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Estratto dell’articolo di Marco Belpoliti per “la Repubblica”
Sul tavolo dello studio di Tullio Pericoli c' è un libro: Storie della mia matita. L' ha pubblicato le Edizione Henry Beyle, un contenitore di tantissimi disegni, scarabocchi, realizzati da quello che il pittore marchigiano definisce il suo "sesto dito", la matita.
Parliamo di scarabocchi perché al festival che si apre oggi a Novara, Pericoli terrà due laboratori: uno di disegno con i bambini e l' altro con adulti sul ductus, insieme a Giuseppe Di Napoli, artista e saggista.
Belpoliti: Cosa sono gli scarabocchi?
Pericoli: In un libro di Roberto Calasso, Il cacciatore celeste, c' è una frase detta dal custode d' una caverna con incisioni preistoriche: "Todos los adornos son escrituras": "Ogni immagine è un testo scritto".
Significa che le immagini raccontano, usando dei segni, dei gesti che compongono un alfabeto, e sono riconducibili a parole. Gli alfabeti nascono da gesti tracciati sui muri delle caverne, quindi dal gesto che voleva rappresentare un' immagine. Non sono un antropologo, ma penso che questa possa essere una spiegazione plausibile del rapporto tra pittura e scrittura. La prima linea è stata quella che ha definito il mondo.
scarabocchio di tullio pericoli
Se non ci fosse la linea noi non sapremmo bene com' è fatto un albero o una bottiglia. L' invenzione della linea ha prodotto tutta una serie di forme espressive e conoscitive che vanno dalla pittura alla scrittura, e anche alla simbologia.
Belpoliti: Secondo te cosa sono gli scarabocchi dei bambini o quelli degli adulti? Distingueresti i primi dai secondi?
Pericoli: Gli adulti scarabocchiano, i bambini disegnano. Noi leggiamo i segni dei bambini come scarabocchi, perché somigliano a certi disegni che facciamo da grandi in momenti di distrazione, quando siamo in una riunione, al telefono, quando lasciamo andare la mano su un foglio. I bambini quando tracciano dei segni penso vogliano rappresentare qualcosa, non scarabocchiare. Da dove viene la parola scarabocchio?
Belpoliti: In italiano significa "parola mal scritta, al limite dell' illeggibile, quasi uno schizzo"; contiene sia la scrittura che il disegno. Viene da "scarabotto", scarafaggio, secondo alcuni; altri sostengono che è la fusione di due parole francesi "escarbot", scarabeo, e "escargot", chiocciola, forse perché la macchia d' inchiostro dello scarabocchio è simile all' impronta lasciata da uno scarabeo o dalla chiocciola.
Pericoli: La suddivisione tra il disegno del bambino e lo scarabocchio dell' adulto è fondamentale, c' è una differenza.
Belpoliti: Quindi secondo te i bambini scrivono?
Pericoli: Anche. Ogni segno è riconducibile a una storia, a un discorso che vogliamo fare. Quindi anche i bambini vogliono parlare attraverso i loro segni, in un modo diverso dall' adulto, perché non c' è ancora quel passaggio dato dagli anni della conoscenza, dalla razionalità, in cui avviene una sorta di sosta, di pausa della fantasia libera. Da adulti c' è poi un ritorno a questa fantasia, ma è stata, diciamo così, razionalizzata.
(…)
Belpoliti: Allora gli scarabocchi degli adulti?
Pericoli: Questi scarabocchi appartengono a dei momenti di liberazione, di qualcosa d' inespresso in noi. Credo che nascondano un desiderio di racconto. Ci liberiamo perché sappiamo che non verranno giudicati, che saranno gettati via. A proposito, ho una raccolta di scarabocchi; li ho ottenuti in cambio di miei ritratti: Eco, Moravia, Arbasino, Kundera, Bene, Bufalino e altri.
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