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“SUI SOCIAL QUALCUNO SCRIVE CHE LARISSA NON È ITALIANA. MA COME SI PUÒ?” – FIONA MAY SI INCAZZA PERCHE’ QUALCHE CRETINO HA PRESO DI MIRA LA FIGLIA LARISSA IAPICHINO, 4° NEL SALTO IN LUNGO ALLE OLIMPIADI – “L’ITALIA È ANDATA INDIETRO DI VENT’ANNI. PRIMA NON C’ERA TUTTO QUESTO RAZZISMO. O FORSE NON C’ERANO I SOCIAL. NON MI PIACE NEPPURE QUANDO I TELECRONISTI DICONO: LARISSA HA UN PAPÀ ITALIANO, LA MAMMA INVECE… IO HO GAREGGIATO CON LA MAGLIA AZZURRA PER TUTTA LA VITA” – IL PROBLEMA E’ IL COLORE DELLA PELLE. PERCHÉ IN ITALIA NON CI SONO NERI NELLA NAZIONALE DI CALCIO?”

Aldo Cazzullo per il Corriere della Sera - Estratti

 

 

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La storia di Larissa Iapichino è una storia bellissima. Un talento naturale, figlia di un astista e di una lunghista; allenata dal padre, seguita con amore dalla madre.

 

Il suo quarto posto non è una delle medaglie di legno che ci fanno un po’ arrabbiare; è un ottimo esordio olimpico, preludio di risultati ancora migliori quando a Los Angeles 2028 Larissa avrà ventisei anni, sarà cioè al tempo della piena maturità atletica.

 

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Il babbo è Gianni Iapichino, con cui Larissa è andata a vivere dopo la separazione dei genitori (da un anno e mezzo ha messo su casa per suo conto), e che la segue passo a passo; la sua nuova compagna Silvia Saliti le fa da manager, non a caso Larissa ha ringraziato per il sostegno la sua famiglia allargata, compresa la sorella più piccola, Anastasia, cui è legatissima, e il compagno belga della madre.

 

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La madre è Fiona May. Due ori mondiali, due argenti olimpici. Il record italiano del salto in lungo è tuttora suo: 7 metri e 11 centimetri, 24 in più della misura realizzata ieri dalla figlia. Parlando con la May, ti rendi conto che dietro una bella storia ci sono anche riflessioni amare: «L’Italia è andata indietro di vent’anni — dice la campionessa —. Vent’anni fa non c’era tutto questo razzismo.

 

O forse semplicemente non c’erano i social. I social su cui qualcuno scrive che Larissa non è italiana. Ma come si può?». Larissa ovviamente è italianissima, è nata a Borgo San Lorenzo, si sente profondamente fiorentina, all’università di Firenze studia giurisprudenza, tifa per la Viola, il suo luogo del cuore è piazza della Signoria, tra la Giuditta di Donatello che taglia la testa al condottiero nemico Oloferne e il David di Michelangelo, il pastore che uccide il gigante. Ma non prendiamoci in giro, dice Fiona May: «Il problema è il colore della pelle. Che non dovrebbe appunto essere un problema.

larissa iapichino fiona may gianni iapichino

 

A maggior ragione nello sport.

La Nazionale di calcio francese è composta quasi esclusivamente da neri: gli allenatori vanno a cercarli per strada, li includono, li coinvolgono. Lo stesso accade in Inghilterra. Il centravanti della nazionale belga è da dieci anni Romelo Lukaku. Perché in Italia non ci sono neri in Nazionale?».

 

Sta dicendo che siamo un Paese razzista? «Sto dicendo che l’Italia sta andando indietro anziché andare avanti. Che c’è qualcosa, nel subconscio del Paese… Non mi piace neppure quando i telecronisti dicono: Larissa ha un papà italiano, la mamma invece… Io ho gareggiato con la maglia azzurra per tutta la vita».

 

Com’era Larissa da piccola?

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La May sorride: «Una bambina come tutte le altre. Tranquilla, divertente, a volte un po’ rompiscatole». Tutti vi ricordiamo, madre e figlia, in una fortunata pubblicità tv. «Da bambina faceva ginnastica artistica. Un giorno però Jury Chechi, che è un amico di famiglia, ci disse: questa bambina è troppo alta per fare ginnastica…». Jury Chechi è un metro e 63, Larissa Iapichino un metro e 71. Così, prosegue la madre, «lei ci chiese: se provassi con l’atletica? E io: per carità, poi faranno i confronti. Invece atletica è stata».

 

La folgorazione fu a tredici anni, al meeting di Montecarlo: lo stadio, le luci, il boato della folla. «Stempero la tensione dormendo. Anche l’ansia non è mai esagerata: giusto quella che serve ad andare bene» ha raccontato a Sportweek. Ieri prima della gara ha fatto stretching con la musica nelle orecchie. Le altre sono entrate nello stadio accennando passi di danza, gridando, improvvisando pantomime appena più tranquille di quelle che hanno valso un richiamo ufficiale a Lyles. Lei si è limitata a un sorrisetto e a un saluto con il braccio.

 

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Il pubblico l’ha sempre sostenuta accompagnando i suoi salti con i battimani; ma la gara è stata ritmata piuttosto dal dialogo con il padre, un vulcano di energia, calvo, barbuto, orecchini, un continuo confronto tecnico e motivazionale con la sua atleta. Agli Europei era stato argento con 6.94. Ieri sera la Iapichino ha subito bissato il salto da 6.87 con cui si era qualificata, e non è riuscita ad andare oltre; all’evidenza è la misura che ha nelle gambe in questo momento.

 

C’è comunque stata una maglia azzurra in una serata di atletica meravigliosa, con un africano del Botswana che sui 200 si lascia dietro gli americani, il duello tra Pakistan e India nel giavellotto, il record del mondo dei 400 a ostacoli donne. Non è poco, anzi è moltissimo.

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