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Giulia Zonca per la Stampa
I nuovi ricchi sono diventati forti ed è la prima volta che succede. Il calcio conosce da sempre i club storici, abituati a vincere a cadenze fisse, gli outsider destinati a ballare una stagione ad alti livelli e poi rientrare nei ranghi e da un po' frequenta i club geneticamente modificati. Piazze con il potenziale ingrassate di petroldollari come Il Manchester City e il Psg. Solo che ora il Psg è arrivato nell' élite e si porta dietro una mappa.
Cambiare il livello di una squadra sembrava impossibile, soprattutto in Europa, ma il 4-0 rifilato al Barcellona sposta il Paris-Saint-Germain e lo trasforma anche in un esempio. La strada l' ha aperta il Chelsea di Abramovich, ma lì si partiva pur sempre da una crescita, da successi precedenti ai soldi, una svolta esaltata da un oligarca. Qui sono partiti in pratica da zero.
Il fondo del Qatar Qsi ha comprato la squadra nel 2011. Come primo atto ufficiale, l' amministratore delegato e patron Nasser Al-Khelaïfi ha invitato a cena i precedenti presidenti e ha chiesto: «Il vostro più grande errore?». Sinceri o no hanno tutti più o meno risposto allo stesso modo: «Dovevamo spendere di più all' inizio». E gli emiri hanno speso.
Oltre 600 milioni in cinque anni, 143 assorbiti dall' ultimo mercato tra estate e inverno.
E bisogna aggiungere gli 80 milioni di euro per rinnovare lo stadio. Fondi senza limiti e pure critiche feroci nelle stagioni passate a consumare il triplo degli incassi. Il campionato francese non ha i ritorni della Premier, i diritti pagano ma non assicurano un tesoro. Solo che il Psg non si è limitato a vincere la Ligue 1 come sembrava. Quattro titoli di seguito e sempre fuori ai quarti in Champions, traguardo ancora tutto da superare nel 2017, eppure questa resta comunque la data della svolta.
Forse il Barcellona è in crisi di suo, certo Messi non era in serata, Luis Enrique ha seri problemi di gestione. Da molto prima della sfida di Parigi.
Tutto vero, ma Trapp, il tedesco che cura la porta del Psg è solo il terzo portiere che non prende gol da Messi, Suarez, Neymar e il Barça è passato ai quarti negli ultimi nove anni ed era considerato il favorito del torneo dall' algoritmo Uefa.
Il nuovo Psg ha usato risorse illimitate, ha cambiato 4 allenatori, ha restaurato lo stadio concentrandosi su palchi vip dove si mangia vista partita e poi si resta per il dj set, ha cambiato il logo con la Tour Eiffel più grande e la scritta Paris ben visibile, ha inventato il motto «Rêvons plus grand», sogniamo più in grande. Sembrava megalomania, era un progetto.
Oggi è la sesta squadra più ricca del calcio e ha riequilibrato gli scompensi. Contro i blaugrana c' erano 4 francesi, due cresciuti in casa, uno esordiente: Kimpembe, schierato al posto del capitano infortunato Thiago Silva. Magari era una serata perfetta, ma l' ultima volta che il Barcellona ha rimediato 4 gol in Champions è stato contro il Bayern, nel 2013. I tedeschi hanno vinto la Coppa.
2. EMERY, IL BASCO MANIACO DEL FOOTBALL
Tony Damascelli per il Giornale
Occhio alla carta di identità, prendetevi un giorno di riposo: Unai Emery Etxegolen Alza Virto Arocena Aizpitarte Exposito Etxeberria. Tutta questa roba in un uomo solo, l' eroe della notte di Parigi, l' idea fatta allenatore, Emery, il basco che non si sente totalmente spagnolo e ha fatto macerie dei catalani di Barcellona, pure loro poco spagnoli. Fine del tiki taka, tramonto della macchina perfetta, trionfo della corsa e della passione, della tecnica e della tattica, totale: il football di sempre ma moderno, rapido di fosforo, agile di muscolo, prepotente e non soltanto potente.
Emery non ha un passato illustre da calciatore. Viene da una famiglia di portieri, il nonno, il padre, lo zio e anche suo figlio, giovanissimo con il Valencia. Quando incominciò a giocare a football lo chiamavano Tony Montana, aveva capelli e volto come Al Pacino protagonista di Scarface.
Non faceva sfracelli con il pallone ma con le donne sì. I capelli, oggi, sono uno dei suoi segni distintivi, sfidano il buco dell' ozono per la quantità industriale di brillantina, ridetta gel, che li rendono compatti, lucidi, come sulla cabeza di certi bambolotti di porcellana. Emery ha vinto tre coppe dell' Uefa, consecutivamente, il suo triplete è unico per questo, a Giovanni Trapattoni riuscì la stessa impresa ma in anni distinti.
La vittoria sul Barcellona assume un peso storico per i parigini, Emery in verità aveva già liquidato, con il Siviglia, Luis Enrique e la sua orchestra nelle sfide della Liga. Vincere, per lui, è un dovere, così come il mestiere di allenatore. Direi un' ossessione, maniacale, dieci, undici ore a visionare filmati, a studiare gli avversari ma anche i suoi dipendenti ai quali richiede la stessa applicazione.
Parigi val bene una mossa, si potrebbe giocare ma non troppo perché Emery è un professore severo, lo chiamano ancora El Catedratico, appunto per il rigore del suo impegno quotidiano, per il rispetto assoluto dei doveri di un professionista; appoggia sul tavolo due Ipad, va alla lavagna e illustra le lezioni della sua vita: valori, umiltà, ambizioni. Aggiunge che il mondo senza il football sarebbe senza sentimenti ed emozioni. Così è il professore basco che ha castigato i presuntuosi blaugrana, detti blaufrana.
Sembra un sogno ma è Parigi. Deve imparare la lingua, per il momento si esprime come Totò in piazza Duomo. Ma c' è poco da ridere. Emery parla con i fatti, tutti gli altri suoi nomi di battesimo, da ottotipo che sarebbe il tabellone dell' oculista, servono soltanto all' anagrafe. Tony Montana è il gigolò che fa sognare i parigini e disperare i catalani.
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