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Arianna Ravelli per il "Corriere della Sera"
Andrà anche tutto bene al Milan, i rapporti con dirigenza e spogliatoio saranno sereni e le conferme non necessarie, ma Clarence Seedorf ha già contattato degli avvocati per prepararsi a un possibile scontro legale con la società . Al di là delle parole concilianti pronunciate durante le interviste, questa è l'aria che tira e ovviamente l'allenatore rossonero ne è ben consapevole.
Di conseguenza, com'è logico, si sta cautelando: come ricorda spesso, ha un contratto per altre due stagioni e intende far valere i suoi diritti.
D'altro canto, da quando Silvio Berlusconi si è convinto che Seedorf non è l'allenatore giusto per il suo Milan (destinato a restare «suo» ancora a lungo, se è vero che a Mattino 5 ieri il presidente onorario ha dichiarato che le ipotesi di vendita sono «solo fantasie altrui» e il figlio Pier Silvio ha confermato «mio padre è legatissimo al Milan»), anche il club sta studiando come sciogliere il legame nel modo più indolore possibile per le casse societarie. In ballo ci sono circa 5 milioni netti di stipendio. L'attenzione è d'obbligo, la cautela di più.
Le ragioni per le quali Berlusconi si è disamorato a tempo record di Seedorf sono sostanzialmente tecniche: gli contesta il mancato utilizzo di Pazzini assieme a Balotelli (con il primo che ha avuto pochissimo spazio), l'ostinarsi a non voler impiegare De Sciglio sulla fascia sinistra (con Abate che, quindi, si accomoda spesso in panchina), il rifiuto di schierare tre mediani (tenendo fuori Poli). Secondo la società , in questo modo, la rosa non viene gestita al meglio.
Ma alcune di queste scelte tecniche contestate potrebbero diventare qualcosa di più: per esempio - ma per ora è solo un'ipotesi di lavoro - anche tramutarsi in ragioni per chiedere la risoluzione del contratto per inadempienza. La sensazione è che nessuno voglia arrivare a tanto. Però questa serie di argomenti potrebbe servire al Milan per chiedere un risarcimento danni oppure, più semplicemente, per mettere un po' di pressione a Seedorf e convincerlo ad accettare un accordo.
Le norme collettive che regolano i rapporti tra l'associazione di allenatori professionisti (Aiac) e le società sportive, infatti, specificano che «l'allenatore si impegna a tutelare e valorizzare il potenziale tecnico e atletico della proprietà » (art. 18).
Ora è chiaro che l'allenatore ha totale autonomia di scelta (quindi manda in campo chi vuole) però è vero che alcuni giocatori (che, magari, appartengono pure al giro della Nazionale e, sempre magari, rischiano di uscirne) possono deprezzarsi se non vengono impiegati.
A maggior ragione se alcuni di questi giocatori chiedono ufficialmente alla società di essere ceduti, ecco che si potrebbe configurare un danno reale. Anche le mille attività «collaterali» di Seedorf potrebbero ritorcersi contro l'allenatore (le norme precisano che è «vietato svolgere attività sportive agonistiche, lavorative o imprenditoriali o comunque incompatibili con l'esecuzione del contratto»).
Terreno scivoloso, s'intende. Materiale buono per una bella disputa a colpi di codici.
A meno che, appunto, conclusa la stagione, non ci si metta d'accordo per una soluzione meno costosa per la società e più onorevole per il tecnico. Intanto, ci sarebbe da giocare un derby. Seedorf lo farà seguendo le sue convinzioni: se accetta qualche consiglio magari aiuta anche la sua causa.
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