DAGOREPORT - BLACKSTONE, KKR, BLACKROCK E ALTRI FONDI D’INVESTIMENTO TEMONO CHE IL SECONDO MANDATO…
Foto di Ferdinando Mezzelani per Dagospia
Matteo De Santis per La Stampa
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Questa riforma non s' ha da fare. Il Coni boccia il testo della legge delega sullo sport del ministro Spadafora e alza le barricate con un documento, approvato a larghissima maggioranza (astenuti solo gli enti di promozione sportiva e Barelli e Binaghi, presidenti di Federtennis e Federnuoto), che si conclude con un perentorio «il Consiglio Nazionale è pronto ad ogni forma d' azione».
Cinque pagine, lette ieri dal presidente Giovanni Malagò, per smontare l' attuale bozza e avanzare richieste per «assicurare il rispetto e l' applicazione della Carta Olimpica, facendo riferimento all' autonomia, alle funzioni e alle responsabilità del Coni»: raddoppio dei finanziamenti per lo sport di base nel prossimo triennio (da 410 a 820 milioni circa), garanzia di una pianta organica non inferiore alle 238 unità - come attestato dal Ministero della Funzione Pubblica - e di una dotazione di beni mobili, immobili e strumentali, risoluzione del problema delle palestre scolastiche e assunzione di 12 mila laureati in scienze motorie.
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Del Testo Unico, così com' è, al mondo dello sport non piace nulla. Così come non piace al Cio che lo ritiene non conforme alla Carta Olimpica: comunicazione già inoltrata a Spadafora, lo scorso 11 settembre, da una lettera firmata da James Macleod, direttore delle relazioni istituzionali e dei rapporti con i comitati olimpici.
«Questa è una legge inapplicabile - l' affondo di Gianni Petrucci, numero uno della Federbasket, durante il Consiglio Nazionale - che soffoca lo sport e non è condivisa né da chi la propone, né dall' opposizione». Mobilitazione generale sì, ma senza tracimare nello sciopero. «Non fa parte della mia cultura», assicura Malagò, comunque speranzoso che si possa «trovare una sintesi». Spadafora, però, non sembra ancora incline a una mediazione. «Ho massimo rispetto per il Coni - la replica del ministro - ma sono costretto a spegnere le speranze di chi si augura che la legge sia su un binario morto: la riforma non si fermerà».
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