DAGOREPORT - SI SALVINI CHI PUO'! ASSEDIATO DAL PARTITO IN RIVOLTA, PRESO A SBERLE DA GIORGIA…
Federico Pontiggia per il Fatto Quotidiano
"Pasolini era incazzato da morire. Penso fu una delle cose più brutte della sua vita, quella partita, e infatti non ne parlava mai". Non che ebbe tanto tempo per farlo: neanche otto mesi, tra quel 16 marzo alla Cittadella di Parma e il 2 novembre all' Idroscalo di Ostia. 1975, Pier Paolo Pasolini ha 53 anni, muore dietro una porta da calcio, fuori dal gioco della vita, ancora dentro una passione: "Un bravo calciatore", risponde due anni prima al 'che cosa le sarebbe piaciuto diventare?' di Enzo Biagi.
"Dopo la letteratura e l' eros, per me il football è uno dei grandi piaceri".
La declinazione è rossoblu, l' idolo Biavati e il doppio passo che proverà a imitare con successo, la denominazione d' origine i Prati di Caprara, "i pomeriggi che (ci) ho passato a giocare a pallone sono stati indubbiamente i più belli della mia vita". I colori del Bologna se li tiene addosso anche in trasferta, in quella domenica di primavera sottratta alla provincia e riguadagnata al mito: "Sarà una partita epica, leggendaria nei racconti della gente di cinema che vi partecipò, ma praticamente sconosciuta al pubblico", osserva il regista Alessandro Scillitani. Partita larger than life, già numericamente: non si affrontano i canonici undici contro undici, bensì Centoventi contro Novecento.
Uno scazzo - lo scarso apprezzamento di PPP per Ultimo tango, vai a sapere - val bene una partitella riparatoria, anzi, la madre di tutte le partite: la rappresentativa della troupe di Salò o le centoventi giornate di Sodoma di Pier Paolo Pasolini affronta l' omologa di Novecento di Bernardo Bertolucci. I set sono vicini, l' amicizia tra PPP e BB antica, la pasoliniana - e fascista nell' affresco di Bernardo - Laura Betti apparecchia la singolar tenzone: Centoventi contro Novecento, l' icastico titolo del documentario di Scillitani, scritto da Alessandro Di Nuzzo "ricostruendo minuziosamente la storia di quella domenica e la memoria ancora viva dei protagonisti". Un film ricchissimo, quello "dei capelloni", l' altro povero, "con i ragazzi di strada", l' utopia di BB , tesa "all' emancipazione dell' uomo" e rischiarata dal "sol dell' avvenire", e la distopia di PPP , concentrazionaria e sadiana: le due anime del secolo breve a rincorrere il pallone e cercare il goal.
pasolini bertolucci la comare secca
Così lontani, così vicini, Bernardo e Pier Paolo: il primo osserva dalla panchina, si ritaglia il ruolo dell' allenatore e fa tagliare alla costumista Gitt Magrini casacche viola con banda gialla "novecentesca" e, addirittura, calzini arcobaleno psichedelici per disorientare l' avversario; il secondo tiene fede a se stesso, che a Parma come a Bologna, la borgata Donna Olimpia e Ciampino in campo ritorna bambino, che per qualcuno giocava "ala sinistra e correva sempre", per altri "ala destra ed era una farfalla", per tutti "anche due contro due voleva vincere".
Triste solitario y final solo all' Idroscalo, prima nel calcio, da lui inteso quale "l' ultima rappresentazione sacra del nostro tempo: è rito nel fondo, anche se evasione", Pasolini si trasfigura, il suo volto abitualmente atteggiato a "pugno si fa carezza". Eppure, il 16 marzo 1975 non basta per vincere: i valori in campo non direbbero, giacché PPP "sembra Maradona" e la sua compagine "il Brasile", ma Centoventi contro Novecento non raddrizza le sproporzioni oltre il due a cinque goal. Pasolini esce per infortunio - intenzionale entrata omicida di un armadio chiamato Barone - e subito i bertolucciani recuperano i due gol di svantaggio: l' arbitro del secondo tempo è di Salò, ma la prospettiva di lavorare con i "ricchi" alletta, sicché fischia due rigori inesistenti per il team di Novecento.
C' è di più: l' animus pugnandi che i parmensi rivendicano viene rinforzato alla bisogna con qualche elemento professionistico, non troupe cinematografica, ma giovanili calcistiche. Tre, quattro virgulti di talento per volgere a proprio favore le sorti dell' incontro, e tra questi - udite, udite - più di qualcuno annovera Carlo Ancelotti, all' epoca quindicenne del Parma: che l' attuale allenatore del Napoli, già centrocampista sopraffino Roma e Milan, sia stato l' uomo in più per Bertolucci, e in meno per Pasolini, be', bella storia.
Presente o meno in quella Cittadella agonistica, Carletto non bevve dalla coppa dei vincitori: Bertolucci la fece riempire di Dom Perignon e la offrì ai vinti. Molti dei Centoventi declinarono l' offerta, "il rosicamento era generale". Ma la torta, quella sì, la mangiarono tutti, con le mani, a centrocampo. Anche Pasolini: era il 16 marzo del 1975, era il trentaquattresimo compleanno del suo amico Bertolucci.
bernardo bertolucci ph adolfo franzo'bertolucci (4)
pier paolo pasolini sul set di salo' 1pier paolo pasolini sul set di salo'Pasolini nelle periferie di Romasalo' pasolinipier paolo pasolini ninetto davolipier paolo pasolini sul set di salo' 2bertolucci pasolini accattone
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