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Davide Stoppini per la Gazzetta dello Sport
«Mi basta non avere rimpianti». Chissà se Marcello Lippi gli disse così, la sera prima di quel 13 settembre 1995. Ventiquattro anni dopo Antonio Conte e il Borussia Dortmund è sempre una storia di Champions League: allora era un' opportunità, esordio da capitano della Juventus in un torneo mai giocato, e finì addirittura in trionfo con gol e vittoria (e trofeo alzato a fine stagione, giusto per non sbagliare).
Oggi Conte e il Dortmund è un bivio. Per il tecnico, certo. Ma soprattutto per l' Inter, che ha bisogno di quattro punti nella doppia sfida con i tedeschi per immaginare un futuro nella competizione anche nel 2020. «Ma no, non parliamo di finale, mi sembra esagerato - ha sorriso l' allenatore -. È una gara importante, sicuro, contro una squadra forte. E c' è bisogno di vincere, certo.
Però le finali arrivano dopo...».
È la via dialettica scelta per abbassare la tensione, condivisibile anche dopo la strigliata alla squadra nel post Sassuolo. E rafforzata anche da queste altre parole: «Non mettiamo ulteriore pressione sulla squadra, diamo il meglio e vediamo cosa accade. Siamo tranquilli, stiamo viaggiando già spediti: se saremo bravi a vincere bene, altrimenti amen».
I dribbling di Conte non spostano nulla sul valore della serata.
«Ogni gara per noi è uno step», è il mantra del tecnico.
Ecco: lo step di oggi è la prima vera partita da dentro o fuori dell' Inter. Da come saprà gestire la tensione, da come saprà valutare i momenti della partita, si capirà se la squadra nerazzurra ha davvero compiuto un salto in avanti rispetto alla scorsa stagione in campo europeo.
Un anno fa in Champions l' Inter vinse solo due partite, di cui una - contro il Tottenham - che è forse il manifesto moderno più esplicativo della «Pazza Inter». Serve un' inversione di tendenza. E serve anche a Conte, pure per allontanare l' etichetta di tecnico molto più nazionale che internazionale.
Certo che a leggere i numeri il pensiero verrebbe: 2,27 è la media punti del tecnico in Serie A, a fronte dell' 1,46 della Champions. È vero che la qualità degli avversari è differente, ma la distanza è abissale e l' allenatore ha voglia di accorciarla. Magari anche solo affidandosi a un' altra statistica, che racconta di un Conte mai sconfitto nelle 10 partite casalinghe di Champions tra Juve, Chelsea e Inter.
Ecco, probabilmente stasera un pareggio non basterà. «Ma noi non cambieremo approccio per questa gara, ragioniamo sulla vittoria come lo facevamo alla vigilia del Sassuolo - ha spiegato -. Non so se sarà sufficiente ripetere la prova di Barcellona, mi dispiacerebbe solo arrivare a fine partita con dei rimpianti».
Peccato però che il tecnico arrivi a questa partita con le scelte contate - del centrocampo parliamo a parte -, ecco perché poi ha precisato: «Non voglio sentire parlare delle assenze del Borussia, così come io non parlo delle mie. Piuttosto, con il Sassuolo abbiamo incassato tre gol dopo nostri palloni persi.
Dobbiamo fare attenzione, i tedeschi nelle ripartenze sono molto forti». Questo però non lo spingerà a mutare l' idea di calcio. E anzi, quando si trova a parlare di un Godin spaesato sul centro-destra, ecco la sua precisazione: «Ha cambiato modo di giocare, noi difendiamo andando in avanti, deve abituarsi ad avere 50 metri di campo dietro. Ma non cambio idea: vorrebbe dire mettersi dietro la linea della palla in undici e aspettare gli schiaffoni.
No, noi gli schiaffoni vogliamo darli».Magari a dare schiaffoni aiuterà anche Lautaro: «Deve lavorare e basta. Non pensi che il gol sia tutto per un attaccante: io non la vedo così e lui lo sa. Sta diventando un attaccante completo, sta a lui capire di che morte vuole morire, se vuole essere un top o no». Lazaro invece deve proprio capire l' Italia.
Conte l' ha protetto così: «Lui nel 3-4-2-1? Non può giocare a ridosso della punta...è stato preso per fare l' esterno del 3-5-2, così giocava anche nell' Hertha. È giovane, arriva da una squadra di fascia medio bassa, bisogna mettere in preventivo che possa trovare difficoltà. Ci devo lavorare, devo migliorarlo». Lo spera pure il presidente Steven Zhang, che rientra oggi dalla Cina e stasera sarà allo stadio. Quel San Siro da poco meno di 70 mila spettatori, di cui 4 mila tedeschi. A cui Conte, 25 anni dopo, vuol fare un altro scherzetto.
ANTONIO CONTEantonio conte marottaantonio conteantonio conte zhang
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