
DAGOREPORT - LA CERTIFICAZIONE DELL'ENNESIMO FALLIMENTO DI DONALD TRUMP SARÀ LA FOTO DI XI JINPING…
Giancarlo Dotto per Dagospia
Gli strateghi del sequestro di massa hanno firmato il loro capolavoro. Ci prendono il sabato alle 18 e ci riconsegnano alle eventuali famiglie trenta ore dopo, lasciandoci appena il tempo di assolvere le indispensabili funzioni laiche dell’essere sventuratamente fatti di carne e non di legno. Da Carpi-Torino al Milan-Napoli e Fiorentina Atalanta di domenica sera, lo spezzatino en plein. Una meraviglia.
Lobotomizzati dall’inesorabile spartito, dove le cose si gonfiano, i palloni rotolano, le bocche vomitano e le tonsille incendiano. Il sublime si salda al ridicolo quando prende la scena Arrigo Sacchi. Un ingorgo di pupille sbarrate, pause e smorfie che fanno temere il peggio, la tragedia incipiente, ed è invece solo l’antefatto dell’ennesima sentenza spacciata come bolla papale.
Arrigo strabuzza e pontifica: “Questo qua è un uomo. Dovete credere a questo uomo, sa quello che fa, sa mettere insieme le squadre”. L’”uomo” è Maurizio Sarri, praticamente genuflesso, quasi alle lacrime per quell’ecce homo che sa d’investitura.
Rivisto il suo Napoli a San Siro, terzo indizio (dopo Lazio e Juventus), una prova. Questo Insigne, questo Allan e questo Higuain sono dinamite pura. Quella di Sarri è squadra vera che gioca mille all’ora. Lo scudetto se lo giocano in due, forse tre. Napoli, Roma e, forse, molto forse, Inter. La copertina è tutta di Paulo Sousa.
La sua Fiorentina è la testa della classifica dopo sedici anni, ma l’occhio semidivino al centro dell’impresa è tutto del tecnico portoghese. Il sospetto forte è che il catalogo delle panchine abbia trovato il nuovo carismatico capace di alzare alle stelle il modesto coefficiente d’impatto di un mister sulle sorti di una squadra. Intelligente e caldo, emotivamente sempre nel cuore delle cose, senza mai perdere un grammo di lucidità. Nessuno a Firenze è più orfano di Montella e di Salah.
Rudi Garcia e Gervinho respingono al mittente i detrattori con i loro sciacquoni incorporati. L’ivoriano, in particolare, ma tutta la Roma sono un pernacchio vivente alla boria dell’opinionismo di massa che ammorba la città. Costretto ogni volta a spericolati contorsionismi per rimasticare lo sputo delle sue sentenze. La Roma transita negli stessi novanta minuti da leggiadri atti di potenza, quasi sempre governati dal piede celeste di Pjanic, a svenimenti da donzella esangue.
Il sospetto, in questo caso, è che Florenzi non sia solo un ottimo giocatore ma un fuoriclasse spendibile ovunque. Male le milanesi. Graziata l’Inter a Genova dal più grottesco gol mancato della storia, il Milan lascia il suo Sinisa senza parole e l’occhio perso delle triglie dimenticate a marcire in un mercato chiuso per fallimento. “Le ho provate tutte”. Se non è una dichiarazione di resa, poco ci manca. La fantasia rossonera si chiama Donadoni.
ferrero
samp inter
mancini zenga
morata juventus
keita
juventus
insigne
garcia
insigne 3
gervinho de rossi 1
borja valero
fiorentina 1
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