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IL NAPOLEONI DEL BOSFORO – DA TOR DI QUINTO AL BASAKSEHIR, LA SQUADRA DEL NIPOTE DI ERDOGAN, L’INCREDIBILE STORIA DI STEFANO NAPOLEONI, L’ATTACCANTE ROMANO (E ROMANISTA) A ISTANBUL – CODINO ALLA BAGGIO, TATUAGGIO DEL COLOSSEO, SCOPERTO DA BONIEK: "IL CALCIO ITALIANO? MI CONSIDERAVANO QUASI UN ESTRANEO" – E POI PARLA DI CENGIZ UNDER - VIDEO

 

 

 

Marco Ansaldo per Il Venerdì-la Repubblica

 

STEFANO NAPOLEONI

«I fulmini del Basaksehir» titola il lunedì Hurriyet, il quotidiano turco a grande tiratura, sull’ennesima vittoria della squadra prima in classifica nella Super Lig. Besiktas, Galatasaray, Fenerbahce, gli squadroni di Istanbul per il momento si possono accomodare. La società nuova di zecca, che porta il nome di un quartiere periferico ma abitato dalla media borghesia conservatrice islamica che si riconosce nel presidente Recep Tayyip Erdogan, è con il morale alle stelle per i ripetuti successi sul campo. Per strada donne velate, minareti e moschee. Dietro l’angolo, un colossale stadio da 70 mila posti a sedere intitolato a Fatih Terim, l’Imperatore, attuale allenatore della Nazionale che portò il Galatasaray a vincere nel 2000 la Coppa Uefa, lavorando poi anche in Italia con Fiorentina e Milan.

 

Il nipote acquisito di Erdogan, Goksel Gumusdag, presidente di questa realtà nata da solo tre anni, è molto orgoglioso della sua creatura. Non si cura delle polemiche su eventuali favoritismi arbitrali evocati dagli avversari. Ha costruito da zero una macchina da calcio perfetta, che in un campionato spettacolare e aggressivo come quello turco sta facendo saltare il banco. Il Basaksehir conosce ormai gli onori internazionali della Champions League, vende all’estero i suoi migliori prodotti (da noi il ventenne Cengiz Ünder attaccante della Roma), e allestisce una formazione composta da ottimi elementi: Emre Belozoglu (ex Inter), Inler (Udinese e Napoli), Adebayor già votato come miglior giocatore africano e stella di Real Madrid, Manchester City e Tottenham, Arda Turan in prestito dal Barcellona.

STEFANO NAPOLEONI

 

I “fulmini” si riferiscono perciò a un recente 5-0 rifilato in casa, in uno stadio sfarzoso ma con troppi spazi vuoti rispetto alla sua capienza e alla forza numerica delle tradizionali tifoserie rivali. La prima rete di questa “manita” è stata di un italiano, l’unico a militare nella Super Lig: Stefano Napoleoni, 31enne con il gusto per i gol ben fatti, di testa, di destro, di sinistro, da lontano.

 

Un giocatore d’attacco ma molto duttile, un piccolo Quagliarella. Romano, romanissimo anzi (è del Nuovo Salario e si è formato calcisticamente a Tor di Quinto), e romanista di fede, Napoleoni è un bomber quasi ignoto all’Italia. Scoperto diciannovenne da Zbigniew Boniek nei campetti di Promozione, Zibì lo vide segnare una tripletta, lo portò con sé in Polonia e lo valorizzò. Da lì seguì una carriera tutta all’estero, prima in squadre polacche, poi in Grecia (7 lunghi anni, 35 gol nelle ultime 3 stagioni), adesso in Turchia. Dove Napoleoni segna ed è adorato dai fan. “Napo”, lo chiamano in società. “Napo”, gli urlano dagli spalti i tifosi arancioni.

STEFANO NAPOLEONI

 

Codino alla Roberto Baggio, suo idolo da bambino, quando segna si alza la maglietta e indica il tatuaggio del Colosseo che porta sul fianco destro. Il Venerdì lo ha intervistato uscito dall’allenamento, nella struttura modernissima a un’ora di distanza dal centro della metropoli, appena fatta la doccia. Napoleoni, qui al Basaksehir ci sono brasiliani, africani, europei, turchi. Eppure in campo la squadra sembra un meccanismo che va a memoria. Come vi capite? «Fra di noi parliamo in inglese. Ma la società è organizzata bene. Siamo tutti dotati di auricolari e microfoni quando ci troviamo nelle sale riunioni, e un interprete traduce i movimenti e gli schemi che ci chiede il nostro allenatore». Che è Abdullah Avci, un tecnico giovane di cui tutti qui dicono un gran bene. «Il mister è bravissimo, ed è qui da molti anni. Lo hanno lasciato lavorare con calma ed è stato capace di costruire una squadra con una mentalità vincente».

STEFANO NAPOLEONI

 

Non è complicato giocare sempre all’estero senza averlo mai fatto in Italia? «Guardi, alla fine mi sono abituato. Le lingue si imparano, e i sistemi di gioco pure. Il greco l’ho imparato in fretta. Per tante volte in questi anni ho pensato di tornare a giocare in Italia, ma questo finora non è mai avvenuto».

 

Perché? «Perché le offerte che mi erano arrivate forse non erano all’altezza, sembrava che mi considerassero quasi un estraneo rispetto al calcio italiano. Così ho preferito continuare a lavorare dove mi offrivano progetti interessanti. Al Basaksehir stiamo crescendo, facendo qualcosa di importante. Sì, prima mi avrebbe fatto molto piacere tornare. Poi, visto che non arrivava nulla di veramente concreto, ho lasciato questo sogno da una parte».

STEFANO NAPOLEONI

 

Ma lei tornerebbe? «Ma certo. Sarebbe il coronamento di una carriera».

 

Nostalgia? «No, mai, perché appena ho tre giorni liberi prendo un volo e vengo in Italia. Lì vedo i miei familiari, incontro gli amici. Tutti loro mi vengono a trovare qui. Non mi sento solo». Come si trova in Turchia? «Molto bene. Vivo con la mia fidanzata, che è italiana. Con la gente sto benissimo, io poi sono un tipo aperto, mi fanno piacere i ragazzini che arrivano e chiedono l’autografo, e Istanbul è una città straordinaria».

 

La Turchia è meravigliosa, ma anche un Paese con molti problemi, una guerra interna nel sud est e una ai confini, in Siria. Non ha avuto paura? «Sono arrivato qui a inizio 2016, proprio quando le bombe scoppiavano ovunque. Qualche dubbio da parte di chi mi era vicino c’era. Però ho resistito. E non ho mai avuto problemi». Spesso qui, come pure altrove, il calcio è influenzato dalla politica. C’è chi dice che il Basaksehir è in testa perché molto amato nelle alte sfere. Voi percepite questo? «Veramente noi giocatori qui non parliamo molto di politica. Ovviamente conosciamo la realtà che ci circonda. Ma ci esprimiamo in campo, e mi pare che noi adesso lo stiamo facendo al meglio». Lei a chi si ispira calcisticamente? «Il mio idolo da bambino era Baggio.

 

napoleoni

Un calciatore che sapeva costruire il gioco e anche realizzare: un leader anche fuori dal campo. Porto il codino in omaggio a lui». Riesce a segnare molto? «L’anno scorso una decina di reti. Quest’anno quattro, finora, anche perché mi utilizzano come esterno. Ma mi trovo bene. In società sono bravi pure nei dettagli. La rosa dei giocatori è forte, competitiva. Puntiamo a vincere il titolo dopo averlo mancato per un soffio lo scorso anno. Anche se è dura. Il tifo è molto acceso persino nelle piccole città. Gli stadi sono impianti nuovi, spesso zeppi di gente. La nostra forza è il gruppo, non ragioniamo da singoli, ma sempre come squadra». Lei come è arrivato al Basaksehir? «Al mercato di gennaio di due anni fa. Avevo giocato una partita in trasferta qui con la mia squadra greca e i dirigenti turchi mi avevano notato. Alla fine hanno deciso di acquistarmi e io ho accettato con entusiasmo».

roberto baggio

 

E con il turco come se la cava? «Diciamo che faccio ancora un po’ di fatica, ma piano piano sto imparando anche quello. Il fatto è che ogni giorno in società si parla per lo più inglese, quindi è più difficile impararlo velocemente». Il suo nome la aiuta all’estero? «Beh, è molto riconoscibile. Un nome così lo imparano subito». E il Colosseo sul fianco? «Un motivo di orgoglio. Quando faccio gol lo indico, è come se abbracciassi tutti i miei cari in Italia».

 

 

2. CARTOLINE DA ISTANBUL

 

Riccardo Setth per www.gianlucadimarzio.com

 

BAGGIO

Glielo avevo detto: ‘basta un gol per sbloccarti’”, parola di Stefano Napoleoni, ‘Napo’ per i tifosi turchi. Romano e romanista, che a Roma però ha iniziato solamente la sua carriera da giocatore al Tor di Quinto, prima di girare il mondo. Polonia, Grecia e ora Turchia: “È il campionato più importante dove sono stato”.

 

All’Istanbul Basaksehir. Quarta formazione della capitale sulle rive del Bosforo, ora prima in classifica. Quello che si doveva sbloccare era Cengiz Ünder, suo ex compagno di squadra. “Ci siamo visti allo Stadio Olimpico dopo la partita contro il Sassuolo a dicembre, era parecchio giù di morale per lui e per il momento della Roma. Avevano pareggiato ed era stato annullato un gol alla Roma a causa di un suo fallo”.

Cengiz Napoleoni_1

 

Gli ho detto di non mollare, il problema era solo il gol. Prima o poi sarebbe arrivato. Ci ho giocato per un anno e conosco bene le sue qualità”. Qualità tutte da mostrare, visto i 21 anni ancora da compiere: “Fin dal primo giorno che è arrivato si sono viste le sue qualità di tiro. Calcia benissimo di sinistro, e si è visto nelle ultime partite, ma anche di destro. Spesso siamo rimasti oltre l’allenamento per fare delle sessioni di punizioni. Non ha molta differenza tra i due piedi”.

 

Nel suo paese Ünder è stato definito il Dybala turco, ma per Napoleoni è un altro il vero soprannome: “Ha una qualità di un brasiliano, per me è sempre stato Cengizinho”. Il Cengiz Ünder fuori dal campo da gioco invece è lo stesso che poi indossa gli scarpini: “Un tipo riservato, dal primo giorno che è entrato nel nostro spogliatoio ha sempre tenuto la testa bassa e ha lavorato tantissimo. Ci vogliono delle qualità importanti per passare in un anno dalla Serie B turca alla Champions League con la Roma”.

 

Proprio Roma è la città che lega i due: “Appena sono arrivate le voci di un suo possibile trasferimento nella capitale, mi ha chiesto dei consigli. Pregava perché la trattativa si chiudesse al più presto. Io non ho mai giocato nella Roma, ma conoscendo la città gli ho fatto capire l’amore che i tifosi sanno trasmettere”.

 

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Così come il calore di quelli turchi: “Qui vivono per il calcio. Oggi tutte le testate giornalistiche parlano della sua doppietta, essendo uno dei giovani turchi più promettenti”. Prime pagine nelle quali c’era anche il Basaksehir di Napoleoni, uscito sconfitto dallo scontro diretto contro il Fenerbahçe: “Siamo in lotta per lo scudetto, sarebbe un evento storico. Spero alla fine dell’anno di esultare, magari con un trofeo vinto anche da Cengiz, anche se per la Roma sarà ancora più difficile”.

 

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