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Paolo Tomaselli per corriere.it
La lezione del Barcellona nel 2-0 alla Juve ha messo a nudo il ritardo dei bianconeri e anche l’ambizione del progetto di Andrea Pirlo, quella di giocarsela allo stesso modo, con la mentalità offensiva, il possesso del pallone, la voglia di proporre calcio fino a dentro l’area avversaria: i catalani sono entrati 40 volte nell’area bianconera, un record, soprattutto in una sfida tra due squadre teoricamente pari grado in Europa.
La squadra di Koeman per la prima volta in questa stagione è sembrata l’erede dei Barça più convincenti degli ultimi anni: «È stata la nostra miglior partita», ha ammesso compiaciuto il tecnico olandese che alzò la Coppa del 1992 contro la Sampdoria di Vialli e Mancini. Messi e compagni avevano qualcosa da dimostrare, dopo il Clasico perduto e le dimissioni del presidente Bartomeu, diventato il «nemico» numero uno. Se comandano i giocatori è il caso di dimostrarlo anche in campo, insomma.
«Loro sono anni che giocano così, noi avevamo tanti giovani alle prime esperienze in Champions. Anche loro ne hanno? Ma crescono nella cantera, sono abituati da sempre a questo gioco.
Noi li prendiamo dalla Fiorentina o dal Parma e ci vuole tempo per costruire», è l’analisi di Pirlo sul tema della qualità del gioco e degli interpreti. In realtà Pedri, che compirà 18 anni il 25 novembre, arriva dal Las Palmas ed è cresciuto nelle Canarie. L’altro baby titolare, il centrale Arajuo, ha fatto una stagione nel Barcellona B, mentre Ansu Fati entrato nel finale per procurarsi il rigore del 2-0, è l’ultimo vero grande prodotto della Masia.
Il problema però è l’abitudine complessiva del Barcellona a giocare in un certo modo.
Lo stesso modello, almeno idealmente, perseguito da Pirlo e dal suo staff, con l’aggiunta di un recupero palla più aggressivo e quindi un tocco ulteriore di modernità. «Dobbiamo essere più veementi a centrocampo», dice il tecnico della Juventus, ma altri 5 gialli e il rosso per doppia ammonizione a Demiral (il terzo espulso da inizio stagione) dicono che non è nemmeno quello il problema. Il problema è tenere il pallino del gioco e non dover sempre inseguire. L’idea è questa. La pratica verrà. Forse.
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