RIUSCIRÀ SALVINI A RITROVARE LA FORTUNA POLITICA MISTERIOSAMENTE SCOMPARSA? PER NON PERDERE LA…
Paolo Tomaselli per corriere.it
Contro i francesi, che fanno meno tamponi per il Coronavirus rispetto agli italiani ma non vogliono i tifosi juventini a Lione. Contro un trattamento diverso per Juve-Inter: «Giocare a porte chiuse? Credo dovrebbe valere per tutta la serie A. Perché anche in altri stadi sicuramente andranno spettatori che per tutta la settimana lavorano in Lombardia, Piemonte e nelle altre regioni colpite...».
E pure contro i media, che danno per favorita la Juve di Ronaldo in Champions. Maurizio Sarri non si è certo fermato alla piccola querelle con le Poste o alle proteste per la Var «alla cieca» di Ferrara. E alza il livello dello scontro. Del resto il cambio di stagione è arrivato, la Juve si gioca tanto in pochi giorni, contro Lione e Inter, e c’è bisogno di aria nuova. E di quella ferocia evocata prima di Natale dal presidente Agnelli, ma mai davvero mostrata fino in fondo dalla Juventus.
Così, mentre il teatrale Rudi Garcia, allenatore del Lione, risponde sgranando gli occhi alla domanda sul Coronavirus come se vivesse in un pianeta lontano, Sarri non si tira indietro. Anche perché il Groupama Stadium è così grande che si divide tra due comuni, Décines e Meyzeu, e i rispettivi sindaci hanno detto di aver espresso al governo centrale tutto il loro disappunto per l’arrivo di 3 mila tifosi della Juventus. «La mia opinione — sottolinea l’allenatore della Juve — è che il virus sia un problema europeo, non italiano. In Italia sono stati fatti 3.500 tamponi e quindi abbiamo un certo numero di positivi, voi ne avete fatti 300 e ne avete meno.
LA CENA TRA ANDREA AGNELLI E MAURIZIO SARRI
Ritengo che tutti i tifosi abbiano il diritto di essere qui». Del resto sia il ministro della Salute di Parigi, che Jean Michel Aulas presidente del Lione dal 1987, lo hanno confermato: «È inutile creare ulteriori ansie. Tutti i tifosi del Lione e della Juventus potranno raggiungere lo stadio senza difficoltà».
L’Antitrust e i club
Che partita vedranno? Quella tra una Juve che sembra in crescita al momento giusto e un Lione contestato, ma in corsa anche per la Coppa di Lega (finale) e per la Coppa di Francia (semifinale), dove però incrocerà un’altra grande come il Psg. Garcia dice che «non sempre i favoriti vincono» ma per lui essere agli ottavi, senza la stella Depay col ginocchio rotto, è già un successo.
Per la Juve è un punto di partenza, che vale innanzitutto il superamento di quota 100 milioni (101,9), con i 10,5 previsti per il passaggio ai quarti. Ma guai a dire — come ha fatto anche quel furbacchione di Klopp, campione in carica con il Liverpool — che è favorita: «In Italia sentiamo l’obbligo di centrare tutti gli obiettivi.
In Europa fate finta di niente per convenienze personali ed editoriali, ma ci sono squadre con più forza e potenza della nostra. Siamo tra le dieci-dodici che hanno questo obiettivo-sogno. La Champions per il calcio italiano è un sogno difficilissimo e siamo molto fortunati a poterlo inseguire: nella vita di una persona non c’è niente di più bello che inseguire un sogno. Se lo raggiungi è un’estasi. Se non lo raggiungi è stato un bel viaggio». In direzione ostinata e contraria c’è ancora più gusto. E magari dopo ventiquattro anni di digiuno è questa la strada giusta per la Juve.
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