il figlio dell uomo magritte

NON CI SIAMO INVENTATI NIENTE! LA STORIA DEL SELFIE E' ANTICA, MA PRIMA ERA APPANNAGGIO SOLO DI ARTISTI CHE FACEVANO RITRATTI E AUTORITRATTI, NON RESTITUENDO MAI LA VERITA', SOLO LA VERSIONE CHE SI VOLEVA DARE AL MONDO - ECCO COME COME SIAMO ARRIVATI DALLE INCISIONI SUL LEGNO A 24 MILIARDI DI SELFIE IN UN ANNO, PUR DI LASCIARE UN SEGNO

SELFIE CON TORO A PAMPLONASELFIE CON TORO A PAMPLONA

Noah Charney per “Salon

 

Partiamo citando le parole di René Magritte, che dicono più o meno così: “Una faccia non è una faccia finché non la guardi». Un comico bosniaco è l’ultima persona che ti aspetteresti di sentir parlare del surrealismo, dell’esistenzialismo di Sartre, della neuroscienza e del riconoscimento facciale, eppure è proprio quello che fa Perica Jerkovic nel suo one man show, il cui cui è obiettivo non è solo provocare una risata.

 

kim nel selfie degli oscarkim nel selfie degli oscar

Nel suo spettacolo “The History of the Dumbas Selfie” usa un enorme iPhone, eretto davanti a lui come un monolite, riceve chiamate di amici, mostra foto (autoscatti inclusi) e discute di opere d’arte. Il tutto è volto a dimostrare come il selfie sia un grido per ricevere attenzione in un mondo basato su immagine e informazione. Ogni giorno, nel mondo si fanno 93 milioni di selfie. Il millennial medio ne fa oltre 25.000 nella vita. Nel 2015 su Google ne sono stati caricati 24 miliardi. Dal 2014, 49 persone sono morte facendosi un selfie, tutte sotto ai 33 anni.

van goghvan gogh

 

Ecco perché “Mi piace” diventa così importante. Unisce un senso di disperazione alla vanità, al pathos, al bisogno di visibilità. Il selfie è un segno, la prova che sei stato da qualche parte o che sei qualcuno (basti vedere il flusso di visitatori che si fanno la foto con La Gioconda senza mai nemmeno guardarla). Il fenomeno non è niente di nuovo. Prima di internet, per lasciare un segno, si usavano penne e matite, prima ancora incisioni nel legno, e il ritratto dei soggetti era sempre limitato alle abilità dell’artista.

 

frida khalo 4frida khalo 4

I selfie dell’era pre-fotografica erano limitati agli artisti, che si facevano autoritratti. Fino al 18°secolo però i materiali erano così costosi, che gli artisti lavoravano quasi solo su commissione. E a commissionare erano potenti del clero e politici, che certo non pensavano di finire in un museo, e soprattutto, sapendo che la loro immagine sarebbe stata una e unica, ci tenevano che fosse migliore della realtà. Posavano con il profilo migliore e si facevano correggere i difetti, anticipando il Photoshop.

escher escher

 

Secondo le statistiche di oggi, una donna giovane passa di media 16 minuti al giorno a scattare selfie. Il che significa che posta solo i migliori e cancella il resto. I selfie, come i ritratti, non sono dunque la restituzione onesta di una persona, ma la versione selezionata in base a come vorremmo che ci vedessero gli altri. E come ci vedono, esattamente? Eric Kandel, neuroscienziato da Nobel, ha fatto parallelismi sul modo in cui il cervello processa l’arte e il riconoscimento facciale, usando la stessa zona. La circonvoluzione temporale inferiore distingue e suddivide ciò che vediamo. Applicato alla vita: se gioco con le mie figlie a nascondino e balzo fuori dal buio all’improvviso, non c’è problema, ma se sto in piedi, alla luce, e mi copro il viso, loro vanno fuori di testa. Sanno che sono io, ma il cervello entra in modalità panico.

 

vecchio selfie kimvecchio selfie kim

Così torniamo a Magritte. Nel suo dipinto del 1964 “Il figlio dell’uomo” c’è un uomo d’affari con bombetta e il viso è nascosto da una mela. Magritte ammirava Sartre, il quale parlava dell’importanza dell’incontro fra gli sguardi delle persone. Senza quelli, non si possono conoscere. Sentiamo di non comprendere una persona, finché non la guardiamo negli occhi. Nei ritratti, autoritratti e selfie, creiamo una versione di noi che vogliamo far vedere al mondo. E’ una forma artistica, dove il soggetto è il volto per come desideriamo farlo apparire. Siamo ciò che siamo in base al volto che scegliamo di mostrare.

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