lavoro mentale prima ancora che tecnico, di testa più che di campo. Solo un grandissimo allenatore poteva riuscire a convincere una squadra che, indebolendosi, sarebbe diventata più forte».
Sarri le piace, quindi.
«Eccome, è un fuoriclasse, il migliore, l'allenatore giusto per riportare lo scudetto a Napoli. Ora la discussione non è più se gioca il miglior calcio d' Italia, perché quello lo vede anche un bambino, ma a che livello è nel mondo. Un calcio bellissimo, offensivo, sempre a cercare il gol, con la palla a terra, di prima. Che grande spettacolo».
Eppure lei stesso giusto un paio di mesi fa in un' intervista a Mediaset Premium disse che per lo scudetto servivano tre giocatori: a parte Inglese che arriva forse solo a gennaio, e Ounas che in campo sì visto due volte per complessivi 36 minuti, non è cambiato proprio nulla.
«Infatti il miglioramento del Napoli ha sorpreso anche me, come tutti, compresi i tifosi. Nessuno si aspettava una crescita del genere, ormai la squadra gioca a memoria, quello che colpisce è il movimento senza palla, tutti sono dentro all'idea di gioco».
Tutto vero. Però da qui alla fine mancano ancora 29 partite, un'infinità. E onestamente non è la prima volta che il Napoli prima illude e poi delude.
«Ora però è davvero forte».
Non crede che a volte i troppi elogi siano insidiosi anche più di un avversario, specie in una piazza diciamo emotiva come Napoli?
«La Juve resta la Juve, l'unica vera avversaria per lo scudetto è quella. La Roma e le milanesi le vedo più indietro. Della Juventus mi fa impressione la mentalità, la voglia di vincere, la fame. Ma adesso come adesso il Napoli merita di stare davanti».
Che le distanze fra le due si siano accorciate è evidente, ma secondo lei più per merito del Napoli o per demerito della Juventus?
«Il Napoli ha imparato a vincere le partite sporche, invece fino a qualche mese fa non ci riusciva, andava spesso in difficoltà contro le squadre piccole che si chiudevano. Lasciava punti pesanti. Oggi non più. Non è più obbligato a essere bello per essere vincente.
In questo senso assomiglia alla Juventus, ora».
E la Juve, invece?
«Resta forte, attenti. Forse ha meno fame del Napoli per quanto riguarda lo scudetto, dopo sei scudetti sarebbe anche comprensibile. Poi il Napoli dalla sua ha una cosa unica, il pubblico del San Paolo che può fare la differenza. Era così anche ai miei tempi, quello non è uno stadio normale, quando è pieno aiuta a fare i punti».
Mertens adesso vale Careca? Qualche settimana fa alla stessa domanda lei rispose «quasi».
«Per il momento dico ancora Careca, però lui ha tempo per migliorare, mi sta impressionando, sembra che abbia fatto il centravanti fin da bambino. Ha qualcosa di Romario, ma in lui rivedo Bebeto. Straordinario, segna gol bellissimi. Poi sono contento del ritorno al gol di Hamsik, gli serviva per sbloccarsi. E lui è decisivo per il Napoli».
Domanda secca, allora: il Napoli vince lo scudetto?
«Forse è ancora un po' presto, ma io dico di sì. E se succede, sarà una grande festa. E io ci sarò».
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