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Marco Azzi per “La Repubblica”
Dagli archivi on line di Lottomatica è saltata fuori una vecchia pagina: con i prezzi (45 e 25 euro) e le modalità di vendita per i 2099 biglietti per il settore “Ospiti”. Era un link datato e ormai inutilizzabile.
Ma intanto era già ripartito in città lo speranzoso tam tam tra i tifosi, alle prese con un divieto doloroso e beffardo, che sabato notte li escluderà dalla trasferta di Torino e da una sfida scudetto attesa a Napoli da 26 anni. Così ha stabilito il Viminale, su proposta del sindaco torinese, Salvatore Longo.
I timori per l’ordine pubblico sono stati ritenuti troppo alti ed è scattato il provvedimento di routine, che stavolta fa più scalpore per la rilevanza della gara. In tv la vedranno in mezzo mondo. Allo Stadium potranno invece entrare solo i sostenitori bianconeri, che a loro volta erano però stati tenuti alla larga all’andata dal San Paolo.
È acquisito il criterio della “reciprocità”: ieri a me e oggi a te, con un triste palleggio delle responsabilità. Così fan tutti e alla fine ci rimette il calcio, a sua volta lento nel prendere le distanze dai violenti e collaborare con le forze dell’ordine. Tra le tifoserie di Juve e Napoli non è mai corso buon sangue, ma sono stati gli ultimi precedenti a far precipitare la situazione (scontri, danneggiamenti e cori discriminatori) e innalzare la tensione: fino al ferreo divieto delle trasferte.
Il latte era stato già versato da un po’, insomma. Ma il rumore che circonda l’evento ha smosso comunque le coscienze dello sport italiano, ai massimi livelli. «C’è un grande velo di tristezza, rabbia e impotenza, nell’assistere a questi divieti», ha detto il numero uno del Coni, Giovanni Malagò. «Non basta chiudere gli stadi per risolvere il problema della violenza», gli ha fatto eco il presidente federale, Carlo Tavecchio.
Intanto ci rimettono gli appassionati, soprattutto quelli che pagano la tessera del tifoso: nata per bypassare i divieti. Macché. E allora i ricorsi ai Tar di Campania e Piemonte non sembrano infondati. Starà fuori tanta gente perbene ed è una magra consolazione che all’andata sia toccata agli uni e ora agli altri: anche se il gioco delle parti finisce per essere comprensibile.
Alla Juve, ovvio, non dispiace l’idea di uno Stadium bianconero, col settore Ospiti riservato ai ragazzi del settore giovanile. Gli altri biglietti erano già andati a ruba in prelazione, prima della vendita libera. All’andata del resto pure il San Paolo era azzurro.
Ma questa è una partita speciale e non tutti i napoletani si sono arresi. Gli infiltrati (difficile quantificarli) non sono ultrà. I più sono residenti al nord, con parenti e amici (in prelazione ogni possessore delle card bianconere poteva comprare 4 tagliandi) disposti a dare asilo ai “nemici”. Altri si sono spinti oltre, arrivando in tempi non sospetti a sottoscrivere la tessera del tifoso della Juve. «Mi sono dato un pizzico sulla stomaco, però ne vale la pena», si vantava ieri un anonimo, sui social.
Su internet c’è però anche chi specula: offrendo a prezzi maggiorati i biglietti. Effetti collaterali di una decisione che fa male al calcio italiano, a pochi giorni dalla festa del Leicester in casa City.
A Napoli, per scaramanzia, ricordano un’altra sfida scudetto: del 1 maggio 1988 e dell’editto di Maradona. «Niente bandiere rossonere al San Paolo ». Finì tra gli applausi degli 80 mila per un gran Milan. Allo Stadium, sabato sera, chissà.
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