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Giancarlo Dotto per Dagospia
Sarà Brasile-Germania. Mercoledì a Belo Horizonte. Una finale prima della finale. Neymar contro Neuer. David Luiz contro Muller. E’ Brasile, al fondo di una partita che è puro furore. Ventotto fuori di testa si sono dati la caccia per novanta minuti chiusi dentro la gabbia del Castelao di Fortaleza e almeno una dozzina di facce da macumba, Cuadrado, Zapata, Marcelo e Neymar su tutti. Facce da favelas.
Hulk e Paulinho. Mario Yepes e David Luiz sono anime in trance. Maicon allarga le narici e respira la folla, come fosse droga. Fa l’occhio da pazzo, come quando ha il presagio della mattanza. Con la sua faccia linda da ragazzo che prende la vecchina sottobraccio e la scorta da un marciapiede all’altro, James Rodriguez è fuori posto stasera in questa babele. E, infatti, lo menano di brutto. Lo lasciano libero solo di segnare il rigore.
Josè Pekerman, l’allenatore argentino della Colombia, è l’avamposto di Messi e compagni, ma la squadra non lo segue. Rabbiosa ma mai lucida. Inutile Guarin, qui come all’Inter. Arriva troppo rapido il gol che squilibra la partita. Thiago Silva come Hummels, quattro ore prima. Difensori incursori. La sua ginocchiata è già capitolo romanzesco.
Messo alla gogna come capitano dalla lacrima facile, lui gonfia il petto e urla “piangono così i guerrieri!”. Una stupidissima ammonizione lo cancella dalla semifinale. Il Brasile è una squadra modesta con tre mostri, uno ieri sommerso e malconcio, Neymar, che esce lacrimando nella tinozza, e due dominanti, Thiago Silva e David Luiz. Sono loro il Brasile. Proprio lui, David Luiz, è la Medusa che mostra al mondo la testa di Perseo alias Colombia. Sembra la botta definitiva. Il rigore riaccende la corrida. Dieci minuti di apnea e festa Brasile. 2-1.
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