amy sherald

AMY O NON M’AMY? ANTONIO RIELLO: "A LONDRA IN MOSTRA L’ARTE DI AMY SHERALD, FRAMMENTI DI UNA 'LA LA LAND' AFROAMERICANA - IL NOME DI QUESTA PITTRICE È LEGATO PER MOLTI AD UN CELEBRE RITRATTO DI MICHELLE OBAMA DA LEI FATTO QUALCHE ANNO FA. UNO DEI BACI PIU’ FAMOSI DELLA STORIA, QUELLO DI TIMES SQUARE, REINVENTATO IN SALSA GAIA…"

Antonio Riello per Dagospia

 

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L'artista Amy Sherald ha una mostra nella sede londinese della galleria Hauser & Wirth, quella che si trova nella famosa via dove si trovano i più prestigiosi sarti da uomo della città (Saville Row). Amy dipinge pazzescamente bene e con il suo pennello, sa davvero raccontare epiche storie. E' pittura appunto, ma sembrano spezzoni di un film americano: frammenti di una La La Land Afroamericana.

 

Il nome di questa pittrice, nata a Columbus (Stato della Georgia) nel 1973, è legato per molti ad un celebre ritratto di Michelle Obama da lei fatto qualche anno fa. La sua capacità di essere "impegnata" (sul fronte delle rivendicazioni razziali) non le impedisce affatto di fare una pittura incredibilmente seducente. E' Arte Visiva con la colonna sonora incorporata, come se si potesse ascoltare (mentre ci si muove con aria seria nella silenziosa e azzimata galleria) un funky rock.

AMY SHERALD

 

Amy ha un trucco tutto suo: le figure umane (tutte Afroamericane) sono sempre dipinte con toni di grigio. Non dipinge la pelle nera in maniera naturalistica, ha invece affinato una tecnica personalissima che rende le sue donne e i suoi uomini degli esseri particolari. Forse degli speciali Avatar. Sono da considerarsi piuttosto degli archetipi di un processo evolutivo sociale. Ex comparse di secondo ordine diventate finalmente protagoniste sulla scena Americana.

 

AMY SHERALD

Le posture dei suoi soggetti sono particolarmente fresche e naturali seppure possano essere facilmente inquadrate all'interno di una eleganza quasi neoclassica. Un neoclassicismo addirittura canoviano si potrebbe dire. Sì, un(a) Canova american(a) del XXI Secolo che dipingendo ferma in pose plastiche i gesti di questo tempo, degli Stati Uniti e della propria comunità. Ma che anche procede, filologicamente, fino alla base autentica della Classicità dove, come ormai sappiamo tutti, le statue non erano bianche ma coloratissime. Come quelle di plastica/resina che vediamo nei  Luna Park. Il (vero) mondo Classico era esageratamente Pop, al limite del Kitsch. E, d'altra parte, gli accesi riferimenti visivi della cultura Pop Americana hanno costituito, negli ultimi decenni, il "Canone Classico" dell'universo estetico occidentale. Amy Sherald tutto questo sembra averlo ben chiaro nel suo lavoro. La Storia dell'Arte aleggia attorno ai suoi quadri in tutta la sua contraddittoria magnificenza.

 

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I gioielli, i vestiti, gli oggetti (i trattori, le moto e le auto ad esempio) che accompagnano - anche chiassosamente - le figure di questa pittrice non sono mera decorazione ma il bagaglio sostanziale che definisce con precisione la natura e lo status dei suoi soggetti, tutti dipinti con l'ambizione di farne dei poderosi monumenti di emancipazione sociale/razziale.

 

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Qualcosa che ha delle affinità, tanto per restare a Londra, con il ritratto del sarto di Giovan Battista Moroni (1565), dove ad un membro delle classi inferiori (un artigiano) viene concesso probabilmente per la prima volta di entrare nel ristretto novero, preminentemente aristocratico, dei soggetti della grande pittura.

 

The World We Make

HAUSER & WIRTH

23 Savile Row, Londra W1S 2ET

fino al 23 Dicembre 2022

 

 

 

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