RIUSCIRÀ SALVINI A RITROVARE LA FORTUNA POLITICA MISTERIOSAMENTE SCOMPARSA? PER NON PERDERE LA…
Renato Piva per il Corriere della Sera
Il sogno di Olghe: «Diventare calciatore!», risponde lui senza esitazione. Un desiderio certo non facile da realizzare: «Sì, lo so. Devo imparare tanto». Ma del resto che cosa gli piacerebbe fare d' altro se non giocare a pallone?
«Non c' è altro». A 13 anni si sogna senza piani di emergenza, tanto più se ti cerca il Real Madrid di Zidane e Florentino Perez. Olghe Balliu, testa e piedi che volano, vive a Riese Pio X (Treviso). È un piccolo veneto con il cognome albanese di papà Lulzim, operaio in una fabbrica di arredi, 40 anni, trascorsi da terzino in terza categoria: quella che Olghe, quasi certamente, non toccherà neppure di striscio. Ala sinistra degli esordienti del Cittadella, club padovano di B, baby Balliu ha stregato gli osservatori d' Italia e mezza Europa. Il ragazzino è piccolino: uno e 40, per cui regala una testa e mezza a compagni e avversari. I piedi, però, cantano. «Due settimane fa - racconta papà Balliu - abbiamo girato uno spot a Madrid per Adidas, lo sponsor del Real». I bianchi di Spagna, se le regole non lo impedissero, avrebbero già sistemato il talentino trevigiano alla Ciudad Real Madrid, il loro centro sportivo. Per «importare» un baby calciatore deve aver compiuto 16 anni.
Ne mancano tre, ma i madrileni si sono portati avanti.
«Due anni fa - ricorda Lulzim Balliu - siamo andati al camp del Real di Curtarolo, pagando 200 euro. Un loro tecnico, visto Olghe, mi ha detto: "Noi non diamo mai nove, ma una tecnica così, a questa età, non l' ho mai vista"». Curtarolo, Padova: al tempo in cui un campione può fatturare anche più di una media industria, i club cercano di farlo crescere in casa. E le grandi società europee conoscono tutte le giovani promesse. Dopo quel primo contatto Olghe, un mese dopo, è stato invitato con il padre a Torino, ultima tappa del tour italiano dei galattici.
Era l' estate 2017. «Lo scorso luglio - dice il papà - siamo stati invitati a Madrid, per tre giorni di osservazione». I voli a carico di papà Lulzim, che torna in Spagna con il figlio anche il 4 gennaio, stavolta spesato da Florentino Perez. Succede ancora due mesi dopo, per lo spot.
«Messi è il campione che ammiro più di tutti», dice Olghe, che, tifando Juve, con Cristiano Ronaldo avrebbe già in casa di che strabuzzare gli occhi: «Mi piace Messi per come scarta, perché è veloce e fa tanti assist. Mi ispiro a lui».
Intanto l' aletta del Cittadella gioca a battere Leo a palleggi con pallina da tennis: «198 - segna alla lavagna il padre -, 192 filmati da me. Messi si è fermato a 180». Palle da tennis, ostacoli di legno, cerchi, porticine e ripetute a manetta. È la dieta del talento da coltivare, firmata da un altro di qui, che con Messi qualcosa c' entra. Massimiliano Sambugaro, ingaggiato dal Cittadella come responsabile della tecnica dei ragazzi. Due anni fa, via web, ha sfidato Messi a colpire la traversa da calcio d' angolo, poi si è inventato mille trucchi con il pallone, diventando un personaggio social. «Olghe è forte - assicura - ma deve migliorare nelle scelte di gioco, com' è normale alla sua età. Piccolo di statura? Io guardo alla gamba, ma anche alla tecnica».
RIECCO "VINCENZINO" SARNO
Vanni Spinella per sport.sky.it
La notizia del suo trasferimento è passata un po’ sotto silenzio, oscurata dai dubbi di Cristiano Ronaldo e dai tormenti di Dzeko. Quasi vent’anni fa, però, le prime pagine se le era prese tutte lui, colpaccio da 120 milioni (all’epoca erano di lire) che fece discutere l’Italia intera e interrogò qualche coscienza. Vincenzo Sarno è un nuovo giocatore del Padova, Lega Pro, girone B. Se il nome ha risvegliato in voi qualche ricordo, ebbene sì, si tratta proprio di “quel” Vincenzino Sarno, il bambino prodigio che – correva l’anno 1999, il giorno esatto era il 28 gennaio – veniva acquistato dal Torino per una cifra spropositata visti i suoi 10 anni e un futuro ancora impossibile da tracciare: 120 milioni di lire.
120 milioni per il nuovo Maradona
Napoletano, mancino, lo chiamavano “il piccolo Maradona”, nel quartiere di Secondigliano in cui è cresciuto. Giusto perché a 10 anni è bene non caricare i bambini di eccessive pressioni. Da quelle parti però diventa presto un idolo: lì dove tutti i ragazzi sognano un futuro da calciatore per sfuggire a una difficile realtà, lui rappresenta la speranza di chi cerca una rivincita nei confronti della vita, aggrappandosi a un dono, quello di saper giocare a calcio. Vincenzino gioca come nessun altro alla sua età. Tanto bene da indurre il Torino a scommettere su di lui, presentandosi alla famiglia con il famoso assegno da 120 milioni che al papà Ernesto, disoccupato, una moglie e 5 figli da mantenere, cambiano letteralmente la vita. Ovviamente, non potendo mettere sotto contratto un bambino di quella età, la cifra è un “omaggio” per la famiglia, per assicurarsi il tesseramento al compimento dei 14 anni. La classica offerta che non si può rifiutare e infatti papà Ernesto si guarda bene dal rispedirla al mittente.
Tutta colpa di un torneo di Natale riservato alle giovanili a cui prende parte anche la Scuola Calcio “Gaetano Scirea”, dove Vincenzo gioca negli esordienti: numeri da fenomeno, la folla che lo indica, vittoria del “Pallone d'oro” del torneo e dal giorno dopo la fila davanti a casa Sarno: Napoli, Parma, Empoli, persino il Coventry. Alla fine l’offerta del Torino è la migliore, preferito anche al Napoli, di cui papà Ernesto è tifosissimo, perché “mio figlio più grande, Antonio, non è stato trattato molto bene a Soccavo e perciò ho deciso che Vincenzo sarebbe andato altrove”. Così come ha già deciso che, con Vincenzo e Antonio, trasferirà tutta la famiglia a Torino, dove gli è stato promesso anche un posto di lavoro.
Sono le regole del gioco, fa tutto parte dello show: devi accettare che il calcio possa stravolgerti la vita, sperando te ne restituisca una migliore. E noi, come a teatro, ci godiamo lo spettacolo. Signora in balconata, scandalizzata: “E il bambino? Chi ci pensa al bambino?”.
I palleggi con Batistuta, sognando Del Piero
Già: qualcuno gli ha chiesto cosa desidera davvero? Lui ovviamente sogna sul serio di diventare un calciatore: è juventino, il suo idolo è il 24enne Del Piero. Non può che sembrargli tutto una favola. Ma in quinta elementare puoi veramente sapere quale sia il tuo sogno? Sono le domande che spaccano l’Italia per qualche giorno, quando la notizia apre tutti i telegiornali, che si fiondano a Napoli per riprendere il piccolo Vincenzo mentre palleggia, destro e sinistro, destro e sinistro, che il ragazzino è già ambidestro e il mister lo potrà schierare indifferentemente su entrambe le fasce.
Ma il vortice in cui è finito ha appena iniziato a risucchiarlo. Il circo mediatico ha piazzato il suo tendone. Le tv, nazionali e locali, se lo contendono, Bruno Vespa lo invita a “Porta a Porta” dove lo fa palleggiare con Mancini e Batistuta, e poi gli chiede in quale squadra sogni di giocare. Lui, con il cappellino del Torino calato sugli occhi e la tuta granata addosso, risponde sereno: “Nella Juve”. Risate del pubblico. L’innocenza dei bambini. Allora lo vediamo tutti che è solo un bambino.
La notizia dell’esistenza di un possibile erede, un Pibino, rimbalza fino alle orecchie di Maradona in persona e anche a lui chiedono un commento. “Ho letto i giornali, è davvero così bravo? Il Napoli non è più quello di un tempo se gli è sfuggito sotto il naso”. Le parole più sagge le trova Del Piero, nell’immancabile faccia a faccia ricreato in diretta tv: “Gli auguro ogni fortuna, ma spero altrettanto che adesso continui a giocare e a pensare come un bambino di 10 anni, e che si diverta soprattutto”. Applausi del pubblico.
Il finale della favola
Durò poco, pochissimo, a Torino. “Dopo un mese sono andato via – racconterà – Piangevo tutte le notti, ho chiamato mio padre e gli ho chiesto di venirmi a prendere perché non ce la facevo più a stare lì”. Torna a Napoli, giusto il tempo di convincersi a riprovarci: stavolta è la Roma a opzionarlo e a portarlo nel proprio settore giovanile, categoria Giovanissimi Nazionali, e nel 2002, a 14 anni, si rifanno le valigie. Quando si tratta di spiccare il grande salto, a un passo dalla Primavera, non arriva la conferma e inizia il giro d’Italia nelle serie minori. A 19 anni è titolare della nazionale under20 di Serie C ma finisce ai margini nella sua squadra, la Sangiovannese, con cui ha esordito ancora minorenne nel calcio professionistico. Poi Giulianova, Potenza, Pro Patria, Virtus Lanciano, Virtus Entella, nel mezzo anche Brescia e Reggina in Serie B, fino al Foggia, allenato da De Zerbi e amatissimo dai tifosi.
Passano le squadre, passano anche gli anni: nel calcio moderno il suo metro e 67 unito al buon sinistro ne fanno un’ala destra “col piede invertito”, con cui disegna tagli per i compagni ma segna pochi gol. Un “piccoletto”, come quelli che si esaltano nel Napoli di Sarri. Nel frattempo, Vincenzo è diventato anche papà. Ora il mercato invernale, a distanza di 19 anni esatti, ci ha restituito quel nome, risvegliando i ricordi. Prossima tappa Padova, la città in cui la favola del suo idolo da bambino aveva avuto inizio. Forse è un cerchio che si chiude, come nelle migliori storie.
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