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“Sento di dover tornare su un argomento che pensavo di avere già chiarito in passato: non ho e non voglio avere niente a che spartire con idee antisemite, razziste, discriminatorie, violente. Ritengo, senza se e senza ma, che le leggi razziali volute da Mussolini siano state una terribile infamia per la storia del nostro Paese. Un’infamia che causò un’immane tragedia per migliaia di ebrei in Italia. Questa è la mia posizione convinta e determinata”.
Così l’ex calciatore Paolo Di Canio in un messaggio inviato alla presidente dell’Unione delle Comunità Ebraiche Italiane Noemi Di Segni. A pubblicarlo è il portale dell’ebraismo italiano www.moked.it, che lo scorso settembre aveva contestato la partecipazione di Di Canio come opinionista, con tanto di vistoso tatuaggio Dux sul braccio destro esibito negli studi di Sky Sport, a un programma di approfondimento dedicato al calcio inglese. Alla presa di posizione era seguita la sospensione dello stesso Di Canio dal programma.
CONTRIBUTO — “Qualche anno fa - scrive ancora Di Canio - ho chinato la testa di fronte al dolore di alcuni superstiti di Auschwitz che ho conosciuto nel corso di un incontro a Roma.
Essendo io un personaggio pubblico, credo di dover dar conto di questo mio sentire così da contribuire, per quanto mi è dato, ad una sensibilizzazione dei nostri giovani verso sentimenti di solidarietà e rispetto, per unire e non per dividere, contro ogni forma di odio, di antisemitismo e di razzismo”.
Per poi aggiungere: «Dopo quello che, mio malgrado e contrariamente alla mia volontà, è recentemente accaduto, voglio dunque ribadire questi miei convincimenti, scrivendo alla Presidente dell’Unione delle Comunità Ebraiche Italiane perché ne sia portavoce verso tutte le Comunità, così da chiudere una pagina recente di dolore e di amarezza, anche per me”.
RESPONSABILITÀ — La presidente Di Segni ha subito commentato: “I tempi che viviamo impongono grande attenzione alle parole che usiamo, ai gesti che compiamo e ai simboli che accompagnano la nostra vita privata e in pubblico. Un senso di responsabilità, nell’arginare ogni forma di odio, che grava ancor più a chi si rivolge al grande pubblico e che ricoprendo un preciso ruolo ha una chiara riconoscibilità mediatica, e inevitabilmente concorre a formare le coscienze e le opinioni soprattutto dei giovani”.
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