DAGOREPORT - MA QUALE TIMORE DI INCROCIARE DANIELA SANTANCHÈ: GIORGIA MELONI NON SI È PRESENTATA…
Luca Bertelli per corriere.it - Estratti
In quasi due ore di intervista, Fabio Volo si è raccontato a cuore aperto a Gianluca Gazzoli nel suo podcast "BSMT" partendo dalle sue origini sino all'ultimo libro, passando per le esperienze professionali e personali che hanno segnato la vita del bresciano, all'anagrafe Fabio Bonetti.
«Non avevo un talento chiaro, i libri mi hanno cambiato la vita»
«Io non avevo il talento di Valentino Rossi o Alex Del Piero che mi indicasse la strada - ha detto - io volevo fare il panettiere, non volevo fare questo, ma a un certo punto ho seguito un sentire: mi sono buttato, è un atto di coraggio. Non ho scritto un libro autobiografico (si riferisce a "Balleremo la musica che suonano", una frase che gli ripeteva spesso il padre, ndr) perché non credo di avere una vita così interessante, ma ho scritto una testimonianza.
Quando a 16 anni ho iniziato a leggere i libri che hanno cambiato la mia vita, da Dante a Dostoevskij fino a Hesse, avevo paura a fare quel "salto": era scritto in quelle storie ma non avevo esempi nella vita reale che avessero fatto altrettanto. Lì è stato il mio coraggio, è un'azione del cuore e non della testa: se ci pensi ti vengono mille paure, hai tutto da perdere.
Però a me è andata bene come era scritto in quei libri, ho voluto così scriverne uno in cui empiricamente raccontare una testimonianza, la strada che ho fatto, per aiutare le persone. Ho parlato del mio percorso. C'è chi dice di essersi ritrovato anche in questo libro e non me lo aspettavo».
Il primo libro nato da un incidente con la Vespa (e le lacrime)
Francesca Fagnani e Fabio Volo phStefaniaCasellato
Legatissimo alla radio («Non potrei rinunciarci, è l'unica cosa lavorativa a cui sono realmente legato ma non mi costa fatica, ho per lei un amore spropositato»), il successo letterario - questo è il quattordicesimo libro- lo ha sorpreso: «Se penso a 8 milioni di persone che mi hanno letto, è come avere 100 volte San Siro pieno.
Sono stato anche fortunato perché ho vissuto l'epoca del boom dei libri. Iniziò tutto per caso, in realtà: avevo fatto un incidente con la Vespa a Riccione, non avevo niente da fare e ho scritto il mio primo libro mettendo insieme tutte le cose che avevo appuntato: ho messo sedici anni di appunti in quel libro, poi il secondo è andato meglio del primo, a un certo punto ogni libro vendeva il doppio del precedente.
Francesca Fagnani e Fabio Volo phStefaniaCasellato
Quando ebbi il libro in mano, andai nel parcheggio della Mondadori con la 124 di mio nonno: mi sembrava che lui e mio padre fossero lì con me e iniziai a piangere, mi sembrava di aver scalato una montagna. Quando mi siedo davanti al pc a scrivere un libro non ho sicurezze, quando facevo il fornaio sapevo quali e quanti ingredienti mettere. Adesso lavoro con l'invisibile: non ho ricette».
(…)
Cantante a Castrocaro, i pianti, poi la radio e le Iene: «La svolta»
Così diventò cantante: «Mi ha chiamato una casa discografica di Brescia, la Media Records. Scrissi una canzone chiamata Volo, la casa discografica era davanti alla tangenziale...andai a Castrocaro con Pippo Baudo in giuria, un trauma. In discoteca arrivavo a cantare alle due in playback, mi insultavano, tornavo a casa piangendo, durò 6-7 mesi. Ma non potevo tornare indietro, la città è pronta che ti aspetta col fucile se fallisci. Poi sono andato a Verona a Match Music, da lì ho fatto un programma su Rai Radio 2 con Andrea Pelizzari e lì Le Iene ci contattarono per un provino. Mi presero e da lì è cambiato tutto».
Le Iene, la politica («L'ideologia ti offusca») e il rapporto con Linus
Le Iene restano il punto di svolta della sua carriera: «Erano parte di una tv diversa con progetti e soldi, il potere politico era meno aggressivo e invadente e violento di adesso. Berlusconi era sceso in campo, ma noi potevamo fare i servizi contro di lui o Forza Italia.
Oggi c'è tanta censura perché una cosa che va in tv finisce sui social ed è per sempre e ti torna, come accade ora a Salvini. Prima le interviste, se non le vedevi, non esistevano. La politica una volta era fatta da persona che avevano fatto un percorso con i loro valori: Berlinguer e Almirante, pur agli antipodi, si rispettavano.
Con il passare degli anni, se un ragazzo ha capacità, non va in politica: si è riempita di gente che non sa cosa fare. Come quando io non sapevo cosa fare e facevo la stagione estiva. Molta gente è in parlamento e non sembra interessata. Poi c'è la sindrome del tifoso anche per chi segue la politica, come per la squadra del cuore.
Io vengo da un quartiere dove dei ragazzi andavano nei centri sociali e altri andavano nella sede del Fronte della gioventù, io andavo all'oratorio e avevo un nonno fascista e uno comunista. L'ideologia ti offusca la formulazione del pensiero, se devi fare un ragionamento e ci infili l'ideologia non sei più un uomo libero come io voglio essere».
Milano, e la radio, fanno anche parte del rapporto tormentato con Linus, ora alla guida di Radio Deejay e tra i migliori amici di Volo dopo qualche incomprensione: «Dopo un paio d'anni alle Iene iniziai a Deejay: non conoscevo Linus, mi aveva invece conosciuto Savino che era un autore delle Iene e con il quale avevo incontrato a Radio Capital, che nasceva da una costola proprio di Deejay.
A Milano avevo un appartamento sui Navigli, costruito facendo i buchi nel muro con il mio amico Omar Pedrini: era una casa rock and roll con la cucina gialla e la camera rossa, al posto del divano avevo due amache perché non volevo che la gente si fermasse a dormire da me. Lo stereo era nel carrello della spesa per poterlo spostare. Venne Fiorello ma c'erano anche delle belle ragazze, quando diventi famoso anche il Gabibbo ha successo. Fu Nicola a propormi a Linus, c'era scetticismo verso di me: mi fece fare un programma all'Aquafan, una specie di provino, la trasmissione si chiamava il Volontario da dieci a mezzanotte.
Io e Linus abbiamo due personalità che tendono a discutere tanto, poi alla lunga capisci che sono quelle con cui vai più d'accordo. Io adesso con lui non ho difficoltà, è venuto a trovarmi a New York, oserei dire che siamo amici.
Se a me serve un favore so che lui lo fa: è una sorta di amore guadagnato, riconosco che su tante discussioni lui aveva ragione. Sono sempre stato anche uno antipatico, fissato sulle sue cose: ma se non hai un talento devi avere un metodo e io mi sono appoggiato su quelle. Sono stato via dalla radio per un anno, gli avevo detto quello che pensavo, invece dopo ci siamo ritrovati. Era un momento difficile per la mia vita professionale, due o tre anni sono stati pesanti, non stavo bene emotivamente: ero nervoso, litigavo anche all'aeroporto o con i poliziotti».
La meditazione, i figli con la ex: «Stare con loro è importante»
Poi, è arrivata anche la meditazione a cambiarlo: «Ho fatto il cammino di Santiago, insieme ai miei figli e alla mia ex moglie (erano già separati, il viaggio risale a due anni fa, ndr) sono stato un mese con gli sciamani in Messico e nella foresta amazzonica: si dorme nelle capanne con loro dentro la foresta, i bambini si sono divertiti un sacco. Io ho fatto il corso di meditazione vipassana: per 10 giorni non puoi scrivere, leggere, parlare, guardare la gente negli occhi.
Ti svegliano alle 4.30 con il gong, nessuno ti parla, vai un'ora a meditare, fai colazione, ceni alle 17 e alle 20 vai a dormire. Non c'è niente, sei solo tu, è pesante: puoi parlare solo con gli assistenti, una roba da matti, volevo andare via dopo due giorni ma dal terzo è cambiato tutto. Io adesso, diciamo dai tempi del Covid, mi sveglio la mattina e la prima mezz'ora la dedico alla sacralità della vita, meditando e pregando. Poi tiro su la tapparella e inizia la vita».
fabio volo - tutto e qui per te
Da single, adesso. Ma con i due figli e l'ex compagna sempre al centro: «Se vuoi essere l'idea di te stesso non cambi, se vuoi essere te stesso cambi sempre: ho cambiato idea tante volte, anche sul matrimonio, non è incoerenza, ho maturato negli anni altre informazioni. La persona giusta non esiste, la persona giusta la fai diventare giusta te. La madre dei miei figli è islandese, salgo da lei tutti gli anni a Natale anche se siamo separati: resto lì dieci giorni.
Quando sono nati i miei figli, ho smesso con la tv e il cinema per passare tanto tempo con loro: per me è importante. Quell'età lì vola, io voglio stare con loro: adesso che il primo ha 11 anni, ho rimesso il cinema nei miei orizzonti e magari in futuro tornerò a fare la tv. L'ho sempre fatta con amici, per me andare all'estero con loro a fare programmi tv era il massimo della vita. L'obiettivo della serata era non ubriacarsi. Ho sempre proposte, potrei tornare in tv anche domani mattina se volessi. Adesso però abbiamo appena finito la sceneggiatura di un film nato da un mio libro».
Gli haters e le liti social con Salvini e Fedez: «Uno squallore»
Lunga e interessante la digressione sul suo rapporto con gli haters, dato che Volo è molto amato ma anche molto odiato da una fetta di italiani. «Io venivo da una famiglia che non era in guerra con nessuno.
Quando è arrivata la "guerra" non ero preparato, non avevo gli strumenti e non capivo perché la gente dovesse insultarmi. Non era un libro di scuola il mio, ci sono 60 mila libri, questo accanimento verso di me non lo capivo. All'inizio ci rimanevo male, ora la benedico: le difficoltà e i momenti difficili sono lì per te. Peraltro l'attenzione di chi mi odiava mi ha permesso di fare bingo e di aumentare anche le vendite.
Quell'odio in qualche modo l'ho messo in fattura e adesso sono più consapevole di me e più emancipato. L'Italia è un mercato piccolo, si è convinti che non ci sia spazio per tutti. Così tante persone, per fare bene il loro lavoro, devono reprimere. Da adolescente, per creare la propria identità e per dire chi sei, devi dire cosa odi e cosa non ti piace. Come quelli che ti dicono che non ascoltano Ramazzotti, che il film di Sorrentino è banale...".
Segue quasi uno sfogo sulla cultura italiana: «Se tu sei Lapo e fai video della Ferrari non succede niente, se lo faccio io di estrazione popolare mi vengono magari a dire che c'è gente che non arriva alla fine del mese. Se Bonolis va in Sardegna con l'aereo privato gli rompono le scatole, se lo fa Gianluca Vacchi non gli dice nulla nessuno. Se qualcuno cambia la propria estrazione sociale con le proprie abilità e il proprio lavoro, significa che si può fare, che ricchi si può anche diventare, che ce la puoi fare.
La gente è come se ti dicesse: "Non mi dire che sono un incapace, non mi far credere che nella vita esista la possibilità, fammi credere che nella vita o sei fortunato o sei sfortunato". Quando queste cose si mettono insieme, esce il fenomeno degli haters. Tra l'altro questa gente, quando commenta, ha un valore così basso di se stessa che pensa che al diretto interessato le sue critiche entrino da una parte e escano dall'altra: quindi alla fine è tutto un insieme di pochezza.
Questa è una cosa molto italiana, legata anche alla cultura cattolica: in America è l'opposto, se fai successo partendo dal nulla la gente è contenta per te, il sogno americano è proprio questa cosa qui. Se c'è chi in macchina mi scrive via whatsapp "Sei un coglione", durante Il Volo del Mattino, è evidente che sia un progetto suo della vita: potrebbe cambiare stazione radio, invece è evidente che quel fastidio gli smuova qualcosa".
Poi, il rapporto con i social: «Ho una pagina Facebook da un milione e passa di follower, ma non la uso perché non mi ricordo la password ed è collegata a una mail che non ho più. Mi dicono che uso male Instagram, ma io non ho criteri: passo dai post pro Palestina ai bagni al mare con i figli. Se sto bene con i miei amici non penso a tirar fuori il telefono. Mi hanno chiesto di aprire un profilo Tik Tok, ma da qui in avanti è roba dei miei figli: io continuo a giocare il mio sport.
Sono l'unico che è riuscito a mettere d'accordo tutti i politici perché litigavo con tutti. La più pesante è stata con Salvini un anno in diretta, poi Adinolfi, poi ancora con Salvini sui social. Ho avuto poi una shitstorm con Ariana Grande e una con Fedez perché faceva beneficenza con la Lamborghini dando mille euro alla gente che teneva per la telecamera.
Per me, che ho vissuto in una famiglia che aveva debiti, era un po' come dire: "Morto di fame, mangiati la crosta della pizza". Se succedeva nella mia panetteria usciva sfondato, non puoi essere così scollegato dalla vita da non pensare che una persona non abbia una dignità. Per me fu uno squallore: vuol dire che sei così preso dalla tua roba che non capisci che c'è un essere umano dall'altra parte. Si risentì, poi io e lui ci siamo scritti su Instagram, se ci vediamo per strada ci salutiamo. Io vado giù di testa quando un essere umano lo valuti in base a che passaporto ha, che colore ha, che estrazione sociale ha: su questa cosa mi accendo anche adesso».
«Kung Fu Panda è la mia storia» e l'idolo Vasco diventato amico
Chiusura finale, divertente, sul suo ruolo di doppiatore in Kung Fu Panda: «Mi inorgoglisce perché per i compagni dei miei figli è importante. Non pensavo diventasse una saga. Io non ho fatto dizione, mai niente, non ho fatto nemmeno il provino, il problema è che la prima la facevo con l'accento bresciano e poi dovevo rifarla in italiano...
Kung Fu Panda in realtà è la storia della mia vita, anche a me dicevano "Ma dove vai? Fai i ravioli...", io sono andato nel mondo con il suo stesso entusiasmo, sono diventato un Guerriero Dragone con i miei limiti, è il mio film autobiografico».
E sull'idolo di sempre, Vasco Rossi: «La prima volta lo vidi a Radio Capital, sembrava una cosa da Grande Fratello. Due o tre anni più tardi, fece un concerto ad Amsterdam: andai a vederlo e dopo andammo insieme in un coffee shop a farci una canna. Con lui mi succedono cose assurde, ci siamo piaciuti all'inizio: non siamo forse amici ma c'è amore tra di noi, ho fatto anche un compleanno a Los Angeles con lui. Ho portato Dustin Hoffmann in giro per Roma, mi è capitato di essere a cena con Di Caprio a New York, con Paris Hilton, ma l'emozione di Vasco resta unica».
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