RIUSCIRÀ SALVINI A RITROVARE LA FORTUNA POLITICA MISTERIOSAMENTE SCOMPARSA? PER NON PERDERE LA…
Francesco Persili per Dagospia
“Perdon, don Andrés”. Non è mai troppo tardi per chiedere scusa ad Andrés Iniesta. Lo fece già nel 2010 France Football dopo che il Pallone d’Oro finì a Messi e non al "Cavaliere pallido" di Fuentalbilla che con il suo gol regalò il primo Mondiale alla Spagna. “Perdon, don Andrés”, la più grande vittima del duopolio Messi-Cristiano Ronaldo.
Nel giorno in cui l’ex centrocampista del Barcellona annuncia il suo ritiro dal calcio, a 40 anni, tornano in mente le parole di Pascal Ferré di France Football che giudica “dolorosa” l’assenza di Iniesta dalla "short list" dei vincitori del Pallone d’Oro.
Arrivato imberbe alla "Masia", il cuore pulsante del vivaio blaugrana, Iniesta se ne è andato da Barcellona 22 anni dopo con 9 campionati spagnoli, 4 Champions League (senza contare il Mondiale e i due Europei con le Furie Rosse). È uscito dalla porta grande tra 11 minuti di applausi e un mare di lacrime. L’immagine di lui che a tarda notte, rientra nello stadio vuoto, va a sedersi, da solo, in mezzo al campo, è da kolossal. A piedi nudi nel Camp Nou.
Passano le immagini delle sue giocate, resta la capacità metafisica di far sembrare il calcio il gioco più semplice del mondo. Metronomo, assist-man, semplificatore, uomo ovunque. Un "tuttocampista", come si dice oggi.
“Non segno abbastanza, cosa dovrei fare?”, chiese a Pep Guardiola prima della semifinale di ritorno nella Champions League del 2009 contro il Chelsea a Stamford Bridge. Inutile dire che quella partita la risolse lui. “Iniesta mi ha insegnato che non bisogna dare mai nulla per spacciato. Improbabile non è impossibile. Quello che non segnava mai è stato quello che ha segnato il gol decisivo”, la chiosa dell'allora tecnico del Barcellona.
lionel messi con pallone doro tra iniesta e xavi
Un antieroe, con le sue fragilità e i lati oscuri. In una puntata del podcast “The Wild Project” Don Andrès raccontò di quando aveva perso la voglia di vivere a causa della depressione: “Abbracciavo mia moglie, ma era come abbracciare un cuscino. Il momento migliore della giornata era quando prendevo le pillole e andavo a letto”. Il fatto che non sia riuscito mai a conquistare il Pallone d’Oro non lo ha scalfito più di tanto. “Non è una spina nel fianco”.
Avrà probabilmente ragione l’ex ct della Spagna, il “marchese” Del Bosque, quando dice che “nessun Pallone d'oro vale più della stima dei tuoi compagni di squadra”. E nello spogliatoio blaugrana c'era un certo Messi. Chissà se senza Iniesta, Leo sarebbe stato così bene in quel Barcellona...
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