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SPALLETTI VUOLE L’IMPRESA CONTRO LA GERMANIA: “NON DOBBIAMO INVENTARCI NIENTE: SOLO RIPETERE LE COSE BUONE DELL’ANDATA, EVITARE LE DISTRAZIONI SUI PALLONI ALTI” (HAI DETTO NIENTE) – IL CT PENSA DI DARE UNA CHANCE A DANIEL MALDINI – GLI AZZURRI, IN CASO DI ELIMINAZIONE, FINIRANNO NEL GIRONE A 5 DELLE QUALIFICAZIONI AL MONDIALE CON IL RISCHIOSO DEBUTTO IL 6 GIUGNO A OSLO CONTRO LA NORVEGIA DI HAALAND…
Enrico Currò per repubblica.it - Estratti
luciano spalletti foto lapresse
Paolo Maldini giocò in Renania, a Düsseldorf, la sua prima grande partita in Nazionale all’Europeo 1988: 1-1 con la Germania, gol di Mancini e Brehme. A poca distanza, a Dortmund, suo figlio Daniel, quasi 37 anni dopo, potrebbe vivere il suo debutto dall’inizio in azzurro. Non è una suggestione, ma una precisa indicazione di Spalletti: “Perché no, stiamo parlando di un calciatore che si è dimostrato di livello top e deve solo acchiappare minuti a livello internazionale”.
Il dubbio su chi affiancherà Kean al Westfalen Stadion — Maldini, Barella avanzato a rifinitore, Frattesi — resta il vero rebus di una partita che l’Italia deve vincere per forza, dopo avere perso a San Siro l’andata dei quarti della Nations League. Agguantare almeno i supplementari è l’unica strada per la Final Four e per evitare il girone a 5 delle qualificazioni al Mondiale e il rischioso debutto il 6 giugno a Oslo contro la Norvegia di Haaland, che ha già chiarito in Moldova di volersi portare avanti nella differenza reti: ha vinto 5-0.
Lo scorso giugno la Nazionale aveva abbandonato alla loro tristezza d’acciaio per l’eliminazione dall’Europeo un centinaio di italiani di Renania, malinconicamente assiepati dietro una transenna dell’hotel del ritiro azzurro di Iserlohn a parlare increduli della sconfitta con la Svizzera. Li ha ritrovati a Dortmund, dove sa di doverli consolare con i fatti, scacciando il loro timore che in nove mesi non sia cambiato nulla. E che i tedeschi possano infierire: “Per tutti gli italiani, a maggior ragione per quelli che vivono qui, dobbiamo essere un sogno”, ripete, e il pensiero va anche ad altri emigrati: quelli che vivono in America e che nel 2026 aspettano gli azzurri al Mondiale.
Ma sa anche benissimo, il ct, che a lui spetta di passare dal piano sociologico a quello tecnico e che il calcio è fatto di risultati: non basta giocare benino. A una squadra che porta quattro stelle mondiali sulla maglia e ha vinto due Europei si chiede innanzitutto di vincere. Giovedì scorso, a San Siro, si è illusa di poterlo fare difendendosi compatta per poi punzecchiare la Germania in contropiede, invece non ha saputo custodire il gol di Tonali. Spalletti riassume: “Non dobbiamo inventarci niente: solo ripetere le cose buone dell’andata, evitare le distrazioni sui palloni alti magari con più centimetri e forza, rimanere in partita con l’impatto giusto e mettere fantasia nella ripresa”.
luciano spalletti foto lapresse 1
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