
DAGOREPORT - LE MANOVRE DA "DOTTOR STRANAMORE" DI ELLY SCHLEIN: SFANGARLA AI REFERENDUM, VINCERE IN…
Tommaso Lorenzini per “Libero Quotidiano”
Dopo secoli, a Zurigo è andata in scena la prima premiazione del Pallone d' oro senza Sepp Blatter nei paraggi. Giubilo, ma i miracoli sono finiti lì, poi tutto è andato secondo copione. D' oro pure quello.
Chi altri se non Lionel Messi (vestito egregiamente dopo che l' anno scorso sembrava una prugna) poteva portare a casa il prezioso soprammobile? D' altronde, la Fifa aveva già reso noto il vincitore il 6 gennaio, quando una manina galeotta aveva anticipato il risultato sul sito ufficiale: una bufala o un errore subito cancellato, ma figurarsi se i problemi della Federcalcio mondiale sono questi...
L' esito finale era comunque scontato: con Liga, Coppa di Spagna, Champions League e Mondiale per club portati a casa, 48 gol in 53 presenze nell' anno solare, i soliti paragoni impossibili con Maradona, non c' era trippa per gatti, neanche per quei due volponi di Cristiano Ronaldo e Neymar, capaci di atteggiarsi a saggi e scafati perdenti, i primi a complimentarsi con la Pulce, quando in realtà non contemplano di arrivare secondi neanche al biliardino.
E dunque fra selfie a go-go, gnocche da cartellino rosso (vedi lady Ramos, Pilar Rubio; vedi la presentatrice, Kate Abdo), vestiti da ergastolo (vedi la giacca di Paul Pogba con fantasia in oro da addobbo natalizio), la Fifa apparecchia un karaoke dove in circa tre ore si fa di tutto tranne che parlare di calcio.
Messi si cucca il quinto Pallone d' oro, il premio più ambito e allo stesso tempo divenuto il più ruffiano. Facile capire perché sia il riconoscimento più desiderato, altrettanto semplice rendersi conto che, al di là di ogni giudizio tecnico-calcistico, il "Fifa World Player of the year" sia ormai una mezza patacca: dal 2010 votano i giornalisti, gli allenatori e i capitani delle Nazionali di tutto il mondo, ma in realtà a decidere sono il politicamente corretto, gli sponsor, i procuratori e una spartizione geografica che possa accontentare tutte le Federazioni.
Dunque, il trofeo che sancisce il miglior giocatore del pianeta (fra le donne vince la statunitense Carli Lloyd) non è fondato su alcun criterio oggettivo se non la soggettività di chi vota, quasi sempre mosso da motivi di interesse. Se poi la preferenza non convince la Fifa, si può sempre cambiarla.
Come nel 2012, ad esempio, quando Josè Mourinho denunciò che molti tecnici si erano lamentati perché il loro voto a favore del portoghese era stato modificato a loro insaputa, sollevando grossi dubbi sulla gestione dei suffragi da parte della Fifa, allora ancora guidata saldamente dal colonnello Blatter. Niente di nuovo per Hristo Stoichkov, che il premio lo ha vinto nel 1994: «È già tutto studiato a tavolino, il Pallone d' Oro mi fa schifo».
Ora, sputare sugli orgasmi calcistici che provocano Messi e i sodali del suo calibro sarebbe da dementi, capita però di andare a rileggere la pre-lista dei 59 candidati presentata a ottobre e scoprirvi di tutto: dall' italo-australiano Luongo (Qpr), al ghanese Atsu (Bournemouth), al coreano Son (Tottenham) fino a Neuer (Bayern), Courtois (Chelsea), De Gea (Man United), Bravo (Barcellona) e Ospina (Arsenal).
E così ti accorgi che Gigi Buffon non ha trovato un posticino fra le nomination dei portieri accanto a Bravo e Ospina (tanto che la Figc ha imposto sia a lui sia a Conte di non votare: si poteva sorvolare, con più buon gusto), dopo una stagione in cui il capitano juventino ha vinto scudetto, Coppa Italia e sfiorato la Champions. Certo, visto quanto è uscito negli ultimi mesi sulle manovre di Blatter e amici, non dobbiamo stupirci.
«Meglio un Mondiale di cinque Palloni d' oro», aveva esclamato all' arrivo sul red carpet Messi, che poi ha passato quasi tre ore seduto in platea con lo stesso entusiasmo di uno obbligato a sorbirsi un documentario sugli scarafaggi. Per lui il 41,3% dei consensi davanti a CR7 (27,7%), e Neymar (7,8%), sotto gli occhi di quel Paul Pogba che per adesso deve accontantarsi di finire nella Top 11 insieme a mezzo Barça (un presagio, per l' unico premiato del calcio italiano?). «È molto più di quanto potessi immaginare e sognare quando ero ragazzo.
Devo ringraziare chi mi ha votato e i miei compagni di squadra. E anche il calcio per quello che mi ha dato, nel bene e nel male, perché mi ha fatto crescere ed imparare tantissime cose nella vita», l' originalissimo commento finale di Messi. Buena manita, Lionel.
antonella roccuzzo cristiano ronaldo
SOTTO-MESSI - QUINTO PALLONE D' ORO PER LA PULCE: BATTUTO CRISTIANO RONALDO (FERMO A 3) - LA POLEMICA DI SCONCERTI
Francesco Persili per Dagospia
Sotto-Messi. Stavolta non c’è nessun urlo di Cristiano Ronaldo, solo il sorriso sornione della Pulce che, dopo aver visto festeggiare per due anni il rivale, si ri-porta a casa il Pallone d’Oro, il quinto della sua carriera: «E’ molto più di quello che potevo sognare quando ero ragazzino ma cambierei tutti i premi con un Mondiale», ammette la Pulce che ricorda le mutevoli sorti del calcio: «L’anno scorso di questi tempi ci volevano uccidere, poi abbiamo vinto tutto…».
Dopo la manita di successi del Barcellona, ecco la “manita de oro” di Messi. Sarà contento il figlio di CR7 che è un grande tifoso del fuoriclasse del Barcellona. «A casa parla sempre di lui», disse l’anno scorso il portoghese che si è presentato alla cerimonia di Zurigo senza una compagna al suo fianco anche se non ha mancato di esibire la sua galanteria con la moglie dell’asso argentino, Antonella Roccuzzo.
Assenti Blatter e Platini, tutto ruota attorno a Cristiano e a Leo. I due fenomeni del XXI secolo pallonaro che dal 2008 si palleggiano il trofeo, gioiose macchine da gol e da soldi. Se Messi è il Paperone del calcio, Cristiano Ronaldo, è stato consacrato dalla rivista Forbes come l’unico calciatore – insieme a Beckham – ad avere le physique du rôle per competere con le celebrità dello showbiz.
La competizione li spinge a migliorarsi di continuo. Messi è tornato in una condizione smagliante di forma grazie alla dieta del nutrizionista Poser, CR7 cura il suo corpo da statua michelangiolesca «con una professionalità che si accontenta solo della perfezione», come ha detto l’ex attaccante, calciatore e dirigente del Real Madrid, Jorge Valdano.
Per trovare conferme, chiedere ad Ancelotti che lo ha allenato, e ammirato, al Real: Cristiano vuole sempre il meglio, «e questo vale anche per le fidanzate», come rimarca una delle penne più raffinate del racconto sportivo contemporaneo, Guillem Balague, nella controversa biografia “CR7” (pubblicata da Piemme). Resta da vedere solo in che modo e fino a che punto i due riusciranno a mantenere questi standard di rendimento e come riusciranno ad adattare il loro gioco all’inevitabile declino fisico.
Per adesso il Pallone d’Oro è roba loro. Non c’è Iniesta che tenga. E anche Ibrahimovic, meglio che si metta il cuore in pace («Trovo paradossale che non sia stato premiato uno come Ibra che ha vinto ovunque», la polemica sollevata da Mario Sconcerti durante la trasmissione “Terzo Tempo” domenica scorsa su Sky)
A rompere il duopolio proveranno nei prossimi anni Neymar, quest’anno terzo, Suarez e Pogba che con la sua giacca dorata contende allo smoking a pois di Messi il premio per la mise più spregiudicata del gran galà del pallone.
Tra gli sbadigli di una festa più noiosa di quelle della terza media, l’unico che si diverte è Florenzi che non ce la fa a vincere il premio Puskas per il miglior gol del 2015 ma, in fondo, va bene così: «Ho vissuto la giornata di oggi come un bambino al parco giochi…». E al parco, si sa, ci sono sempre quei due, Leo e Cristiano, che si passano il Pallone (d’Oro) e poi se lo portano via.
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