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Marco Zorzo per leggo.it
Ci sono partite che restano nella memoria collettiva. E non si dimenticano. Soprattutto quando di mezzo c’è una lattina killer, finita sulla crapa di Roberto Boninsegna. Già, Borussia Moenchengladbach-Inter, secondo turno (ottavi di finale) Coppa Campioni 1971-72. Andata in Germania, mercoledì 20 ottobre di 49 anni fa. Non c’è la diretta televisiva (all’epoca nei primi turni non si usava). Tutti incollati alla radio, inevitabilmente, con Enrico Ameri a raccontare le gesta dei nerazzurri targati Giovanni Invernizzi.
Quel Borussia era sicuramente più forte del ‘Gladbach attuale, guidato in panchina da Hans Weisweiler e in campo da gente come Netzer o Vogts e Heynckes: sembra una sfida normale, passerà alla storia come la partita della lattina.
Quell’oggetto, lanciato in campo poco prima della mezz’ora di gioco, con il risultato sul 2-1 per i tedeschi, infatti, colpisce alla testa Bonimba, autore del gol dei nerazzurri - che stramazza al suolo tramortito, privo di sensi e con un bernoccolo. Sandro Mazzola si china, raccoglie qualcosa, la consegna all’arbitro, l’impacciato olandese Porpman. È una lattina di Coca Cola, probabilmente la stessa che ha colpito il bomber interista, anche se in molti sostengono (e continuano a farlo) che il Baffo (Mazzola) ne avesse raccolta una a caso fra quelle lanciate in campo.
L’andata del secondo turno (ottavi di finale) della Coppa dei Campioni, antesignana dell’attuale Champions, è ormai macchiata da un episodio che, in seguito, si rivelerà determinante per il passaggio del turno.
Per i tedeschi «si tratta di una messinscena», non per gli interisti, usciti sconfitti dal campo 7-1, ma scioccati da quell’episodio. «È stato tutto vero, nonostante qualcuno, come il centravanti Jupp Heynckes, abbia messo in dubbio la mia moralità - sbotta Boninsegna, -: io non ho mai fatto scena, questa è la verità. Forse Heynckes non ha ancora digerito i 4 gol presi a San Siro nel ritorno.
E poi, il referto lo stilò un commissario francese dell’Uefa, mica io. Mi era arrivato di tutto addosso: lattine, bottiglie, sputi. Sicuramente una lattina mi è arrivata in testa. Mi portarono negli spogliatoi e, fra il primo e il secondo tempo, ricevetti la visita del commissario francese dell’Uefa, che consultò anche il dottor Angelo Quarenghi, nostro medico sociale. Noi pensavamo di vincere a tavolino, a dire il vero, perché l’arbitro ci disse che, dopo quel fattaccio, considerava la partita ormai finita».
L’arringa dell’avvocato Peppino Prisco, vice-presidente interista e inviato nella sede dell’Uefa a Ginevra, fece il resto, indirizzando la decisione della Disciplinare. I tedeschi si appellarono al fatto che a lanciare la lattina era stato un italiano al seguito dell’Inter. Ma non valse a nulla. L’Uefa decretò la ripetizione del match: non si sarebbe, però, giocato a Moenchengladbach, ma a Berlino. «Vincemmo la sfida di ritorno per 4-2, a San Siro, segnai anch’io: nella ripetizione, in Germania, li bloccammo sullo 0-0, grazie anche alle parate di Bordon, sostituto di Lido Vieri, che era il titolare».
ROBERTO BONINSEGNA ROBERTO BONINSEGNA ROBERTO BONINSEGNA teo teocoli imita peppino priscoROBERTO BONINSEGNA ROBERTO BONINSEGNA
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