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L’ULTIMA CORSA DI CARLO MAZZONE – IL RICORDO DI IVAN ZAZZARONI: “CARLETTO HA INSEGNATO CALCIO, MA ANCHE VITA. E? STATO MODERNO, IN PARTICOLARE NEL RISPETTO DEGLI OBIETTIVI E DELLE CARATTERISTICHE DEI GIOCATORI. TOTTI E BAGGIO, I FIGLI PIU' AMATI” – LA SUA FOLLE CORSA VERSO LA CURVA ATALANTINA DOPO LE OFFESE ALLA MADRE (“MAZZONE FIGLIO DI PUTTANA”) – “BUTTAME FUORI, ME LO MERITO”, DISSE ALLA FINE CARLETTO RIVOLGENDOSI ALL’ARBITRO COLLINA - VIDEO
Ivan Zazzaroni per il Corriere dello Sport
“E morto Mazzone”. Secco, sintetico, definitivo come un ad- dio. E il messaggio che intor- no alle 16 di ieri mi ha inviato Massimo Cellino, accompagnandolo con la foto in bianco e nero della presentazione al Cagliari nel ’91: Cellino giovanissimo, Mazzone sempre uguale a Mazzone, giusto
un filo piu magro.
E morto Mazzone, il nostro Carletto, l’allenatore del Corriere dello Sport-Stadio, e che nessuno si offenda. Mazzone romano de Roma, calciatore a Latina, Roma, Ferrara, Siena, Ascoli; allenatore sempre nell’Ascoli di Rozzi, e a Firenze, Catanzaro, Bologna, Lecce, Pescara, Cagliari, Roma, Na- poli, Perugia, Livorno. Brescia l’unico sconfinamento.
Fatico a non parlare dei nostri tanti incontri: Carletto e stato una presenza continua, affettuosa. Ricordo quando, insieme a Filippo Galli, Gino Corioni e Vittorio Petrone, riuscimmo a convincere Baggio ad an- dare al Brescia. Non ci volle molto. Mazzone e stato l’allenatore che Robi ha amato di piu, quello che ha capito anche l’uomo. Oppure quando in precedenza, dopo aver seguito il presidente Sensi e la moglie fino a Lugano, dove avrebbe incontrato Carlos Bianchi, telefonai a Menichini, il suo secondo, per informarlo che il presidente stava per cambiare allenatore. Mazzone mi richiamo dopo un secondo per dire che non ci credeva, che non era vero. Era turbato, angosciato: gli stavano togliendo la Roma.
pep guardiola con la maglietta dedicata a carlo mazzone
E l’ultima intervista a Bologna, all’hotel Amadeus. La squadra, a gennaio, era a un passo dalla zona Uefa; gli parlavo d’Europa e lui: «Non e finita, mancano ancora troppi punti». Ebbe maledettamente ragione: a fine stagione l’unica retrocessione della sua storia, un fallimento mai elaborato, a nulla servirono le attenuanti (Calciopoli) ripetu- tamente elencate dal presidente Gazzoni.
Carlo Mazzone e stato tutto e tanto: sparate indimenticabili, battute fulminanti, passioni corrisposte. Ha insegnato calcio, ma anche vita. E stato moderno, in particolare nel rispetto degli obiettivi e delle caratteri-stiche dei giocatori. Totti e Baggio i figli piu amati, ma anche Guardiola. «La tecnica e il pane dei ricchi, la tattica e il pane dei poveri», uno dei suoi classici. «Battere la Roma? E mio dovere provarci, ma e come uccidere la propria madre», perche lui era colore.
carlo mazzone roberto baggio pep guardiola
«Gestire Roberto Baggio e stata una passeggiata. Era un amico che mi faceva vin- cere la domenica». «Un giorno mi chiamo il presidente Sensi. “Carlo, mi consigliano di prendere Litmanen, che faccio?”. Gli risposi: “Perche buttare i soldi, abbiamo il ragazzino” (era Francesco Totti)».
Per descriverlo ai piu giovani potrei proseguire con le frasi cult: sarebbe diverten- te, strapperebbero un sorriso, ma risulterei riduttivo. Da ore scorrono le immagini della sua folle corsa verso la curva atalantina, inseguito da Edo Piovani, il team manager bresciano, era il 30 settembre del 2001: le offese alla madre («Mazzone figlio di puttana») al gol del pareggio di Baggio al 92esi- mo produssero la leggendaria risposta fisica. «Buttame fuori, me lo merito» disse alla fine rivolgendosi all’arbitro Collina.
Da anni Mazzone si era ritirato a Ascoli, il tempo gli aveva cancellato la memoria. Per tutti noi era diventato una domanda, in particolare ogni 19 marzo, il giorno del compleanno: “come sta, il Magara?”. O “Menaje”, l’invito ai suoi che gli avevano at- tribuito ma che aveva sempre rinnegato. La sua pelle era la Roma. In un mondo di tagli sartoriali e calzoni slim, Mazzone indossava la tuta e d’inverno - per anni - la cuffia a nascondere pelata e idee, come a dire: «Sto a lavora’, sono uomo di campo, io».
Quanto l’abbiamo amato.
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