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LA RIVINCITA DI PERIN SCARTATO (DALL’INTER) PER L' ALTEZZA - LE PORTE DI NAZIONALE E JUVENTUS CONQUISTATE IN UNA SOLA SERA MA LA PRIMA VOLTA A COVERCIANO NEPPURE LO RICONOBBERO – QUELLA VOLTA CHE BUFFON GLI REGALÒ LA MAGLIA DOPO 6 GOL – TACCONI: "SE FOSSI STATO IN LUI NON AVREI SCELTO LA JUVE. VA A TORINO SOLO PER GIOCARE LA COPPA ITALIA?"

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1. TACCONI

Dall’articolo di Francesco Velluzzi per la Gazzetta dello Sport

 

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(…) Stefano Tacconi boccia l’ipotesi Perin titolare: “Giusto che sia Szczesny il numero uno: non vorrei proprio vedere altro. Se l’anno scorso ha fatto una scelta importante, quella di restare per una stagione dietro a Buffon con l’idea di essere titolare l’anno dopo, beh, giusto che sia così. Anche perché ha più esperienza internazionale di Perin. Ecco, se fossi stato in Mattia non avrei scelto la Juve: sarei rimasto al Genoa, da capitano e con la sicurezza di poter giocare tutte le partite per conquistarsi la titolarità in Nazionale. Alla Juventus va solo a giocare la Coppa Italia?"

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2. PERIN

Francesco Saverio Intorcia per la Repubblica

 

Racconta Mattia Perin che quando fu chiamato per la prima volta in Nazionale, al cancello di Coverciano neppure lo riconobbero (" Perini ha detto? Un attimo che controlliamo"). Ma è uno che scherza tanto, questo ragazzo di 25 anni con la frangia alla Albertosi, che sognava Buffon e l' altra sera allo Stadium ne ha raccolto due quote d' eredità, in Nazionale e alla Juve, proprio nella partita che invece doveva rendere omaggio a Gigi.

 

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E quando a gioco fermo ha respinto con nonchalance le conclusioni di Depay e Vormer, Perin è sembrato uno di quei cartoni animati giapponesi che parano pure le palle da baseball, ha mandato in estasi il suo nuovo pubblico e fatto capire che non sarà per forza Donnarumma il titolare azzurro a settembre. Così come, se ha accettato la Juve, non teme di invecchiare a fare il vice di Szczesny.

 

SZCZESNY

Un dualismo che in Nazionale, nell' era Buffon, non era neppure pensabile e alla Juve, storicamente, neppure prima di Gigi. « Sono contento dell' accoglienza che ho ricevuto, per chi gioca a calcio non c' è niente al di sopra della maglia azzurra. Cerco di essere sempre me stesso, se piaccio alla gente fa piacere, se non piaccio pazienza. Dopo l' infortunio ho raggiunto un nuovo equilibrio, mi sveglio ogni mattina per correggere i miei difetti come uomo e come calciatore e sono contento se anche all' esterno è stato percepito questo miglioramento».

 

Per gli almanacchi quella contro l' Olanda era la sua prima presenza da titolare, la seconda in assoluto dopo l' Albania quattro anni fa. In verità aveva già esordito a Volta Redonda, Italia- Fluminense, prima del Mondiale. Prandelli lo aveva osservato per mesi, nonostante il ventunenne Perin fosse in coda nell' Under, e inserito fra i 23 convocati per dare un segnale: il futuro è lui. La partita, non ufficiale, finì 5- 3, Perin si lasciò scappare il tiro di Carlinhos del 2-2, i telecronisti brasiliani impietosi lo battezzarono peru, tacchino ( poi venne il Mineirazo e persero la spocchia, vabbè). Ma le stimmate del grande portiere le noti proprio nei giorni di pioggia.

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Quand' era in prestito al Padova in B, Perin prese sei gol dal Pescara di Zeman: eppure incantò il presidente abruzzese Sebastiani che lo volle titolare in A. E quando incrociò la Juve, di nuovo ne prese sei nel giorno del suo compleanno, Buffon andò ad asciugarne il pianto, gli regalò la maglia e gli disse all' orecchio: «Non mollare, gioca spensierato, sei forte » . Un' investitura dal totem che lui imitava pure nell' abbigliamento tecnico.

 

« Perin è uno dei più forti al mondo, non teme alcuna concorrenza, non sembra ma è un gigante e ha un fisico esplosivo » , racconta Davide Ballardini, che al Genoa lo fece esordire a diciott' anni e lo ha ritrovato in questa stagione. Eppure l' altezza è stata a lungo il cruccio di Mattia, scartato da bambino per i centimetri da Empoli e Inter. Racconta pure che quand' arrivò nella pensione Teresa di Pegli, dove divideva la stanza con Sturaro, spesso si appendeva alle sbarre dei giardinetti per allungarsi ancora un po'. In rossoblù, Gianluca Spinelli, oggi nello staff di Conte, è l' uomo che più ne ha curato la crescita tecnica, incanalandone il talento istintivo.

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Perin se n' era andato di casa a tredici anni, alla Pistoiese, resistendo alla nostalgia per non ripetere l' errore di suo padre Pierluigi, terzino che lasciò il Toro per tornare a Latina, dove Mattia è cresciuto lavorando nel bar di famiglia. Ha superato due infortuni ai crociati, ha sbagliato sui social e alla guida, ha rimediato con le scuse e facendo da testimonial per la sicurezza stradale. E nella sua vita, accanto alla compagna Giorgia, i cani Taz e Gina, il basket e Jordan, il tennis, il ping-pong e gli sport estremi, da qualche mese è arrivata la piccola Vittoria. «A lei e ai figli che verranno racconterò che ce l' ho fatta, nonostante gli infortuni ».

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