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di Alessio Schiesari per “Il Fatto Quotidiano”
Lo Special è sempre special. Sia quando vince (spesso), sia per come perde. A ogni sconfitta che conta, José Mourinho inventa uno show nuovo: gesti delle manette, offese all’arbitro, dita negli occhi agli avversari e l’immancabile raffica di dichiarazioni polemiche. L’ultima in ordine di tempo, la prima dell’anno, è quella seguita al derby di Londra contro il Tottenham. Cinque a tre dice la fredda cronaca. Manita, replicano i detrattori del tecnico portoghese, e rinominano un dito per ogni marcatore: Kane, Rose, Townsend, Kane e Chadli.
Di fronte a una batosta così, uno potrebbe rifugiarsi nelle frasi di circostanza. Non Mou, che dopo aver ricordato a tutti “odio perdere”, se la prende con l’arbitro, reo di non aver visto un rigore su Hazard perché troppo lontano dall’azione. Poi, nel caso il messaggio non fosse chiaro, rilancia: “Ci sono stati importanti regali di Natale negli ultimi due match, non nei nostri confronti, ma a favore degli avversari”. Per molto meno in Premier League normalmente ci si becca una squalifica. Lo Special One è già stato graziato a fine dicembre quando, dopo il pareggio col Southampton, aveva denunciato “una campagna (arbitrale, ndr) contro il Chelsea”.
Le ultime intemperanze del tecnico lusitano, per quanto inusuali per gli standard british, sono nulla in confronto agli show passati di Mourinho. Questi i precedenti più clamorosi.
LA FINE DI UN ARBITRO. Correva l’anno 2005. Mourinho, dopo la clamorosa Champions vinta col Porto, siede per la prima volta sulla panchina del Chelsea. Agli ottavi incrocia il Barcellona. All’andata arbitra l’internazionale svedese Anders Frisk, che mostra un doppio giallo a Didier Drogba. Mou accusa il fischietto (14 anni di carriera, tra cui la finale dell’Europeo 2000) di avere invitato l’allenatore del Barça, Frank Rijkaard, nel suo spogliatoio durante l’intervallo. L’Uefa definisce lo Special One “nemico degli arbitri” e lo sospende due partite. Va peggio a Frisk: due settimane dopo “l’incidente” annuncia il suo ritiro dal calcio in seguito alle minacce di morte ricevute dai fans del Chelsea.
MANETTE A TAGLIAVENTO. Quando l’Inter, è il febbraio 2010, ospita in casa la Sampdoria, per Mou è una gara speciale. Vuoi perché la più brutta sconfitta dei suoi trascorsi nerazzurri era arrivata un anno prima proprio contro i blucerchiati (3 a 0). Vuoi perché Tagliavento espelle sia Samuel che Cordoba. Il portoghese si gira verso le telecamere e mima il gesto delle manette. Si becca una maxi-multa e tre giornate di squalifica. Lui si chiude in silenzio stampa (trascinando con sé tutto lo spogliatoio) e si piglia la Champions.
BASTA IL LABIALE. Ancora 2010, questa volta a Madrid. Durante la partita di Copa del Rey contro il Murcia, Mourinho si sbraccia per protestare contro un cartellino giallo. L’arbitro José Luis Paradas Romero si avvia verso lo Special One per placare gli animi. Le labbra di Mourinho scandiscono un poco traducibile “vete a la mierda”. Tre anni dopo, il portoghese e l’arbitro tornano a incontrarsi. A fine primo tempo Sergio Ramos è già negli spogliatoi per doppio giallo. Per tutto il resto dell’incontro Mourinho dà spettacolo, inveendo contro Paradas. Questa volta però l’arbitro non se la sente di espellerlo. Viene convocato dal presidente dell’associazione arbitri spagnola che lo redarguisce. Lui non ci sta e lascia il calcio a soli 40 anni. Due a zero per Mou.
OCCHIO PER OCCHIO. È il 2011. Clasico di super-coppa: Barça Real. Al solito, vincono i blaugrana. Quando Marcelo fa un’entrata assassina su Fabregas, si scaldano gli animi . Mou si avvicina al tecnico del Barça Tito Vilanova e gli infila un dito nell’occhio. Nel post partita, dirà che non deve scusarsi con Pito (in spagnolo ‘fischio’, storpiatura di Tito). Il portoghese si prende due giornate di squalifica, poi condonate. Le scuse arriveranno solo un anno dopo.
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