giuseppe bruscolotti

“ERO DURO, MAI CATTIVO. IN QUEI TEMPI SAPEVAMO COME FARE I FALLI” - RICORDI, SCIVOLATE E MAZZATE DI GIUSEPPE BRUSCOLOTTI, STORICO CAPITANO DEL NAPOLI SOPRANNOMINTO “PAL' ‘E FIERRO”: “A MADRID INSEGUII L’ALLENATORE DEL REAL, CI AVEVA DEFINITO MAFIOSI” – “ELKJAER MI COLPÌ A VERONA. COSÌ IO AL PRIMO PALLONE SPIOVENTE LO COLPII AL GINOCCHIO. QUANDO CADDE GLI STRIZZAI L'ORECCHIO E CHIESI SE AVEVA CAPITO” – “GLI SCHIAFFI AI COMPAGNI DI SQUADRA? A VOLTE UNA MANATA SERVIVA PER DARE UN INDIRIZZO” – LE SCAZZOTTATE NEI TUNNEL, LE SPAGHETTATE ALLE 5 DI MATTINA CON MARADONA E LO SCUDETTO: “HA RISARCITO DI TANTE INGIUSTIZIE, LA NAZIONALE SU TUTTE…”

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Estratto dell’articolo di Antonio Barillà per “la Stampa”

 

beppe bruscolotti

Sedici stagioni di fila con la maglia del Napoli, l'emozione del primo storico scudetto nel 1986-87: se Diego Armando Maradona era il genio, Giuseppe Bruscolotti era il guerriero di quella squadra, così solido e imponente in area di rigore da essere ribattezzato «palo 'e fierro», palo di ferro. «Non fu un compagno a darmi quel soprannome, nacque tra i tifosi. Mi piaceva perché rispecchiava il mio gioco: ero duro, a volte ruvido, però mai cattivo. Parla la carriera, nessun mio avversario s'è fatto male».

giuseppe bruscolotti

 

[…] Infanzia a Sassano, collina salernitana, prima squadretta al paese e a dodici anni in Terza Categoria.

«Per tesserarmi falsificarono la data di nascita, non avevo l'età minima, ma il fisico mi aiutava a mascherare l'inganno. Incrociavo calciatori di trenta-quarant'anni, se non ti facevi rispettare eri finito».

 

[…] Il Sorrento le aprì le porte della Serie C.

«Non ci credevo più, avevo fatto provini in mezza Italia senza superarne uno, anche alla Juventus con Italo Allodi: quando anni dopo mi ritrovò in Serie A, si ricordò e disse che era contento ce l'avessi fatta comunque. Ho un bel ricordo, persona vera, corretta: nel calcio, credetemi, ce ne sono pochi».

 

[…] Fu subito promosso, poi una stagione in B e la chiamata del Napoli...

«La mia unica maglia in Serie A: ho rifiutato offerte importanti e ne sono orgoglioso, lo scudetto mi ha ripagato di tutto».

 

Il capitano...

giuseppe bruscolotti con maradona

«Ho ceduto la fascia a Maradona, ma lui in pubblico mi chiamava così. Era un ragazzo d'oro, ho il rimpianto che nell'ultimo tratto della sua vita nessuno abbia saputo aiutarlo. Eravamo amici».

 

Davvero una volta che lei rimediò un trauma cranico in campo la raggiunse a casa per starle accanto?

«Alle cinque di mattina disse di aver fame e scoprì gli spaghetti aglio e olio».

 

[…] A quei tempi, senza tv, i falli erano più diffusi e più brutti.

GIUSEPPE BRUSCOLOTTI

«Sapevamo anche come farli, oggi ne vedo di inutili e di ingenui. Ma tanto è cambiato tutto, nessuno marca più. E chi marca si distingue e fa la differenza, come Buongiorno».

 

Lei era il classico «duro»...

«Difendere era il mio mestiere. E la parola dice tutto. Non facevo toccare palla, in un modo o nell'altro, però la cattiveria l'ho sempre osteggiata. Ho smentito chi mi ha accusato di mirare alle caviglie, ma ancor prima lo ha smentito la mia carriera: poche espulsioni e avversari diretti sempre usciti con i loro piedi dal campo. Al massimo lagnandosi, ma quello ci sta».

 

I conti sospesi con Elkjaer sono diventati leggenda.

«Cominciò lui, a Verona, con una gomitata allo stomaco che mi tolse il fiato. Mi avvicinai e gli dissi "da questo momento aspettati di tutto" e al primo pallone spiovente lo colpii al ginocchio. E non è tutto: quando cadde, con la scusa di rincuorarlo, mimando una carezza, gli strizzai l'orecchio e chiesi se aveva capito. A Napoli, al ritorno, non giocò, e quando in un'altra occasione entrò dalla panchina chiesi a Ferrario di invertire le marcature. Lo presi in consegna io e non passò la metà campo».

Preben Elkjær GIUSEPPE BRUSCOLOTTI

 

Si narra che lo aspettò anche nel tunnel.

«Chiesi a Castellini di fare quello che chiamavamo blocco, o gabbia: fermarlo o rallentarne il passo, poi sarei arrivato io. Sì, a quei tempi capitavano anche le scazzottate nei sottopassi, ma anche quelle finivano lì. Elkjaer, però, capì tutto e si infilò in mezzo alla terna arbitrale».

 

Nello spogliatoio del Bernabeu, nel 1987, inseguì anche Leo Beenhakker, l'allenatore del Real Madrid.

«Ci aveva chiamati mafiosi, purtroppo non riuscii a raggiungerlo. E anche a Napoli rimase a distanza».

 

Spifferi di spogliatoi raccontano di uno schiaffo a Ramon Diaz, compagno di squadra, in realtà non da bulletto ma da fratello maggiore.

«Erano altri tempi: a volte una manata serviva per dare un indirizzo, come con i figli. Rischiavamo di retrocedere, gli chiesi di impegnarsi e lui rispose che non gli fregava. Era il mio Napoli, la mia gente: lo rifarei».

 

bruscolotti maradona 33

[…] «Vincere nella mia terra, con la mia unica squadra, è stato meraviglioso. E mi ha risarcito di tante ingiustizie, la Nazionale su tutte: non pretendevo chissà cosa ma avrei meritato di vestirlo almeno una volta, l'azzurro. Non ero inferiore ad altri, invece è andata così: è l'unico rimpianto che ho».

 

Le manca il suo calcio?

«Se rispondo sì, mi prendono per nostalgico o, peggio, rincoglionito. Diciamo che non mi diverte quello di oggi: con tutti quei passaggini, con la costruzione dal basso, lo trovo noioso».

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