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Livia Montagnoli per https://www.artribune.com - Estratti
L’11 agosto 2023, il mandato dell’ormai ex CdA della Quadriennale di Roma è scaduto. Della presidenza di Umberto Croppi, che l’istituzione nata nel 1931 per leggere e valorizzare l’arte contemporanea l’ha guidata dal 2019, completando il processo di rinnovamento avviato dal suo predecessore Franco Bernabè, si ricorderà, innanzitutto, la capacità di ripristinare la missione fondante della Quadriennale, rilanciandola come centro di ricerca (ora sulle arti del XXI secolo) attraverso una molteplicità di attività.
(...) Sotto la direzione artistica (ruolo introdotto in tempi relativamente recenti, sempre da Bernabè) di Gian Maria Tosatti, incaricato per il triennio 2022-2024 e in conclusione di mandato nei prossimi mesi.
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E voci di corridoio sempre più insistenti individuerebbero in Luca Beatrice il nuovo presidente designato: classe 1961, nato a Torino, il curatore d’arte contemporanea, docente, saggista e giornalista – chiamato di recente, nel MAXXI di Alessandro Giuli, a coordinare il team di curatori esterni incaricato di portare proposte e contenuti alla programmazione del Museo delle Arti del XXI secolo – succederebbe dunque a Umberto Croppi. In Quadriennale, Beatrice – già co-curatore del Padiglione Italia alla Biennale d’Arte di Venezia nel 2009 – è stato commissario alla sezione Anteprima della XIV edizione, nel 2004. Se la nomina fosse confermata, il neopresidente condividerebbe il suo percorso con Gian Maria Tosatti, anche se solo per i mesi che restano alla naturale scadenza del mandato da direttore artistico.
Sulla carta, una convivenza non proprio pacifica, considerando l’accoglienza che Beatrice aveva riservato al debutto di Tosatti in Quadriennale, nel 2022, sulle pagine di Libero, polemizzando sulla somma di cariche cumulata dall’artista romano, scelto nello stesso anno anche come unico artista per il Padiglione Italia alla Biennale di Venezia. La scelta di chiamarlo alla direzione artistica dell’istituzione romana, secondo Beatrice, rivelava “la sfiducia nei confronti del curatore, ritenuto fino a non molto tempo fa il deus ex machina in grado di determinare la fortuna critica e mercantile del prodotto. Oggi per capire dove va l’arte non resta che sentire loro, gli artisti. Loro sì che ci sapranno dire, senza conflitti di interesse e con autentica competenza, ciò che va e ciò che non va, quali le tendenze giuste e i personaggi”.
Di più, il curatore torinese si era mostrato critico anche sulla decisione di affidare a Tosatti l’intero Padiglione Italia: “Uno spazio immenso e impegnativo donato a un solo artista, persino Picasso sarebbe stato in difficoltà di fronte a tanti metri quadri”; e strali erano stati destinati dalla sua penna – sempre dotata di un’acuta ironia – anche al malcelato moralismo, a suo dire, di un’operazione molto costosa però giustificata come atto politico, di monito verso la società contemporanea.
“Gian Maria Tosatti” sentenziava allora Beatrice “è dentro il sistema, riverito come un pascià e stimato come un filosofo, ma deve sentire l’odore di marcio e spiegarci come è andata”. Dal canto suo, Tosatti già nel 2015 replicava a un polemico articolo di Beatrice sul profilo degli artisti “Giovani, carini e mosci” invitandolo a mettere in dubbio, invece, il ruolo del curatore (dunque a guardarsi, innanzitutto, in casa): “Cosa ha fatto lui per la mia generazione? Qual è stato il suo contributo reale, come critico e come curatore nell’aiutare la mia generazione a uscire dall’inutilità per essere politicamente e poeticamente incidente?”, incalzava l’artista.
Semmai dovesse presentarsi l’occasione di lavorare insieme, i due sapranno superare gli screzi del passato?
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