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PANTANI, GIALLO SENZA FINE - IL RAPPORTO DEI NAS SUL CONTROLLO ANTIDOPING DI CAMPIGLIO: PROVETTE RESE RICONOSCIBILI E OMISSIONI - NASCOSTA PER ANNI LA PRESENZA NELLA STANZA DEL COMMISSARIO UCI JEREMIASSE (MISTERIOSAMENTE SCOMPARSO 8 MESI PIÙ TARDI SPROFONDANDO CON L’AUTO IN UN LAGO GHIACCIATO)

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Matteo Pinci per “la Repubblica”

 

Cinque parole. «Oggi il ciclismo è morto». Il colpo di scena dell’inchiesta sul Caso Pantani/Madonna di Campiglio, uno dei capitoli più oscuri della storia mondiale dello sport, è racchiuso in questa piccola frase, pronunciata esattamente 17 anni fa. Da un fantasma.

 

A leggerla così sembra troppo teatrale per essere vera. E invece è vera, verissima. La certificano i carabinieri del Nas in una relazione allegata all’inchiesta di Forlì che ha riscritto la vera storia della mattina del 5 giugno 1999, giorno del controllo antidoping decisivo per il destino del campione.

 

Per i pm, come è ormai noto, a ordinare la fine sportiva di Marco Pantani, a due tappe dalla vittoria di quel Giro d’Italia, potrebbero essere stati direttamente i clan di Secondigliano. Mentre ad agire fu qualcun altro. Qualcuno che poteva aver accesso alle provette per manipolare il sangue. Oggi si scopre che quel qualcuno ha un nome e un cognome.

 

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La ricostruzione dei fatti, fino ad oggi, voleva che fossero in tre, insieme con Pantani, nella stanza dell’hotel Touring di Madonna di Campiglio in cui fu effettuato il prelievo di sangue dopo la tappa: i medici dell’ospedale Sant’Anna di Como, Michelarcangelo Partenope e Eugenio Sala, e l’ispettore Antonio Coccioni.

 

Le indagini dei carabinieri hanno invece accertato che c’era anche una quarta persona, cui nessuno degli altri presenti, in questi 17 anni, aveva mai fatto cenno. Il commissario Uci, Wim Jeremiasse. Il fantasma.

 

E fu proprio Jeremiasse, «l’unica figura trasparente fra quelle presenti nella stanza con Pantani» a pronunciare quella frase una volta capito il giochetto di cui era stato vittima il Pirata. «Il ciclismo è morto ». Lo fece di fronte al suo autista, poco dopo aver appreso del risultato del test sul sangue del Pirata. Peccato non si possa chiedere a Jeremiasse cosa intendesse con quella frase: è misteriosamente scomparso soltanto 8 mesi più tardi, sprofondando con l’auto in un lago austriaco ghiacciato.

 

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Oggi che il mondo scopre che quel giorno qualcuno voleva fermare Pantani — due deputati del Pd hanno chiesto che la commissione antimafia della Bindi ascolti i Pm su quanto accaduto a Madonna di Campiglio — l’occhio si sposta dunque su chi può aver mentito. E a questo punto diventa inevitabile partire dai medici che hanno nascosto per così tanto tempo il nome di Jeremiasse.

 

Perché lo hanno fatto? Cosa è successo in quella stanza? Il loro comportamento e le loro contraddizioni compongono «un inquietante quadro di manipolazioni, omissioni, falsità poste in essere e portate avanti nel tempo», secondo i carabinieri del reparto operativo dei Nas di Roma, che infatti avevano chiesto due volte al Gip (senza ottenere il via libera) di intercettare le loro utenze telefoniche.

 

Intercettazioni che magari avrebbero potuto dimostrare una «attività di costrizione posta in essere a carico di medici e ispettore, costringendoli a eseguire la manipolazione del campione ematico». Legittimando in questo caso l’ipotesi di un’estorsione.

Marco PantaniMarco Pantani

 

Sinistra è la questione delle provette utilizzate per raccogliere i campioni ematici. Che quel giorno non vengono utilizzate in ordine progressivo. Nulla di strano per i primi cinque atleti controllati, in cui è rispettato l’ordine delle fiale numerate, dalla prima, la 11435, alla quinta, la 11439.

 

Ma all’hotel Touring che ospita Pantani si cambia, i numeri delle singole provette non seguono più l’ordine: a Velo, il primo del gruppetto, spetterebbe la provetta numero 11440, ma viene “campionato” con la numero 11441. Ora toccherebbe a Pantani, ma è in ritardo e Savoldelli, stufo di aspettare, viene autorizzato ad effettuare il prelievo prima di lui. Il suo sangue va nella provetta 11442.

tonina pantanitonina pantani

 

Quando arriva Pantani, a lui tocca la 11440. Oltre a non rispettare la progressione numerica, è l’unica provetta con il numero zero. Una particolarità che agli occhi degli inquirenti la rende «inequivocabilmente riconoscibile ».

 

L’ALTERAZIONE “SCIENTIFICA”

Ma come è possibile alterare un campione di sangue? La risposta è nella metodologia illustrata su Italia Uno dall’ematologo Massimo Locatelli, ascoltato dai carabinieri: in un’ora in un campione avviene la separazione tra plasma e parte corpuscolare, ma basta aspettare meno, anche venti minuti, e poi sottrarre dal plasma una piccola quota con una pipetta pasteur per alterarla.

 

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Una procedura che farebbe aumentare il valore dell’ematocrito e scendere quello delle piastrine: esattamente quello che si verificò sul campione di sangue di Pantani. Tesi confermata dagli esami a cui il Pirata si sottopose all’ospedale di Imola poche ore dopo, e che infatti diedero esito diverso: ematocrito più basso (sui valori della sera prima) e piastrine normali.

 

Ora l’avvocato della famiglia Pantani, De Rensis, si opporrà alla richiesta d’archiviazione di Forlì: «Se c’è stata alterazione — dice — chi può averla fatta?». Domanda che oggi sembra quasi suggerire la risposta.

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