“CHIARA, TI RICORDI QUANDO HAI AMMESSO A FEDEZ CHE TI SEI SCOPATA ACHILLE LAURO?” - IL “PUPARO” DEL…
Marco Bonarrigo per corriere.it
Con una decisione che ha pochi precedenti e farà enormemente discutere, il Tribunale di Arbitrato Sportivo di Losanna ha dichiarato mercoledì la sua incompetenza e di conseguenza respinto l’appello della mezzofondista sudafricana Caster Semenya contro la regola 141 della federazione internazionale di atletica leggera (Iaaf) che obbliga le atlete con “diverso sviluppo sessuale” ad assumere dosi massicce di anticoncezionali per abbassare sotto una certa soglia (5 ng/L) i valori di testosterone nel sangue se vogliono gareggiare nella categoria femminile.
Dopo un anno di istruttoria, e pur trovando la norma “di difficilissima applicazione” e “certamente discriminatoria” e non escludendo problemi per la salute delle atlete, il massimo organo di giustizia sportiva non ha trovato, nel ricorso dell’atleta e della federazione sudafricana, elementi giuridici per poter dichiarare non valida la determinazione federale. Il Tas ha invitato la Iaaf a studiare con urgenza una procedura più equa e certa, ma di fatto ha dato il via libera alla regola con effetto immediato spiegando che comunque una regolamentazione è necessaria per salvaguardare l’equità delle sfide agonistiche. Il Tas anche spiegato che mentre la regola Iaaf può avere senso scientifico sulle distanze id 400 e 800 metri, questo senso non è dimostrato nei 1500 metri e nel miglio, id fatto invitando la federazione a un modifica immediata ma non vincolante della regola.
A questo punto la Semenya - e le almeno altre 10 altre atlete di alto livello con lo stesso problema - potranno scegliere se sottoporsi a cura, farsi monitorare dai medici federali e gareggiare tra le donne, rischiando la sospensione se superano i valori-soglia, gareggiare tra gli uomini (ipotesi surreale) o competere in gare su distanze inferiori ai 400 metri o superiori al miglio, dove un alto livello di testosterone non è considerato vantaggioso.
Semenya ha vinto due titoli olimpici e tre mondiali negli 800 metri. Contro la regola 141 si sono espresse decine di associazioni per i diritti umani, il Consiglio dell’Onu e l’intero popolo sudafricano con in testa il presidente della repubblica Ramaphosa che ha parlato di decisione improntata alla peggior forma di razzismo, che umilia le donne nello sport per abbattere a un simbolo del nostro Paese».
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