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QUANDO "LA REGINA D’INGHILTERRA ERA PELE’" – ANTONELLO VENDITTI SPIEGA COME NACQUE IL CELEBRE VERSO DELLA SUA CANZONE “GIULIO CESARE” - "PELE’ ERA O REI GIA’ A 17 ANNI, HO IMMAGINATO NEL '66 CHE FOSSE RE DI INGHILTERRA, UNA NOBILTÀ DI FONDO, LA MONARCHIA DELLE FAVELAS” - E POI RIVELA: “PELÉ L’HO VISTO GIOCARE. ERA IL GIUGNO DEL 1960. LA PRIMA VOLTA DEL SUO SANTOS CONTRO LA ROMA ALL’OLIMPICO…" - VIDEO
Gabriele Isman per repubblica.it
“Io Pelé l’ho visto giocare. Era il giugno del 1960: la prima volta del suo Santos all’Olimpico. Era già O Rei”. Antonello Venditti si gode l’ennesima sigaretta seduto a un bar di Porta Portese, in un giorno di pausa dal tour con De Gregori. “Ero già innamorato della Roma, e cercavo di contagiare mio padre che mi portava allo stadio soprattutto d’estate. Pelé non era più una figura in bianco e nero sul televisore condominiale di via Zara 13. Vivevamo in un quartiere agiato e qualcuno, non noi, aveva l'apparecchio. Dopo l’immancabile partita con gli amici nel cortile, arrivavano quelle dei Mondiali: nel 1958 lui divenne O Rei. E lo restò sempre”
Cosa ricorda di quella partita? Era il primo giugno del 1960. All’Olimpico Pelé tornerà altre cinque volte, l’ultima nel 1975 con la maglia del Cosmos.
“Ne ho viste parecchie di quelle partite. Mio zio Adalberto Sicardi era tra i soci fondatori della Roma e nel mio palazzo di via Zara abitava Egidio Guarnacci, che nel 1958 era capitano della squadra. Lui andava allo stadio con la sacca, io in autobus, e sedevo in Curva Nord perché dal quartiere Trieste dove vivevo era più vicino. Ma quel Roma-Santos la ricordo bene. Vinsero loro per 3-2. Io e mio padre Vincenzo quel giorno eravamo in tribuna Montemario. Avevo ancora negli occhi le magie del 1958 in Svezia, lui aveva battuto il calcio di Liedholm e Gren in coppia con Garrincha, un altro mio mito, e con la sua ginga, quel particolare modo di giocare che secondo i brasiliani era perdente ma che invece è stata una rivoluzione nel calcio. L’Europa era la potenza del pallone, il suo Brasile l’aveva sbancata”.
La citazione dalla sua Giulio Cesare è inevitabile: “Era l’anno dei Mondiali, quelli del Sessantasei/ La regina d’Inghilterra era Pelè”.
“Ho immaginato che fosse il re d’Inghilterra, era l’unico vero monarca, una nobiltà di fondo, la monarchia delle favelas. Invece quell’anno non vinse perché si impose un atleta africano, Eusebio, che portò il Portogallo alle semifinali in quel Mondiale vinto dall'Inghilterra padrona di casa. Eusebio poi l’ho conosciuto a Roma: ritirava un premio e ci trovammo a pranzo assieme. Ricordavo un giocatore longilineo, veloce, invece aveva problemi alle anche ed era più basso di me”.
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