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Paolo Ziliani per il “Fatto quotidiano”
Walter Zenga, trovandosi nella non facile condizione di dover mantenere tre mogli (Elvira Carfagna, Roberta Termali, Raluca Rebedea) e cinque figli (Jacopo, Nicolò, Andrea, Samira e Walter jr.) senza più gli ingaggi milionari di una carriera da numero 1, si ritrovò a fare il postino per Maria De Filppi e persino il venditore di aspirapolvere porta a porta. Niente in confronto a Lothar Matthäus, il campione di Germania ex compagno di Zenga all’Inter che di mogli, a 53 anni, si ritrova oggi a doverne mantenere cinque: Silvia, Lolita, Marijana, Liliana e Anastasia.
Lothar ha scoperto che fare il calciatore è una cosa, fare l’allenatore un’altra (gli ultimi tre esoneri: Maccabi Netanya, Racing Avellaneda e Nazionale di Bulgaria). E insomma: tenere i piedi a terra e un gruzzoletto in banca sarebbe un’ottima idea per ogni campione che si rispetti, specie chi procede verso il traguardo degli “anta” come Gigi Buffon, che il 26 gennaio soffierà, appunto, sulla sua 39ª candelina.
Rispetto a Matthäus (5 mogli) e a Zenga (3), Buffon sta da papa: si è da poco separato dalla prima moglie, la showgirl Alena Seredova, da cui ha avuto due figli chiamati Louis Thomas e David Lee (Ciro e Ugo non sono stati presi in considerazione) e si è legato sentimentalmente a Ilaria D’Amico, volto televisivo di Sky.
Mantenere Alena, Louis Thomas e David Lee, per un campione che ha appena firmato il rinnovo del contratto fino al 2017 a 4 milioni netti l’anno, non dovrebbe essere un problema: se non fosse che Gigi, così attento a misurare le uscite (di porta) quand’è in campo, si sta esibendo in uscite (in Borsa) che definire spericolate è dire poco.
E in ogni caso, non dite ad Alena che il suo ex marito, nel giro di 18 mesi (gennaio 2013-giugno 2014), dopo essere diventato il maggior azionista della Zucchi – società attiva nel tessile – ha perso qualcosa come 48 milioni, più o meno l’equivalente di 10 anni di stipendio da fuoriclasse della Juventus: 24 per il deprezzamento del suo pacchetto azionario (Buffon detiene il 56 per cento), sceso da 42,3 a 18,6 milioni; e altri 24 (6 + 18) serviti per le ricapitalizzazioni del 2011 e del 2013.
Dopo la perdita di 15,1 milioni del 2013 e di 11,8 milioni del primo semestre 2014, l’ultima grana sono ora i 5 milioni che Buffon si era impegnato a versare come aumento di capitale entro il 31 dicembre 2014 e che il portiere non ha versato. Buffon ha chiesto di concordare una modalità di pagamento “in più soluzioni” e “con diverse tempistiche”: il cda Zucchi si è però già attivato per l’escussione della fideiussione rilasciata dal portiere il 30 settembre 2013 a garanzia dell’inoptato dell’aumento.
Dura la vita del calciatore che prova a trasformarsi in imprenditore e/o investitore. Ne sa qualcosa Roby Baggio che negli anni 90, imitato da Costacurta, Carrera, Seba Rossi e altri, investì e perse 7 miliardi di lire nella Imisa, una società che avrebbe dovuto estrarre il marmo nero nella fantomatica miniera di Los Dos Paisanos, in Perù.
Una truffa colossale: la miniera non esisteva e Baggio fu costretto a ritirarsi con la coda, anzi, il codino tra le gambe. Non andò meglio a Roberto Mancini, che perse 1,4 miliardi nel crac della Cofiri, una finanziaria di Tarquinia che un giorno si dissolse come neve al sole; e nemmeno ai rossoneri Tassotti, Donadoni e Giovanni Galli che investirono 2,5 miliardi in una finanziaria farlocca: la moglie del portiere svenne al telefono quando l’avvocato, una sera, le comunicò che il miliardo del marito si era polverizzato.
VIERI E BROCCHI, gli amici Baci&Abbracci, s’inventarono la “BFC&co”, società di commercio all’ingrosso che doveva vendere di tutto, da casalinghi ad articoli da giardino: risultato, fallimento da 14 milioni di euro dopo che in passato era già finita in liquidazione un’altra loro società, la “Pbc Credit & Finance”.
Ma gli eroi della pedata italica sono in buona compagnia: senza scomodare Best e Gascoigne, finiti prede dell’alcool e senza il becco di un quattrino, basti pensare al recente caso di Andreas Brehme, il tedesco campione del mondo ed ex interista al pari di Matthäus, che oberato di debiti sta valutando l’offerta di lavoro fattagli dal suo ex ct Beckenbauer: pulitore di bagni allo stadio Allianz Arena di Monaco. Quando si dice: carriere finite sotto lo sciacquone.
roberto donadoni nazionale lap
residenti da una parte e naziskin supportati dalle forze dell’ordine dall’altra, una delle poche forme di aggregazione sociale rimasta sono i Clapton Ultras. Per questo oggi a tifare Clapton Fc arrivano da tutta Londra, e anche da fuori, come Matteo, un ragazzo di Lecce che ci racconta: “Ho cominciato a frequentare i Clapton Ultras per vicinanza ideologica politica e per il loro modo attivo di tifare.
Tra cori (mai sessisti o discriminatori), fumogeni e bevute di birra sulle gradinate, qui si può ancora fare quel tifo sano e coinvolgente che oramai è vietato in Premier”. Se dentro lo stadio ogni partita è una festa sulle note delle canzoni punk o reggae, fuori i Clapton Ultras li puoi trovare a organizzare raccolte di cibo per gli abitanti del quartiere o a difendere le donne di E15, le madri dei caseggiati popolari di Carpenter Estate che lottano contro gli sfratti della gentrificazione olimpica.
Questo non piace a tutti, e in un’Inghilterra sempre più xenofoba e intollerante i tifosi del Clapton Fc sono sempre più oggetto di aggressioni e raid punitivi da parte di gruppi di estrema destra, l’ultimo poco prima di Natale. Ma il Clapton Fc continua a resistere, al calcio dei miliardi come alle aggressioni neofasciste.
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