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1. L’ITALIA NON BATTE NEMMENO IL LUSSEMBURGO
Marco Ansaldo per ‘La Stampa’
CESARE PRANDELLI E NOVELLA BENINI
Una Nazionale in ritardo. Amata al punto che neppure il pareggio per 1-1 con il Lussemburgo ha scatenato i fischi che piovvero sugli azzurri per risultati meno desolanti di questo. Ma se è grave che in amichevole non siamo più capaci di battere una delle peggiori in Europa, lo è di più l’incertezza con cui gli azzurri si presentano all’appuntamento: non siamo tra quelli che vedono nelle difficoltà della vigilia il segnale delle fortune nel Mondiale.
Qualche volta ci è andata bene ma ricordiamo molti più casi (la Corea del 2002, il flop del Sudafrica per citarne due) in cui una squadra partita con molti problemi non è riuscita a risolverli in tempo. Alla vigilia della partenza per il Brasile si è visto un altro esperimento: l’ennesimo alla ricerca di soluzioni che migliorino con la tattica una squadra che come individualità dovrà dare il massimo già per superare il girone. La lezione è quella della semifinale di Confederations Cup dell’anno scorso quando Prandelli infoltì il centrocampo e mandò genialmente in crisi la Spagna per tutto il primo tempo.
L’intenzione ci sembra la stessa. Il ct vuole creare densità in una certa zona del campo per prendere il sopravvento e la zona è il centrocampo: così si spiega una formazione con una sola punta, Balotelli, con tutte le controindicazioni possibili soprattutto per il milanista che si è visto di più nella ripresa quando l’Italia ha inserito Cassano (e non tanto per i meriti del barese). Non sappiamo se questo sarà il modulo adottato contro l’Inghilterra. Prandelli dovrà apportare dei correttivi per migliorare la pericolosità perché l’Inghilterra concederà meno palle gol (con due traverse) e creerà molti pericoli.
Due giocatori hanno avuto benefici da questo 4-3-2-1 che in fase difensiva diventa un netto 4-1-4-1 con De Rossi sempre più arretrato degli altri: uno è Marchisio, l’altro è Verratti. Lo juventino è entrato in forma dopo una stagione tribolata e lo si era già visto a Londra contro l’Eire: con questo sistema di gioco gli è più facile fiondarsi in verticale verso la porta come nei giorni migliori, anche se l’intesa in Nazionale non è un meccanismo di orologeria svizzera: talvolta l’hanno servito con i tempi sbagliati oppure ne hanno ignorato lo smarcamento. Il suo gol, di testa, è nato dall’assist di Balotelli, con un’inversione dei ruoli interessante.
MARCHISIO IN ITALIA LUSSEMBURGO
L’altro beneficiato è Marco Verratti. Due mesi fa era lontano dai pensieri di Prandelli, adesso rischia seriamente di essere titolare. Il ragazzo del Paris Saint-Germain ha giocato per la prima volta con Pirlo, una quadratura del cerchio: nessuno dei due è stato il regista o lo è stato a turno, trovando in De Rossi l’uomo che li ha sollevati parecchio dalla copertura della difesa. Il punto è che Verratti ha l’abitudine a muoversi in questo ruolo, la vecchia mezzala di qualità, perché è il suo nel Paris Saint Germain dove è Thiago Motta a fare il centrale come De Rossi. Il suo passo breve e la sveltezza del tocco lo favoriscono.
Cosa che assolutamente non è nelle corde migliori di Pirlo: lo juventino è stato per lunghe fasi ai margini dell’azione, lui che è abituato a dettare i tempi e far partire l’80 per cento delle azioni, tenendosi nel mezzo e con la possibilità di piazzare il lancio con una visione di gioco più ampia. Insomma l’uno ci guadagna, l’altro ci perde e per il momento non si sa se il saldo sia positivo per la Nazionale.
2. IL FINTO TEST PER UNA SQUADRA DA PARTITA VERA
Mario Sconcerti per ‘Il Corriere della Sera’
C’è un equivoco di fondo su questa partita, che non risolve la noia ma dà almeno un senso alla serata. Non abbiamo giocato per vincere. Se poi accadeva, come di solito contro il Lussemburgo accade, meglio. Ma l’intento non era quello, o non esclusivamente quello.
Abbiamo giocato cercando la squadra da mettere davanti agli avversari più forti, la vecchia Italia da mondiale. Abbiamo approfittato di un avversario piccolo per sperimentare. Avessimo voluto soltanto vincere avremmo messo più attaccanti, più fantasisti, un altro ritmo. Questo è il ragionamento inverso: abbiamo provato contro avversari deboli la squadra adatta ad avversari forti. Un’Italia con cinque centrocampisti e un solo attaccante, molti giocatori fuori dalle loro posizioni di campionato. Un’Italia che dovrà fare massa contro Inghilterra e Uruguay e giocarsi le partite a eliminazione diretta. Sotto questo aspetto l’Italia della prima ora non è andata malissimo. Temo sia il meglio che abbiamo.
Tanti centrocampisti dai piedi buoni capaci di un catenaccio in mezzo e di arrivare al tiro con il palleggio. Possiamo fare di più? È difficile. Non abbiamo grandi attaccanti, non abbiamo fantasisti che saltano l’uomo. Abbiamo molti giocatori con idee e forte senso tattico che amministrano il Lussemburgo e l’Irlanda come fosse il Brasile, senza differenze travolgenti. E a forza di gestire il pallone possono lentamente trovare un gol. Va da sé che con Cassano o Cerci, o Immobile, o Insigne possiamo essere più rapidi, ma sono soluzioni da dentro la partita o da esibire contro avversari meno forti di Inghilterra e Uruguay.
In sostanza, quella provata nella prima ora di gioco non era la squadra per il Lussemburgo, ma per tutti i più forti che troveremo al mondiale. Una squadra a trazione anteriore che contro avversari deboli non poteva che sfigurare. Questo non significa che va tutto bene. Non abbiamo grandi giocatori, del nostro livello ce ne sono dovunque nelle nazionali migliori. Significa che abbiamo una timida chance di tornare a essere la vecchia classica Italia scomoda e oscura. Capisco che sull’oscuro già adesso possiamo insegnare molto, ma o funziona la squadra del primo tempo o possiamo già rassegnarci a un mondiale a strappi. Fenomeni non ce ne sono, Prandelli sta cercando la squadra della fatica. È l’unica vera cosa che in un mondiale abbiamo sempre insegnato a tutti.
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