peng shuai  zhang gaoli

QUALCOSA NON TORNA - LA RETROMARCIA DELLA TENNISTA PENG SHUAI SULLA VIOLENZA SUBITA DALL’EX MEMBRO DEL POLITBURO ZHANG GAOLI DESTA NON POCHI SOSPETTI: LA GIOCATRICE È STATA INTERVISTATA DA “L’ÉQUIPE”, MA I GIORNALISTI HANNO SOTTOLINEATO CHE PENG ERA ACCOMPAGNATA DA UN DIRIGENTE CINESE, LE DOMANDE ERANO STATE RECAPITATE IN ANTICIPO PER ISCRITTO E LE RISPOSTE TRADOTTE DAL CINESE DAL FUNZIONARIO DI SCORTA…

Guido Santevecchi per il “Corriere della Sera”

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Violenza sessuale? «Un grosso equivoco». Era scomparsa. «Ma no: è solo che un sacco di persone, amici e gente dello sport, mi ha mandato messaggi ed era semplicemente impossibile rispondere a tutti». Il post con la sua accusa oscurato sul web cinese? «L'ho cancellato io».

 

Colpo di scena (sotto forma di colpo di spugna) sullo scandaloso mistero di Peng Shuai. La campionessa cinese di tennis che con un post sui social ha portato #MeToo nel cuore del potere politico cinese, si corregge. Non è la prima volta che Peng lancia segnali di fumo: nelle scorse settimane il potere cinese aveva diffuso dichiarazioni e riapparizioni rassicuranti della stella.

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 Ma questa volta, Peng ha potuto parlare con il giornale sportivo francese L'Équipe e ha detto: «Non voglio che il significato del mio post continui ad essere manipolato e non voglio che la stampa monti ancora la mia storia». C'è stata anche una cena con il presidente del Cio Thomas Bach, nella bolla olimpica di Pechino. Uscite gestite dal Comitato olimpico cinese, che vuole spazzare via l'ombra dello scandalo dai Giochi.

 

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Gli inviati di L'Équipe a Pechino avvertono i lettori che l'intervista ha dovuto seguire una procedura concordata con le autorità: Peng era accompagnata da un dirigente cinese; le domande erano state recapitate in anticipo, per iscritto; le risposte tradotte dal cinese dal funzionario di scorta.

 

Nessuna risposta alle domande sull'origine del caso, sul perché Peng avesse deciso di sfogarsi pubblicamente per quella relazione controversa con il politico. Lo scandalo esplose la notte del 2 novembre: in un lungo e tormentato post su Weibo (il Twitter mandarino), la trentaseienne Peng aveva rivelato di essere stata costretta a riprendere una relazione sessuale con un potente politico di Pechino, il settantacinquenne ex vicepremier ed ex membro del Politburo Zhang Gaoli.

 

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Una vicenda complessa, un rapporto clandestino (extramatrimoniale per il mandarino Zhang) cominciato nel 2007 nella città di Tianjin, interrotto nel 2012 quando lui era stato chiamato a Pechino tra i sette grandi del Politburo comunista e non voleva che circolassero voci imbarazzanti sui suoi affari privati. Poi, nel 2018, Zhang andò in pensione. E secondo Peng decise di riagganciarla.

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La invitò a cena a casa e la spinse ad avere un rapporto sessuale. «Non volevo e ho pianto tutto il tempo», ha scritto Peng nel post, pure ammettendo di sentirsi anche lei in colpa: «Non sono una brava ragazza». Non ha mai detto che Zhang l'avesse violentata, ma «forzata», forse psicologicamente. Nel mondo del #MeToo sarebbe materiale per la magistratura e un dibattito pubblico. A Pechino solo silenzio e censura. Nel post, Peng diceva: «So che dato il tuo potere non hai paura di me, Zhang Gaoli, ma dirò la verità su di te». Quella verità, ora è stata «corretta». I Giochi possono continuare.

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