DAGOREPORT – AVVISATE IL GOVERNO MELONI: I GRANDI FONDI INTERNAZIONALI SONO SULLA SOGLIA PER USCIRE…
Maria Letizia Tega per Pagina 99
Marcel Duchamp, il padre dei ready-made, continua a prendersi gioco del mondo dell’arte a quasi cinquant’anni dalla sua morte. La ristampa di un’edizione aggiornata della sua biografia più completa, firmata da Calvin Tomkins edita dal Moma, è stata l’occasione di nuove polemiche sulla figura dell’eclettico artista.La nuova versione del libro è stata accusata di non aver dato voce alle scoperte di questi ultimi anni, che vedrebbero l’artista francese, naturalizzato americano, nei panni di un ladro: il celebre orinatoio, l’opera che ha segnato una cesura nella storia dell’arte sarebbe un’appropriazione indebita.Può un ready-made, un oggetto trovato tal quale elevato ad opera d’arte, avere un proprietario?A quanto pare sì, soprattutto se non si tratta di un vero ready-made.
Il critico inglese Julian Spalding (già noto ai media per la sua avversione nei confronti delle opere di Damien Hirst da lui definite un’arte fregatura), supportato da diversi studiosi ha ricostruito la storia della celebre e dissacrante Fontana.L’opera in questione non solo non sarebbe un ready- made, ma una scultura, forgiata dalle mani di una poetessa tedesca, Elsa von Freytag-Loringhoven.Una prospettiva piuttosto ironica se si pensa che per l’arte concettuale il termine scultura suona come un anatema.
Andiamo con ordine: nel 1917 sul modello del Salon des Indépendants parigino venne creata l’americana Society of Independent Artists. Alla mostra organizzata dal gruppo poteva partecipare chiunque, pagando sei dollari, ed esponendo al massimo due opere.La storia racconta che Duchamp presentò alla giuria della mostra un orinatoio firmandolo con lo pseudonimo R. Mutt, dichiarando in seguito che era stato acquistato dopo un pranzo alcolico sulla fifth avenue da J.L. Mott Iron Works.La giuria non fece esporre il pezzo.
Il rifiuto ad esporre l’orinatoio di Duchamp è tuttora visto come uno dei punti di non ritorno nella storia dell’arte contemporanea, e la Fontana è citata come l’esempio principe del contettualismo, secondo cui l’idea dietro al lavoro è più importante della sua apparenza.Alcuni noti studiosi di Duchamp, come William Camfield e Glyn Thompson, hanno però scoperto che la storia non è andata proprio in questo modo.A smentire i racconti di Duchamp sarebbero numerosi elementi:innanzitutto quello che il negozio J. L. Mott Ironworks non ha mai messo in vendita quel particolare modello di orinatoio. Inoltre, Duchamp stesso in una lettera destinata alla sorella racconta di come una sua amica avesse sottoposto alla commissione una scultura innovativa, senza darle un titolo. Ma chi era questa sua amica?
Un contributo importante nel riconoscere la sua identità arriva anche da Irene Gammel, storica e docente canadese, che nella sua biografia Baroness Elsa: Gender, Dada, and Everyday Modernity. A Cultural Biography racconta una figura complessa e articolata.Elsa Plotz nasce in Germania nel 1874 da una famiglia molto religiosa e severa dove il suo genio creativo viene soffocato a lungo, una volta cresciuta trasforma la sua vita in una performance teatrale continua contro la società maschilista del diciannovesimo secolo. Si sposa numerose volte, con artisti e intellettuali, l’architetto dello Judendstil August Endell, il primo traduttore tedesco di Oscar Wilde, Frederick Philip Grove infine il barone von Freytag-Loringhoven, che per sfuggire ai suoi creditori scappa in America con la moglie.
E’ qui che Elsa incontra Marcel Duchamp, ma non solo: diventa una figura di riferimento nei circoli letterari di New York entrando in contatto con tante personalità tra cui Ezra Pound, Ernest Hemingway, e la fotografa Berenice Abbott .L’orinatoio in questione faceva parte di una coppia di sculture speculari, un’opera per esorcizzare e deridere le parole del padre ripetute fino allo sfinimento quando Elsa era una bambina: “ogni sera prima di andare a letto si prega e si fa pipì” Consegnato alla Society of Independent Artists senza titolo, è firmato R. Mutt, un gioco di parole che deriva da Urmutter, la progenitrice della Germania adorata dai simbolisti tedeschi, già usato come pseudonimo in alcune sue poesie.
Duchamp Marcel Duchamp ph Irving Penn
Irene Gammel resta meno categorica di Julian, suggerendo una commistione di contributi, di Elsa e Duchamp. Resta da chiedersi come mai Elsa non abbia mai rivendicato la paternità dell’opera, lasciando che Duchamp se ne appropriasse. Forse lo scherzo era orchestatato da entrambi, ed è riuscito talmente bene che tuttora riesce a porre interrogativi nuovi: appropriarsi di un oggetto, che però è un’opera di un’altra artista è o non è un ready-made?
Certo Marcel Duchamp ha vissuto una vita di gloria e agio, anche a grazie alle copie della “sua” Fontana, mentre Elsa è morta in miseria, dimenticata in fretta.
Ultimi Dagoreport
DAGOREPORT - BLACKSTONE, KKR, BLACKROCK E ALTRI FONDI D’INVESTIMENTO TEMONO CHE IL SECONDO MANDATO…
DAGOREPORT - L’ASSOLUZIONE NEL PROCESSO “OPEN ARMS” HA TOLTO A SALVINI LA POSSIBILITA’ DI FARE IL…
FLASH! – MARIA ROSARIA BOCCIA CONTRO TUTTI: L’EX AMANTE DI GENNY-DELON QUERELA SANGIULIANO (GIÀ…
DAGOREPORT - ED ORA, CHE È STATO “ASSOLTO PERCHÉ IL FATTO NON SUSSISTE”, CHE SUCCEDE? SALVINI…
DAGOREPORT - BENVENUTI AL “CAPODANNO DA TONY”! IL CASO EFFE HA FATTO DEFLAGRARE QUEL MANICOMIO DI…