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Gaia Piccardi per il “Corriere della Sera”
Si erano salutati pugno contro pugno due settimane fa a Montecarlo, alla fine di una sessione di allenamento.
«In bocca al lupo per Marsiglia, Jannik». «E a te per il Messico, Lorenzo». E da oggi si ritrovano insieme nella top 100: Jannik Sinner n.31 e Lorenzo Musetti n.94, due teenager italiani (gli azzurri nell' attico del tennis ora sono 9) alla conquista del mondo.
Eccola, la nouvelle vague de noantri, Jannik mano fredda che ricorda Buster Keaton nell' esultanza (stoppato nei quarti in Francia da un altro che non ama mostrare le emozioni, Daniil Medvedev) e Lorenzo il caldo, reduce da una strepitosa corsa a perdifiato ad Acapulco: un top 10 (Schwartzman), un top 20 (Dimitrov) e un top 60 (Tiafoe) infilati in stato di grazia prima di arrendersi, davanti all' ovazione del pubblico, al n.5 del ranking Tsitsipas, per ora un Everest troppo alto da scalare: «Non ho ancora l' intensità di gioco per reggere il confronto con lui» ha ammesso il toscano con onestà.
Alla fine di ogni vittoria, un tuffo nel blu del cemento messicano, poi un abbraccio appassionato con coach Simone Tartarini: «È stato baby sitter in fase di crescita, educatore, secondo padre, maestro. Mi sentirò sempre in debito con lui».
Cominciate a 513 chilometri - Sinner a San Candido in Alto Adige e Musetti a Carrara in Toscana - e 199 giorni di distanza, le vite parallele di Jan e Muse si rincorrono da sempre: tra il barone rosso che si allena a Bordighera all' Academy di Riccardo Piatti e il ragazzo monomane (con Lorenzo, da oggi, i rovesci a una mano nei primi 100 giocatori del ranking sono 13) cresciuto da Tartarini in orbita Fit scorre una stima sincera e una rivalità sana - lo diciamo? E diciamolo: alla maniera di Federer e Nadal -, che farà crescere entrambi.
Jannik, arrivato a 19 anni e 218 giorni alla soglia dei top 30 grazie all' ottimo successo su Bautista Agut (n.11) a Dubai, dove il russo di riserva Karatsev gli ha sottratto la prima semifinale in un Atp 500 della carriera, è la nave scuola. Lorenzo, che ha più soluzioni nel braccio di Sinner, insegue a fari spenti nella notte: «Jannik è tre step davanti a me, il più forte per ora è lui. Però ad essere sempre al centro dell' attenzione mi fa un grande favore».
Portatore di un tennis bellissimo e antico, bianco nei gesti, si era sempre complicato la vita da solo. A Roma, l' anno scorso, Musetti ha capito cosa significa essere un progetto di campione in Italia: «Agli Internazionali, dove ho passato le qualificazioni, ero più stanco per le interviste che per aver eliminato Wawrinka e Nishikori!». Smaltita la sbornia del Foro Italico, diventato il primo classe 2002 a raggiungere una semifinale Atp (al nuovo 250 di Pula), fallito l' assalto all' Australian Open (fuori a Doha nelle quali), Lorenzo si è regalato un tatuaggio - un cuore sul braccio trafitto da una racchetta - e si è rimesso a macinare tennis con Tartarini, l' architrave del benessere psicofisico del figlio di Francesco, marmista a Carrara.
Brad Gilbert, ex coach di Agassi, l' ha soprannominato Museratti, per sottolineare i cilindri del fuoriserie. Lorenzo ringrazia, tira il fiato e guarda avanti. Da oggi è in tabellone al Master 1000 di Miami, disertato da tutti i grandi perché ha tagliato il montepremi per la pandemia.
In Florida ritrova Sinner, più altri quattro italiani.
Troppa grazia, santo tennis.
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