“CHIARA, TI RICORDI QUANDO HAI AMMESSO A FEDEZ CHE TI SEI SCOPATA ACHILLE LAURO?” - IL “PUPARO” DEL…
Roberto Perrone per il “Corriere della Sera”
Augh. L’Apache è un uomo di parola e un punto di riferimento per la tribù. Nella notte della vittoria non circense contro il Monaco (dove, paradossalmente, questo tipo di spettacolo è molto amato) ha lasciato il rigore ad Arturo Vidal, a secco in Champions dal novembre 2013. Carlitos ha segnato sei gol in nove partite europee, quest’anno, quanto nelle precedenti 33. Tevez sta facendo quanto è in suo potere per far transitare la Juventus dall’idea del triplete alla sua realizzazione.
Le ragioni di questo grande impegno che non si vede solo dai gol, risiedono nella sua professionalità, nella passione per il calcio ma, soprattutto, dalla volontà di chiudere in bellezza. Sì, perché Carlos Tevez, l’Apache ha parlato senza lingua biforcuta e per tempo con i dirigenti bianconeri, chiedendo di essere liberato alla fine dell’anno sociale 2014-2015 e non nel 2016, come ci si aspettava. Tevez sta bene a Torino. La città è avvolgente, riservata, in ogni epoca giocatori e famiglie, a parte la moglie di Zidane che voleva il mare (infatti vivono a Madrid), si sono sempre trovati bene. Torino non è invadente. Tevez apprezza, certo, ma è un family man tutto casa e lavoro, in fondo si troverebbe bene ovunque.
Alla Juventus, poi, si è integrato senza problemi e il suo rendimento è stato straordinario. Tutti contenti e allora? E allora, come ha rivelato a più riprese, l’Apache ha nostalgia di casa, di Buenos Aires, degli amici, della Bombonera e del Boca Juniors dove è cresciuto e dove vorrebbe chiudere, non da vecchietto, ma continuando a essere protagonista.
Ha lasciato Buenos Aires poco più che ventenne, nel dicembre 2004. Prima tappa il Brasile, San Paolo, con il Corinthians (2005-2006). Poi da questa parte dell’Atlantico: Londra con il West Ham (2006-2007), Manchester con lo United prima (2007-2009), quindi con il City (2009-2013). Infine il salto alla Juventus, determinante con Conte e con Allegri. Movimenti diversi in campo, stessa potenza.
Dopo 11 anni lontano dalla sua città, dal suo Paese, Carlitos vuole ritornare a Buenos Aires. Ha nostalgia e non è cominciata certo ora. Ce l’ha da un po’. Tevez ha chiesto al club di lasciarlo libero e, considerati i rapporti più che corretti sempre avuti con la Juve, ha avuto il via libera. La società gli ha chiesto solo di sostenere fino all’ultimo la squadra e di spingerla verso il raggiungimento del maggior numero di traguardi, cosa che Carlitos sta facendo, con aumentata determinazione.
C’è qualcosa che possa farlo recedere? Paradossalmente potrebbe essere quello per cui si sta impegnando per chiudere in bellezza. Il triplete o comunque non solo il campionato, ma un raddoppio, la Coppa Italia o «altro». Le vittorie, nello sport, aiutano a vincere e vincere aumenta la voglia di vincere. Difficile che un Apache cambi idea, ma alla Juventus hanno una piccola speranza di trattenere quello che è entrato nel circolo dei grandi numeri 10 bianconeri.
Però bisogna guardare avanti e per sostituirlo è stato individuato Paulo Dybala, 21 anni, attaccante del Palermo, 13 reti in questo campionato, per caratteristiche (velocità, duttilità, senso del gol), vicino a Tevez e argentino come lui. Veramente, per via degli antenati, ha anche i passaporti d’Italia e di Polonia, ma ha scelto la nazionale albiceleste. Madama cambia, passando da un campione certificato a un giovane rampante, sicura che, tra i veterani bianconeri, possa annullare la nostalgia per il nostalgico Tevez.
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