L’AMBIZIOSA E INCONTROLLABILE BARBARA BERLUSCONI HA FATTO INCAZZARE MARINA E PIER SILVIO CON LA…
Andrea Sorrentino per la Repubblica
Vita da allenatori. Ricchi, famosi, stressati, sulla graticola per definizione, e per contratto, a volte, in balia di siffatte domande: «Lei teme che in caso di sconfitta stasera potrebbe perdere il posto?». La formula un giornalista nigeriano, e a Carlo Ancelotti scappa da ridere, e il collega insiste, così Carlo concede: «Mi fa piacere che in Nigeria siate così interessati al mio destino, ma spero proprio che questa cosa non accada».
È appena la vigilia di Psg-Bayern, seconda di Champions (non ci sarà il portiere Neuer infortunato, i parigini col tridente da 460 milioni Mbappé- Cavani-Neymar), nulla di importante si deciderà stasera e al massimo si capirà chi potrebbe essere primo nel girone, e in fondo il Bayern finora ha vinto 7 partite ufficiali su 9, ha perso solo 2-0 con l' Hoffenheim e pareggiato col Wolfsburg, in Bundesliga è a -3 dal Borussia Dortmund capolista, dopo la gara di esordio in Champions col 3-0 all' Anderlecht è già davanti a tutti per possesso palla (68%) e tiri tentati (29).
Ma allenare il Bayern è anche questo: se non vinci ogni partita, arriva la piena. Dubbi e polemiche su Carlo impazzano in Germania, alimentate dai terribili e ciarlieri ex, gli ultimi Lothar Matthäus e Mario Basler, prima di loro Oliver Kahn, che lo fanno a fettine perché non fa giocare questo o quello, perché la squadra è molle, perché segna poco o subisce troppo.
Vecchie storie. Nel Bayern è in atto un cambio generazionale che Ancelotti deve guidare, così la rinuncia a un totem come Thomas Müller fa rumore e partono i cannoneggiamenti interni, oppure se non giocano Robben e Ribery. Inevitabile. Ma Carlo ha allenato il Real Madrid per due anni, quindi ha visto di peggio, poi ci mette la sua solita ironia:
«Non conosco le critiche sul mio conto perché non leggo i giornali: non capisco il tedesco», ha detto l' altro giorno, e in parte è verissimo. Così scrolla il testone, inarca il sopracciglio, intrattiene la platea in inglese (buono), francese (così così ma può andare), tedesco (pessimo, infatti dice solo una frase poi torna all' inglese), e fa il suo mestiere. Tanto, alla fine di questa stagione, vadano come vadano le cose al Bayern, non gli mancheranno profferte. Una, dicono negli ultimi giorni a Parigi, potrebbe arrivargli proprio dal Psg, il club che lui allenò per un anno e mezzo prima di fuggire al Real Madrid, nel 2013. All' epoca i rapporti col presidente Al Khelaifi si guastarono ma ora sono tornati buoni.
Al Psg serve un navigato gestore di uno spogliatoio difficile, zeppo di ego smisurati, da Neymar in giù, e ormai si è capito che il buon Unai Emery lo maneggia con difficoltà, anzi proprio non ce la fa. Ieri il basco è arrivato terreo in conferenza stampa e non è riuscito neppure a dire chi sarà il rigorista stasera, dopo la lite tra Cavani e Neymar che ha incendiato Parigi: «Tutti vogliono tirare i rigori. Ho parlato con i giocatori e abbiamo preso una decisione», ma si sa che certe questioni passano anche sopra la sua testa. Emery osserva: «Stiamo crescendo, in Europa tutti ci guardano e abbiamo ormai molti nemici». Quelli del Bayern, che in estate hanno guidato la fronda contro le spese del Psg con l' Uefa, di sicuro: «In campo non vanno i soldi, ma la qualità dei giocatori», avverte Robben.
E il presidente Hoeness va ancora giù duro: «Comprare giocatori da 100 milioni è inaccettabile per il Bayern. Verrà il giorno in cui chi adesso sventola il denaro dovrà abbassare lo sguardo». Mica male, questo Psg-Bayern.
CARLO DAVIDE ANCELOTTIANCELOTTI VINCE IL CAMPIONATO CON IL BAYERNANCELOTTI VINCE IL CAMPIONATO CON IL BAYERN CARLO DAVIDE ANCELOTTIANCELOTTIANCELOTTIANCELOTTI A EDICOLA FIORE
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