RIUSCIRÀ SALVINI A RITROVARE LA FORTUNA POLITICA MISTERIOSAMENTE SCOMPARSA? PER NON PERDERE LA…
F. Van. per il "Corriere della Sera" - Estratti
Piero Gros, oro olimpico e iridato, vincitore di una Coppa del Mondo, uno dei protagonisti della Valanga Azzurra degli anni 70.
Lei ha vissuto nel 1979 la tragedia di Leo David: c’è un’analogia con la disgrazia di Matilde Lorenzi?
«No, sono due dinamiche molto diverse.
(...)
Gli allenamenti sui ghiacciai sono sicuri?
«Assolutamente sì. Ormai sono frequentati da tanti atleti, inclusi quelli degli sci club. Le sedute sono tranquille, non si va a cento all’ora. Se ci sono poi tracciati paralleli, si parte in modo alternato per non rischiare scontri. Questo incidente è frutto di una fatalità disarmante, un po’ come quella di Michael Schumacher nel 2013 a Méribel».
Matilde è caduta in un punto pianeggiante: è incredibile che si sia fatta così male.
«Dipende da come cadi. Anche se si è in piano, se a 50 orari cade una persona che, dico una cifra, pesa 60 chili, il botto è tosto. Peraltro sì, è stato qualcosa di assurdo: a Kitzbuehel in discesa cadono a 140 all’ora e non si fanno nulla».
La sicurezza nello sci di oggi è davvero alta?
«Ai nostri tempi scendevamo avendo come protezioni le balle di fieno: e nel fieno capitava di finire… Ormai non puoi più permetterti di organizzare le piste in questo modo: le disattenzioni sono bandite già per gli atleti comuni, figuratevi quando di mezzo di sono le Nazionali. Gli allenatori, infine, ora hanno enormi responsabilità e non possono sgarrare».
Forse la povera Matilde ha avuto anche lesioni decisive degli organi interni. Nelle discipline veloci l’atleta ha il tronco protetto dall’air bag: è il caso di estenderne l’uso ai gigantisti?
«Sì, può essere una buona idea, come minimo per le gare».
Qualcuno ha messo sotto accusa i caschi: si può fare di più e di meglio?
«Il livello raggiunto è altissimo, le aziende e la Federazione internazionale hanno fatto il massimo e non è pensabile che si adottino i caschi integrali come nelle moto. Purtroppo, però, gli incidenti assurdi possono sempre capitare. Ma non per questo si deve dire che le cose non sono a posto ».
IL PERICOLO IN OGNI DISCESA
Mattia Chiusano per "la Repubblica" - Estratti
Caschi in fibra di carbonio, airbag con sensori che rilevano i movimenti dello sciatore, materassi in gommapiuma sulle vie di fuga. Non è più l’epoca in cui i discesisti si schiantavano su balle di paglia che si erano congelate durante la notte, la sicurezza ha fatto passi da gigante eppure lo sci resta uno sport pericolosissimo.
Anche se scii da sola, allenandoti per il gigante, a velocità contenuta, con le giuste dotazioni di sicurezza, senza colpire ostacoli, come stava facendo Matilde Lorenzi lunedì mattina in Val Senales.
Se la Formula 1 ha ridotto moltissimo i rischi, la Coppa del mondo (o Europa come il circuito dove gareggiava l’azzurra) sembra incatenata agli anni Settanta. Dove potrebbe rimanere per sempre se hanno ragione campioni come Isolde Kostner, due volte campionessa del mondo di superG negli anni Novanta: «Qualsiasi protezione indossi un atleta resterà sempre un piccolo margine di rischio: la velocità stessa ti porta nel territorio del pericolo».
Lo sci aveva chiuso una stagione drammatica, e ne apre un’altra tragica.
(...)
È una gestione delle emozioni che funziona sempre, anche se a dare sicurezza oggi c’è molta più tecnologia degli anni di Kostner. Da questa stagione sono obbligatori gli airbag che Dainese portò nello sci con l’esperienza della MotoGp. In una frazione di secondo si gonfiano azionati da un algoritmo che identifica una situazione pericolosa.
Sono disponibili tute anti taglio che avrebbero impedito gli effetti terribili dell’incidente di Kilde: ma sono solo facoltative, perché gli sciatori desiderano sicurezza ma anche libertà di movimento per poter impostare le loro traiettorie. Chi ha paura di farsi male, non sceglie lo sci.
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