“CHIARA, TI RICORDI QUANDO HAI AMMESSO A FEDEZ CHE TI SEI SCOPATA ACHILLE LAURO?” - IL “PUPARO” DEL…
Enrico Sisti per “la Repubblica”
«Siamo nel ventunesimo secolo! Ma è possibile tutto questo?», dice la vittima di una persecuzione omofobica, un giovane arbitro spagnolo di 21 anni, stanco di vessazioni eppure ancora incredulo.
Ma Jesus Tomillero si sbaglia. Su certi campi di calcio delle categorie giovanili, in qualunque paese, per quanto evoluto, di inferiore c’è solo la cultura di chi lo frequenta, amici, famiglie, c’è l’approccio alla vita che confonde il tifo con l’odio, c’è l’istigazione a offendere che con un lessico arcaico passa da padre a figlio e dalla tribuna al campo.
Umanità e modernità rimangono fuori: «Quelli che insultano un arbitro gay sono gli stessi che poi chiedono all’allenatore del figlio se non sia il caso di ricorrere al doping per assicurarsi un posto fisso tra i titolari», racconta un giovane giornalista spagnolo che segue il calcio minore raccogliendo testimonianze allucinanti. Questi inferni sono lo specchio di arretratezze che nulla hanno a che fare con il censo: «Qui tutto è lecito».
Dove Jesus Tomillero, a più riprese, viene trattato come una barzelletta umana (siamo nella “Tercera Andaluza”, giocano i ragazzi fra 14 e 15 anni), «brucerebbero ancora le streghe». In mancanza di legna si contentano di offendere un omosessuale equiparandolo alla feccia.
Se poi l’omosessuale fa l’arbitro e fischia un fuorigioco alla squadra di casa, capita che un dirigente della Peña Madridista Linense si senta spinto a esclamare: «Brutto succhiac...i! Ti piace farti aprire il c..o, vero?». Poi come un mafioso di Little Italy si volta verso il pubblico per ottenere il massimo consenso. Tomillero va in tv, una, due volte, racconta la sua storia, parla di questo calcio pattumiera che costringe gli omosessuali a vivere nascosti, nella paura.
Ottiene l’appoggio del Premier Rajoy, di Podemos. Il dipendente del Peña viene interdetto per 9 turni. Ma non serve a niente. Arriva l’ultima goccia di medioevo. Il rigore assegnato da Tomillero al San Fernando Isleño, ospite del Portuense, scatena gli spalti dei padroni di casa. Lo riconoscono: «Sei l’omosessuale che va in televisione. Vuoi diventare famoso, brutto f....o?». «La cosa più atroce», racconta Tomillero, «è che in tribuna tutti ridevano.
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Mi chiedo cosa possano genitori del genere insegnare ai figli». La misura è colma. Dopo 10 anni Tomillero informa i superiori di voler interrompere la propria attività: «Tempo fa dissi il contrario, che non mi avrebbero condizionato. Ma ora non ne posso più. Se continuo, peggiorerà». E così adesso anche il suo tempo si è fermato. La caccia alle streghe no. Quella continua.
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