DAGOREPORT - ED ORA, CHE È STATO “ASSOLTO PERCHÉ IL FATTO NON SUSSISTE”, CHE SUCCEDE? SALVINI…
Stefano Scacchi per “Avvenire”
La provincia è tornata. Atalanta e Udinese nelle prime tre posizioni della Serie A, insieme al Napoli, rimandano agli anni d'oro del massimo equilibrio del campionato italiano, quando il Verona di Osvaldo Bagnoli vinceva lo scudetto. È stata a lungo una delle caratteristiche migliori del nostro campionato: l'incertezza, che consentiva di primeggiare anche alle squadre lontane dal circuito delle metropoli.
Un elemento di fascino sempre più difficile da rintracciare da quando la voce principale dei ricavi dei club si è spostata dagli incassi da stadio alle entrate da diritti tv, aumentando il solco tra grandi e medio-piccole. Prima la differenza era rappresentata da alcune decine di migliaia di spettatori di capienza negli stadi (oltre che dalla capacità di spesa superiore del magnate di turno). Adesso il riferimento, nell'epoca delle utenze dei bacini televisivi, si misura in milioni di tele-tifosi in più per le big, con il corollario di decine di milioni di distanza tra prime e ultime della classifica della ripartizione dei diritti televisivi.
Per questo rivedere in alto squadre come Atalanta e Udinese dopo sette giornate (non è nemmeno un quinto del torneo, ma è già un primo spicchio di stagione rilevante) ripropone una situazione che fa sognare anche chi non appartiene al triangolo delle tre corazzate del nord che si spartiscono gli scudetti senza eccezione da oltre 20 anni: Juventus, Inter e Milan.
Grazie all'Atalanta di Gian Piero Gasperini e all'Udinese di Andrea Sottil finalmente torna quell'identificazione che generalmente rende più associabili le squadre di provincia al proprio allenatore, più di quanto non accada nelle metropoli. Come se contasse di più il rapporto tra tecnico e giocatori nelle realtà più piccole, mentre nelle big prevalgono i colpi dei campioni più pagati. In fondo la storia del campionato italiano è anche in questa serie di squadre che gli appassionati ricordano insieme al loro artefice seduto in panchina.
Il Padova di Nereo Rocco, il Mantova di Gustavo Giagnoni, il Bologna e la Fiorentina di Fulvio Bernardini, il Cagliari di Manlio Scopigno, l'Ascoli di Carletto Mazzone, il Perugia di Ilario Castagner, il Vicenza di Gibì Fabbri, il Pescara di Giovanni Galeone, il Foggia di Zdenek Zeman, l'Udinese di Alberto Zaccheroni e quella di Giovanni Guidolin, il Parma di Nevio Scala, l'Atalanta di Emiliano Mondonico e quella di Giovanni Vavassori.
Squadre che sono stati altrettanti laboratori del nostro calcio, dove sono nate idee che hanno cambiato la storia tattica di questo sport. Vale per il calcio che così si gioca solo in paradiso di Bernardini a Bologna. O per il mitico 4-3-3 di Zeman che poi, chiamato a Roma sulle panchine di Roma e Lazio, ha lanciato e forgiato fuoriclasse come Totti e Nesta. O per il 3-4-3 di Zaccheroni ancora adesso studiato a livello internazionale per la sua capacità di rottura.
Impostazioni che hanno dato il via a scuole che di pensiero che producono ancora adesso effetti visibili anche sulle due realtà nelle zone alte della classifica. Gasperini appartiene a uno dei due filoni nati dagli insegnamenti di Galeone a Pescara: da un lato, Allegri e Giampaolo, dall'altro il tecnico di Grugliasco che ha virato sulla difesa a tre ma non disdegna variazioni sul tema come quelle esibite in questo primo spezzone di campionato nel quale ha arretrato il baricentro dell'Atalanta schierandola talvolta con una linea difensiva a quattro.
Sottil, invece, ringrazia sempre Mondonico che lo lanciò in prima squadra al Torino quando aveva 17 anni. Nella grinta sfoderata dall'allenatore dell'Udinese a bordo campo è possibile rintracciare il marchio di fabbrica di quello spirito granata, eternato dalla sedia alzata sulla testa da Mondonico ad Amsterdam nella finale di ritorno della Coppa Uefa del 1992 con l'Ajax. Anche così si spiega questo salto di qualità dell'Udinese non molto dissimile nei giocatori dalla scorsa stagione. Sottil ha portato un cambio di mentalità che ha proiettato la squadra friulana al vertice della Serie A.
L'Atalanta è più abituata a queste altezze, ma non era mai in vetta alla classifica, nemmeno negli anni d'oro delle imprese in Champions League. Era questa l'obiezione di Gasperini alle domande sulle chance di scudetto della formazione bergamasca. Adesso questo tabù è caduto. L'Atalanta è in cima insieme al Napoli. L'Udinese è appena un punto sotto. Milan, Lazio, Roma, Inter e Juventus inseguono. La provincia è tornata.
Può essere uno dei pochi effetti positivi del Mondiale in autunno. Le grandi squadre sono più soggette alle distrazioni dei tanti nazionali che pensano già al torneo in Qatar tra novembre e dicembre. Un esempio di eterogenesi dei fini applicata al pallone: il Mondiale assegnato in omaggio ai petrodollari del Qatar, quindi il massimo cedimento dello sport al potere dei soldi, può produrre un effetto sorpresa a beneficio degli outsider nei campionati nazionali.
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