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TIP TAPIE - L’EQUIPE RACCONTA IL LATO OSCURO DELL’EX "BOSS" DEL MARSIGLIA. COL CLUB FRANCESE LA CHAMPIONS E LA CONDANNA PER CORRUZIONE CHE PORTÒ IL CLUB IN B. E POI LE ACCUSE DI DOPING, I SUCCHI D’ARANCIA ADULTERATI CHE FECERO ADDORMENTARE ALL’INTERVALLO I GIOCATORI DEL RENNES, L’INTERMINABILE BATTAGLIA GIUDIZIARIA CON CRÉDIT LYONNAIS SULLA RIVENDITA DI ADIDAS, LE ACCUSE DI TRUFFA E APPROPRIAZIONE INDEBITA DI FONDI PUBBLICI. LE PAROLE DI GLASSMANN, IL CALCIATORE DEL VALENCIENNES CHE SEGNÒ LA FINE DI TAPIE DENUNCIANDONE LA… - VIDEO

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Da ilnapolista.it

 

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La morte di Bernard Tapie è ovviamente la prima notizia sui giornali francesi. Il quotidiano sportivo L’Equipe nell’edizione on line gli dedica la copertina col titolo: «Una vita in chiaroscuro».

 

Ha vissuto una vita come nessun’altra. (…) Questa vita era la storia di un uomo che voleva diventare re. Nessuno ha dimenticato la data dell’incoronazione e la data della sua caduta è stata quasi la stessa: il maggio 1993. (…) Era la principale figura mediatica della Francia, all’altezza di una vita romanzesca attraversata al galoppo come un ussaro, così ha trovato tutto quel che cercava: la luce e la fortuna, il potere e i guai.

 

 

L’Equipe, in un articolo straordinario a firma Vincent Duluc, scrive che non si sa fino a che punto quei tempi avessero modellato o lui avesse contribuito a rendere così affascinante la sua epoca.

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Aveva una corte, i modi di un monarca, ma era sempre lui che lusingava, lui che prometteva.

 

L’Equipe ricorda il suo passato nel ciclismo, con La Vie Clair vinse il Tour nel 1985 con Hinault e nell’86 con LeMond. E come il calcio allora fosse un ambiente arcaico refrattario alla cultura aziendale.

 

Ma Tapie era un’altra cosa, non era un imprenditore, la sua cifra era di natura diversa, a volte velenosa, la Francia mormorava sulla catena dei suoi acquisti aziendali, lo smantellamento e le vendite che gli attiravano l’accusa di essere un giocatore di domino. Non aveva costruito altro che la propria ricchezza.

 

Nella costruzione del Marsiglia fu scortato da Hidalgo che però, ricorda il giornale, non ebbe mai un vero e proprio incarico, un ruolo ufficiale.

 

JEAN MARIE LE PEN VS BERNARD TAPIE

L’Equipe ricorda le ombre. Le accuse di doping, i succhi d’arancia adulterati che fecero addormentare all’intervallo i giocatori del Rennes, l’allora allenatore del Monaco Arsène Wenger che confidò di aver avuto la sensazione di aver giocato alcune partite contro il Marsiglia come se fossero nove contro tredici.

 

Il caso che portò al suo declino calcistico fu Valenciennes-Marsiglia del 20 maggio 93. Tre giorni prima della finale di Champions vinta contro il Milan. In quei quattro giorni c’è il punto più alto e il più basso della vita di Tapie.

 

Le accuse di un giocatore del Valenciennes: Jacques Glassmann che nel 95 ricevette il premio Fair Play dalla Fifa per la sua onestà. Ancora oggi, ricorda il calciatore, incontra per strada qualcuno che lo insulta. Scrive L’Equipe:

 

Alla fine sarebbe emerso tutto, anche i contanti dal terreno di un giardino. È stato questo caso che ha provocato la sua rovina. Il Marsiglia finì in Serie B e fu costretto a cedere i giocatori migliori. Lui fu allontanato dal club, finì in prigione per “corruzione e subornazione di testimoni”, poi condannato per “falso e violazione della fiducia e proprietà del club”. Fu condannato a due anni di carcere. Poi, ci fu l’interminabile battaglia giudiziaria con Crédit Lyonnais sulla rivendita di Adidas, i 404 milioni, le accuse di truffa e appropriazione indebita di fondi pubblici.

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Quando nel 2000, spinto dalla nostalgia e dall’immobilismo, voleva tornare al Marsiglia, era già troppo tardi. Era lui a essere diventato l’uomo di un altro tempo. Sii era inserito nell’intervallo esatto tra il paternalismo e l’avvento degli imprenditori, ma ora incarnava una terza via che lo avrebbe lasciato ai margini.

 

Fondamentalmente – scrive L’Equipe – le sue vittorie furono belle e gloriose, ma brevi, come se avesse scelto una vita sulle montagne russe per essere sicuro di salire molto in alto e non annoiarsi mai anche durante la discesa. Era diventato attore, ufficialmente questa volta, Lelouch e TF1, teatro e commissario Valence, veniva chiamato per dibattiti sul calcio o sulla politica. (…) È rimasto l’uomo di un’epoca, fino alla fine circondato dal ricordo della sua leggenda, e, al crepuscolo, da un moto di affetto popolare che equivaleva a un perdono.

 

 

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GLASSMANN IL CALCIATORE CHE SEGNÒ LA FINE DI TAPIE, NE DENUNCIÒ IL TENTATIVO DI CORRUZIONE

Da ilnapolista.it

 

In Italia il nome di Jacques Glassmann non dice granché. Una modesta carriera di calciatore: in tutto 34 presenze in Ligue1, il grosso nella Serie B francese tra Mulhouse, Tours, Valenciennes. È qui, nell’unica stagione in Ligue1 del Valenciennes che diventa uno dei giocatori più famosi del calcio francese. Perché fu a lui – e a Burruchaga – che si rivolse il Marsiglia di Tapie per accomodare la partita contro il Marsiglia d’oro che era in lotta col Psg per la conquista del campionato.

 

Mancavano tre giornate alla fine del campionato. La partita era in programma il 20 maggio. Il 23 si sarebbe disputata la finale di Champions contro il Milan. In quei quattro giorni, come ha scritto L’Equipe, Tapie visse il momento più alto e il momento più basso della propria storia calcistica e non solo. Finì condannato, il Marsiglia in Serie B e dovette vendere i calciatori migliori. Fu la fine del ciclo d’oro.

 

In Francia è famoso come il caso VA-OM.

 

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Glassmann oggi ha 59 anni. Di interviste ne ha rifiutate tantissime. Nel 1995 la Fifa gli consegnò il Premio Fair Play per la sua onestà.

 

 

 

Da quando ho denunciato il tentativo di corruzione di Bernard Tapie, c’è sempre un truffatore che mi insulta, per strada, al cinema. Qualche settimana fa, qui a Valenciennes, un ragazzo mi ha minacciato. Ma la situazione progressivamente migliora. Tuttavia, preferisco non giocare partite senior nel Sud.

 

Glassmann fu il testimone decisivo. Raccontò la sua versione alla magistratura.

 

Il 19 maggio 1993 il suo compagno di squadra Christophe Robert lo avvicinò: “Il Marsiglia deve assolutamente vincere. Hanno scelto noi tre, con Burruchaga, per un accordo”.

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Glassmann rifiutò. Venne contattato telefonicamente da Bernès il direttore del Marsiglia (l’Olympique Marseille) che gli disse: “Preferisci perdere con i soldi in tasca o perdere con zero franchi? Non avete nessuna chance”.

 

Il difensore rivela tutto la sera stessa della partita. Burruchaga confermò le sue accuse. Una busta contenente 250.000 franchi francesi venne scoperta nel giardino della zia del giocatore Christophe Robert.

 

Glassmann ha conosciuto anche sette mesi di galera. Ha scritto un libro su quella vicenda. Oggi, con l’Unione calciatori professionisti, si occupa dei giocatori che si ritirano, li aiuta a entrare nella vita “normale”.

 

 

 

Un anno e mezzo fa, ha concesso un’intervista a “L’Alsace” dopo averne rifiutate tantissime ed essere rimasto in silenzio per tanto tempo.

 

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“Qualche tempo fa mi hanno contattato anche quelli di Netflix, non so cosa volevano. Sin dalla prima udienza ho detto tutta la verità. Non ho mai cambiato una parola. E l’indagine mi ha dato ragione. È da molto tempo che non c’è più nulla da dire dell’argomento e che tutte le persone coinvolte in questa vicenda hanno imparato a vivere con la loro coscienza”.

 

Dice di rifiutare l’etichetta di persona onesta.

 

«Non sono un eroe e non sono più “bravo ragazzo” di altri. Non ho cambiato il mondo, ho solo fatto qualcosa che in linea con i valori».

 

È cresciuto nella fede cattolica di una modesta famiglia alsaziana che si stabilì a Bourtzwiller.

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«Ho sofferto più per l’infortunio al ginocchio quando ero al Racing Strasbourg: schiacciamento del nervo sciatico e paralisi della parte inferiore della gamba. Ero sicuro che la mia carriera fosse finita. L’allenatore non mi schierava più, nemmeno dopo il recupero, e chiesi di lasciare il Mulhouse senza compenso».

 

Dell’ormai celebre caso di corruzione dice:

 

«Avrei dovuto tradire i miei compagni di squadra che non sapevano nulla, i fan del Valenciennes che vivevano per noi, i miei principi. Seriamente, perché avrei dovuto farlo?»

 

Agli insulti e agli striscioni contro, preferisce conservare le migliaia di lettere di sostegno che ha ricevuto e apprezzato.

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