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VIDEO - IL KO DI CHRISTIAN DAGHIO, A 30 SECONDI DAL GONG. NON SOPRAVVIVERÀ
IL PUGILE ITALIANO MORTO SUL RING
Francesco Perugini per ''Libero Quotidiano''
Christian Daghio non era come Jean-Claude Van Damme del film Kickboxer (pellicola del 1989), il ragazzo occidentale che aveva imparato a combattere secondo le regole dell' Estremo Oriente per vendicare il brutale ferimento del fratello.
No, Christian, 49 anni, pugile di Carpi, del Muay Thai era un appassionato vero.
Quella disciplina così violenta - ammette pugni, calci, gomitate ginocchiate, a differenza della kickboxing, che proibisce l' uso delle articolazioni per sferrare colpi - gli era entrata dentro. Tanto da spingerlo a 21 anni a lasciare la sua casa nel modenese per diventare un combattente professionista, il primo italiano ammesso a combattere in Thailandia. Viveva per quella disciplina, con pochi mezzi e rari contatti con la famiglia nell' era pre-internet.
UN COLPO FATALE
Non è stato un colpo proibito a ucciderlo, bensì un pugno come un altro tra i tanti che aveva incassato. Stavolta su un ring di boxe durante un incontro a Bangkok per la corona asiatica dei pesi supermedi. Con due vittorie alle spalle, Daghio aveva rimesso in palio il titolo di questa disciplina di cui in passato era stato anche campione intercontinentale.
Il pugilato, infatti, era diventata l' altra sua grande passione a partire dal debutto nel 2010. Oltre ai 186 incontri di Muay Thai disputati - di cui 142 vinti con sette titoli mondiali (l' ultimo nel 2017 a Massa finalese) e tre bronzi tra Europei e Mondiali con la Nazionale -, nella boxe Daghio vantava 31 vittorie su 31, con 27 ko.
Aveva anche sperimentato le Mixed Martial Arts (Mma), con tre successi in cinque incontri.
Di fronte a un curriculum del genere, non stupiscono le parole del fratello Fabrizio, preparatore atletico che lo allenava a distanza: «È morto come voleva: combattendo», racconta al Resto del Carlino a proposito dell' ultimo fatale combattimento.
Stava vincendo anche quello, contro il 37enne Don Parueang, rivale esperto ma comunque più giovane di 12 anni. Alla dodicesima ripresa, Christian è caduto per una serie di colpi subiti, ma si è rialzato. A quel punto, ad appena 30 secondi dal gong finale, è arrivato il pugno fatale che gli ha causato il coma da cui non si è più ripreso.
Ha lottato una settimana contro la morte, ma quella rivale è stato insuperabile.
Il combattente carpigiano lascia una compagna e una figlia di cinque anni, oltre a un grande dolore tra gli appassionati italiani. Ma - ne siamo certi - vorrebbe che nessuno piangesse la sua fine: «È stato un combattimento leale», racconta ancora il fratello e manager. Era caduto una prima volta, qualsiasi altro pugile dopo una situazione del genere si sarebbe arreso e avrebbe detto basta. Ma lui non mollava mai. Non ho nessun rimpianto perché lui era fatto così, diceva di voler combattere fino a 80 anni. Il ring era la sua vita, è morto da campione».
GESTIVA UNA SCUOLA
Alla soglia dei 50 anni, infatti, dopo un anno di stop era tornato sul ring nello scorso giugno. Non si accontentava di trasmettere i suoi segreti nella scuola-resort che aveva aperto nel 2006, trasferendosi definitivamente nell' area turistica di Pattaya per coronare definitivamente il suo sogno nella patria che aveva scelto. La struttura si chiama "Kombat Group Thailand" ed è un meta amatissima dagli appassionati di tutto il mondo, con 40 dipendenti che adesso porteranno avanti il suo ricordo.
Sul sito internet dell' organizzazione, si racconta così la passione di Christian: «Per lui, il pugilato non è solo uno sport e la palestra non è solo business. Tutto questo è il risultato della sua passione ed è diventato il suo modo di vivere». Per farlo aveva scelto proprio la sua amata Thailandia, dove riposerà per sempre dopo i funerali in progra
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