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there will be blood antonio conte
1 - IL MARCHIO DI CONTE CHE CAMBIA L' ITALIA "GUAI A CHI FESTEGGIA"
Enrico Currò per “la Repubblica”
L' Italia s' è desta subito dopo l' inno di Mameli e ha cominciato a strabuzzare gli occhi. Quando ha smesso, è rimasta la gratitudine di un italiano su tre - 15,5 milioni di telespettatori e uno share del 52,66% su Raiuno, 2,7 milioni e il 9,3% su Sky, 734 mila e il 2,49% su Rai4 - alla Nazionale: per l'ineccepibile 2-0 al Belgio favorito, per il gioco spettacolare e per la sensazione che gli azzurri, in quest' Europeo, non saranno affatto comparse.
Ma la gratitudine popolare è andata soprattutto all' artefice della metamorfosi di un gruppo di presunte figure minuscole in squadra maiuscola: il ct demiurgo Antonio Conte. Il contismo, filosofia contigua al sacchismo e tuttavia meno divisiva, è dunque diventata il marchio dell'Italia a Euro 2016. Soltanto l'esito finale del torneo potrà inquadrarne la dimensione nella storia del calcio italiano. È però possibile fin d'ora misurarne gli effetti sferzanti.
antonio conte scioglie il sangue di san gennaro
Il più palese è il rispetto degli avversari: adesso l'Italia intravede il traguardo minimo del ritorno tra le prime 10 della classifica Fifa, sogna quello massimo della semifinale e intanto è di nuovo temuta nel presente, non solo per le glorie passate: «Che gli altri abbiano difficoltà ad affrontarci mi pare evidente» (Buffon, capitano). Il più importante è l'autostima dei giocatori: volevano dimostrare alla critica di non essere mediocri e ci sono riusciti: «Ma gli unici sorpresi sono proprio i critici: noi abbiamo sempre saputo il nostro valore» (De Rossi, vicecapitano).
Il più inatteso è l'immagine: declassato a movimento di secondo piano, ostaggio della violenza, il calcio italiano si sta prendendo la sua rivincita: «In un Europeo purtroppo turbolento, i nostri tifosi sono stati i più corretti e il gioco della nostra squadra li ha resi orgogliosi. È la Nazionale a valorizzare i giocatori dei club, non viceversa. Per questo è particolarmente incomprensibile l'ostracismo di qualche società alle rose con almeno 4 calciatori cresciuti in Italia e 4 cresciuti nel vivaio" (Tavecchio, presidente della Figc).
Traduzioni in tutte le lingue del neologismo in voga - "contisme", in francese, è la più immediata - inducono al ripasso del concetto, studiato ai tempi della Juve. Consiste nella totale immersione nel lavoro, di campo e tattico. Mira alla vittoria, sempre e contro chiunque, azzerando le lacune tecniche degli interpreti grazie agli schemi, alla preparazione fisica e alla dedizione quotidiana. Si realizza attraverso superiori nozioni di tattica, impartite ai calciatori fino alla nausea.
Si fonda sul dogma che gli allenatori italiani siano i più preparati tatticamente: Conte assurge a simbolo di una categoria. «Il gioco della Nazionale conferma che i nostri giocatori sanno sempre che cosa fare, quando attaccano e quando difendono. Gli altri, invece, spesso improvvisano e sono ingessati a un modulo prevedibile»: la sintesi è di Gasperini, tattico di provata fama e teorico del camaleontismo. Dopo la vittoria col Belgio l'allenatore Conte - non selezionatore, la parola gli fa venire l'orticaria - ha illustrato con i fatti il contismo.
Si è rilassato «giusto il tempo di mangiare una fetta di torta di mele». Ha arringato la squadra: «Per zittire chi parla a vanvera, c'è una sola strada: rispondere con i fatti e fare qualcosa di straordinario, perché l' ordinario non basta». Ha torchiato, al ritorno mattutino a Montpellier, chi a Lione non aveva giocato. Ha analizzato al video, per poterli mostrare nelle prossime ore agli azzurri, i pochi errori col Belgio: i palloni persi, i contropiedi subiti, le quattro ammonizioni per falli tattici. Ha concesso mezza giornata di riposo agli eroi sfiancati, la maggior parte dei quali è rimasta in ritiro per smaltire la fatica. Ha chiesto ai veterani di spronare i compagni a raddoppiare l'impegno. «Guai a chi si accontenta e guai a chi festeggia. Adesso arriva il difficile, ma anche il bello». C'est le contisme.
2 - L' ANTICA ARTE DI SAPER FARE UN GRUPPO
Gianni Mura per “la Repubblica”
Si percepisce una gran voglia di appiccicare etichette sulle cosiddette filosofie calcistiche. Accantonato il cholismo ecco partire il carro del contismo. Importa solo che il carro appartenga al vincitore. Partita bella e strana, che accomuna nel plauso Trapattoni e Sacchi, ma sarebbe piaciuta anche a Brera e a Palumbo. Un catenaccio scelto, non subìto. Organizzato. Rivisitato, direbbe uno chef alla moda. La linea maginot tanto cara a Rocco schierata non ai bordi dell'area ma più in là. In gergo, difesa alta. Costante ricerca della profondità, vedi azione dell' 1-0 provata più volte nelle ultime amichevoli.
Due-tre passaggi per arrivare al tiro, altra via non esiste. L'abilità di Conte, puntuale all'appuntamento, sta nell' avere scelto il gioco migliore in rapporto ai giocatori che ha. E di avere creato un gruppo senza stelle ma in grado di accendere la luce.
Squadra operaia nel senso dei vecchi valori: solidarietà nella fatica, assistenza reciproca. Bonucci ha parlato di palle quadre, Giaccherini di anima. Ci si muove tra la caserma e il lirismo, è un'Italia che invita all' ossimoro: ha precisi limiti ma non sappiamo il suo limite. Non è bellissima ma piace. La sua forza è nella consapevolezza di non essere forte se non come gruppo.
Il genio della lampada ce l'hanno altri, noi no. Ma non sempre il genio della lampada è sufficiente. Il 2-0 al Belgio, fin troppo ricco di stelle, ci ricorda che il calcio è uno sport di squadra. Troppo spesso ce ne dimentichiamo. La Svezia, col suo totem Ibrahimovic, è stata presa a pallate dagli irlandesi, che per anima e spirito un po' somigliano all' Italia, ma più scarsi.
gianluigi buffon esulta oltre la rete italia belgio
Oltre ai genietti del Belgio, anche Pogba, Rooney, Mueller, Morata non hanno riempito gli occhi. Mentre i mercanti del calcio e molti imbonitori costruiscono monumenti ai top, ai super, ai big. Mentre l' individualismo anche fuori dal calcio sembra avere mandato in soffitta il valore del gruppo, della squadra, del collettivo saldato e motivato, dai campi francesi arriva, almeno per ora, una differente visione del calcio, o vogliamo dire della vita. Può essere smentita, forse lo sarà, ma ricordiamoci della Danimarca, della Grecia, che un Europeo lo vinsero contro ogni pronostico e con la forza del gruppo.
Quando Giaccherini evoca l'anima, non è un modo di dire. Due flash. Contropiede di Lukaku, e chi lo rincorre per tutto il campo? Eder. Pellé segna a pochi secondi dalla fine. Assist di Candreva, che è stanchissimo e non si sottrae a cinquanta metri di corsa per un pallone che sembrava perso. Ecco, questo è metterci l' anima.
bonucci giaccherini italia belgio
3 - “TECNICO MAESTRO” E “ITALIANI ETERNI”. L’EUROPA AMMIRATA E UN PO’ SPAVENTATA
Guido De Carolis per il “Corriere della Sera”
Dopo la vittoria dell' Italia, una delle prime domande ad Antonio Conte l' ha rivolta un giornalista inglese. «Ora gli azzurri possono essere considerati i favoriti del torneo con la Germania?». Il c.t. si è preso i complimenti, poi ha richiamato alla calma: «Siamo stati bravi a ribaltare i pronostici totalmente negativi, ma da sfavoriti non possiamo diventare favoriti perché abbiamo vinto una partita».
La domanda è stata la conferma dei sentimenti che il 2-0 al Belgio ha scatenato verso gli azzurri: ammirazione, rispetto e paura delle altre grandi d'Europa. Prossimo allenatore del Chelsea dove raccoglierà l'eredità di Mourinho, Conte è diventato già una star in Inghilterra, mentre la Nazionale è tornata a essere una minaccia reale e «gli azzurri eterni», come ha sottolineato il quotidiano francese l'Equipe.
L'Italia ha trasmesso una potente immagine di unità, Conte si è svelato come un «maestro di tattica». Il Times tra due mesi se lo ritroverà in Premier League e lo ha esaltato per la perfezione dei movimenti dei suoi giocatori, armoniosi e compatti. Ha quasi scioccato gli avversari europei la nostra difesa per la sua compattezza e la potenza. I francesi del magazine So Foot hanno usato un'immagine da film western per elogiare il trio Barzagli-Bonucci-Chiellini diventati in un colpo «i tre bastardi della difesa».
In Europa hanno dovuto ricredersi in fretta quelli che avevano sottovalutato la Nazionale. C'era chi non la accreditava neppure del passaggio del turno e la stampa britannica, sempre tagliente ma a volte frettolosa nei giudizi, ha già trasformato il c.t. nel miglior allenatore di Euro 2016, capace di ridicolizzare il tecnico del Belgio Wilmots.
Ciò che più ha colpito però è stata un' espressione usata dell' allenatore azzurro: «Siamo disposti a buttare il sangue per andare avanti». Il sacrificio e il richiamo alla spirito sono attitudini molto apprezzate all' estero, soprattutto in Gran Bretagna e in Germania. E fa paura un' Italia così combattiva e realistica, «mostruosamente solida e intelligente tatticamente», ha annotato Le Figaro.
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Il mea culpa degli osservatori stranieri non è solo per aver sottovalutato l' Italia. L'Inghilterra si è dovuta interrogare su come Giaccherini e Pellé abbiano fatto esplodere la bolla del Belgio. Il primo scartato dal Sunderland e finito in prestito al Bologna che non ha ancora deciso di prenderselo per 5 milioni e l' altro che da metà aprile ha giocato appena 70 minuti con il Southampton. «Evidentemente non sono poi così male questi italiani», ha dovuto concedere a denti stretti il tabloid Sun .
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