DAGOREPORT – MARINA E PIER SILVIO NON HANNO FATTO I CONTI CON IL VUOTO DI POTERE IN FAMIGLIA…
Marco Pasotto per gazzetta.it
Mentre a New York è notte, in attesa che arrivi il giorno in cui scadrà l'ultimatum dato da Rocco Commisso a Li Yonghong, emergono altri dettagli sull'improvvisa interruzione dell'affare. Secondo fonti vicine alla trattativa, il dialogo fra l'attuale presidente rossonero e colui che ambisce a diventarlo si è interrotto perché Li, per la seconda volta, si sarebbe alzato dal tavolo, nonostante un accordo virtualmente raggiunto.
IL DÉJÀ VU — Era giù successo tre settimane fa e lo scenario si è ripetuto anche ieri. Dall'entourage Commisso filtra molto dispiacere, perché così facendo Li impedirebbe al Milan di cambiare - in meglio - le prospettive societarie agli occhi della Uefa e soprattutto del Tas. In parole povere: non avrebbe il famoso nuovo socio a garanzia della continuità. Da quanto risulta, Commisso aveva confezionato un’offerta che prevede il ripagamento del debito a Elliott, un’immissione di circa 150 milioni di capitali nel Milan per mercato e gestione, con Li che rimarrebbe come socio di minoranza al 30%. In più, sarebbe previsto il progetto di un nuovo stadio. In pratica Commisso è convinto che sarebbe in grado di far tornare il Milan agli antichi fasti, mentre lo scenario attuale dice altro: in questo momento Mr. Li resta in "ostaggio" del fondo Elliott.
MILAN, CI SIAMO
Arianna Ravelli per il Corriere della Sera
Appesi all' Uefa. In tutti i sensi. Non fosse che gli ultimi, turbolenti, anni - e anche gli ultimi giorni per la verità -, sono stati scanditi da un annuncio dietro l' altro che hanno estenuato i tifosi, si potrebbe dire con più leggerezza che la giornata di oggi segnerà la storia del Milan. È doverosa, invece, molta cautela, anche se gli indizi vanno effettivamente in questa direzione.
Appesi all' Uefa, intanto perché dopo un' attesa che non è sbagliato definire irrituale (ha spiazzato anche frequentatori dei palazzi svizzeri), oggi dovrebbe arrivare il verdetto da Nyon, che a quanto risulta coinciderà con le anticipazioni: un anno di esclusione dalle Coppe, più una multa, mentre è da vedere se il rientro in Europa nel secondo anno sarà condizionato al rispetto di certi parametri.
L' Uefa fornirà, oltre al dispositivo, anche le motivazioni, la cui stesura si sarebbe rivelata più difficoltosa del solito. Il caso Milan, oltre che complesso, è naturalmente molto delicato. Il club, in ogni caso, farà ricorso al Tas di Losanna.
Ma appesi all' Uefa perché quanto si sta decidendo a Nyon ha una ripercussione anche sulla trattativa per la vendita della maggioranza del Milan. In molti tra i tifosi speravano che fosse Nyon ad aspettare gli sviluppi di New York, magari ammorbidendo il verdetto, di fronte a un proprietario più noto e più solido finanziariamente (l' Uefa ha indicato nelle incertezze del rifinanziamento del debito con il fondo Elliott, in scadenza a ottobre, il problema principale). Sembra piuttosto vero il contrario: è a New York che aspettano la decisione della camera giudicante di Nyon.
L' esclusione dalle Coppe, infatti, inciderà inevitabilmente sul prezzo e diventa una variabile in più nella trattativa. Ecco perché anche le due parti attendono il verdetto.
Nella giornata di ieri, accelerazioni e frenate si sono succedute: in ogni caso Rocco Commisso sembra vicino a diventare il proprietario del Milan e le prossime 24/48 ore possono davvero essere decisive, magari con la firma di una proposta d' acquisto vincolante. Il proprietario del gruppo Mediacom ha accettato di lasciare una quota di minoranza a Yonghong Li, che dovrebbe aggirarsi attorno al 20%. È la possibilità, per il patron cinese, di ridurre le perdite della sua avventura rossonera, in vista di una futura quotazione in Borsa. Commisso infatti valuta il Milan circa 500 milioni, mentre Li lo ha comprato per 740.
fassone esce dallo studio legale gattai minoli agostinelli
Ma Li si è già dimostrato un negoziatore abile, dai nervi saldissimi, deciso a prendersi tutto il tempo per giocare su più tavoli e valutare tutte le alternative. È una partita a scacchi e se n' è dovuto accorgere anche Commisso, desideroso di chiudere il prima possibile: durante l' ultimo mese di trattative, infatti, sono stati numerosi gli ultimatum lanciati dall' imprenditore americano e non rispettati. Poi, si è ricominciato a trattare. Ma ecco spiegato perché è rimasta in corsa anche la famiglia di Thomas Ricketts, il proprietario dei Chicago Cubs, che è partita in ritardo ma cerca di recuperare. Ed ecco perché nessuno può davvero escludere che mr Li trovi anche i 32 milioni dell' ultimo aumento di capitale per rimborsare il fondo Elliott (la scadenza è il 9 luglio) e regalarsi quindi altro tempo per trattare. Non ci sono infatti, fino a ottobre - quando dovrà rimborsare tutto il debito a Elliott -, altre scadenze impellenti per lui.
Ma Commisso difficilmente accetterebbe un lungo rinvio. E se salta tutto, Li rischia di perdere molto di più. Alla fine, accordarsi in tempi rapidi conviene a tutti (con Commisso pronto a versare a Elliott i 32 milioni e i 180 del prestito alla holding) ed ecco perché potrebbe succedere nelle prossime ore.
3. SALVATO DA UNA FISARMONICA
Tommaso Labate per il Corriere della Sera
«Mi pari co' 'ndaju 'cca davanti», mi pare di vederlo qua davanti, nel profondo Sud, lo si dice parlando dei morti o di quelli che non si vedono da talmente tanto tempo che se non lo sono, morti, allora vengono trattati con la meraviglia che si deve ai resuscitati.
Da qualche giorno, nel piazzale della stazione ferroviaria di Marina di Gioiosa Ionica, provincia di Reggio Calabria, rimasto pressoché identico a com' era nel 1962, lo si dice tra i sorrisi di gioia, «mi pari co' 'ndaju 'cca davanti», confrontando la foto del quasi settantenne Rocco Commisso - l' imprenditore italo americano in corsa per l' acquisto del Milan - con quella del ragazzino che oltre mezzo secolo addietro si tuffava a volo d' angelo sull' asfalto di un campo da calcio improvvisato per colpire il pallone di testa e dimostrare ai più grandi che aveva coraggio.
Dote che gli era valsa l' onomatopeico soprannome di «pitozzu», che non voleva dire nulla se non ricordare il suono di una pietra che plana a terra dopo un volo e non si rompe, né si scalfisce, come la testa dell' inventore di Mediacom, quattro miliardi e mezzo di dollari di patrimonio personale costruiti su due basi. La testa dura, soprattutto. E una fisarmonica.
Quella fisarmonica suonata fin da bambino, come capita a tanti bambini del Dopoguerra lontani anni luce dalle lezioni di pianoforte o violino dei bambini del boom economico, Commisso se la ritrova idealmente sulle spalle quando nell' estate del 1963, passeggiando per il Bronx, intercetta sulla sopraelevata della metropolitana il cartellone di un talent show musicale organizzato dal Wakefield Theatre.
4214 White Plains Road, Bronx, New York: nel teatro, che ha chiuso i battenti negli anni Settanta, il giovane Rocco - che ha lasciato la Calabria già da un anno e mezzo, trascorso appena fuori Pittsbourgh, la prima destinazione della sua famiglia di emigranti - suona la fisarmonica ogni mercoledì.
Vince il concorso musicale ma rifiuta il premio, una borsa di studio per il Conservatorio di Berkley. E lo «baratta» con una lettera di referenze che il direttore del Wakefield Theatre accetta di mandare al preside della Mount Saint Michael Academy, che decide di accogliere il ragazzo rimasto fuori dalla scuola perché arrivato nella Grande Mela in estate, a iscrizioni chiuse.
È la sliding door che sbarra il passaggio a un futuro musicista e accoglie, invece, l' uomo d' impresa. L' insegnante di ginnastica della sua scuola superiore, dove Commisso gioca a pallamano, lo segnala come giocatore di calcio prima alla New York University poi alla Columbia. Il provino vale a lui i 75mila dollari della borsa di studio integrale e alla squadra della Columbia, anche grazie al suo innesto in squadra, i primi playoff della Ncaa della sua storia. I voli d' angelo per colpire il pallone di testa sono gli stessi di dieci anni prima. E il prato verde, poi, fa meno paura dell' asfalto.
Ma visto che le sliding doors sembrano attaccate a Commisso come un elettrone all' atomo, ecco che arriva l' ora di scegliere tra il calcio (fa un provino per la Nazionale olimpica Usa del '72) e l' impresa.
La vita sceglie per lui la seconda. Entra nel colosso farmaceutico Pfizer, poi apre una discoteca nel Bronx dove fa esibire i Cugini di Campagna e gli Homo Sapiens, intanto finisce il Master in business administration, quindi approda - unico italoamericano - nell' ufficio principale della Chase Manhattan Bank.
Lì, come ogni storia destinata al lieto fine, l' intoppo: lo tengono lontano da clienti come la General Motors (della serie, «sei troppo italoamericano») per affidargli i pesci più piccoli del settore autotrasporti (sottotesto, «perché lì ci sono gli italoamericani come te»). Settore da cui lo tira fuori, chiamandolo nella divisione che si occupava di comunicazione e tv, un manager di origine tedesca. È la porta scorrevole finale. Quella gli avrebbe garantito il «sapere» per fondare Mediacom nel seminterrato di casa. Lo stesso seminterrato in cui, chissà, magari ricoperta da una coltre di polvere, in compagnia delle foto ingiallite della Calabria lasciata nel 1962, si nascondeva una vecchia fisarmonica.
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